Le scelte di Hamas, e quelle di Israele

Il terrorismo jihadista di Hamas non giova alla causa del popolo palestinese. Certo, l’attacco senza precedenti a Israele non viene dal nulla, ma la storia non è fatta di catene di automatiche azioni e reazioni. Così come l’attacco di Hamas è stata una precisa scelta, tale è anche la risposta di Israele. E sta solo a Israele evitare un genocidio.

Cinzia Sciuto

Questa non è resistenza. L’attacco ai civili non è resistenza. Il rapimento indiscriminato di persone inermi (tra cui anche attivisti per la causa palestinese) non è resistenza. La minaccia di uccidere un ostaggio per ogni bombardamento israeliano non è resistenza. Il terrorismo jihadista di Hamas, che usa metodi non lontani da quelli dell’Isis e che è sostenuto in maniera esplicita dall’Iran (quello stesso regime iraniano che ha ucciso Mahsa Jina Amini e che tiene prigioniere decine di donne e uomini che si ribellano, inclusa la neo Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi), non giova certamente alla causa del popolo palestinese, che da quello che questo attacco ha innescato ha tutto da perdere, come l’assedio a Gaza già mostra in queste ore.
Con questa scelta Hamas è riuscita a raggiungere due, terrificanti, risultati in un colpo solo: indebolire il fronte di solidarietà alla causa palestinese e offrire a Netanyahu su un piatto d’argento l’occasione di ricompattare il Paese. La società israeliana è tutt’altro che monolitica, e negli scorsi mesi abbiamo assistito a mobilitazioni senza precedenti contro la deriva liberticida, autoritaria e fascistoide del governo Netanyahu. La riforma della giustizia era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, e che aveva anche spinto molti giovani ad abbandonare il Paese. Giovani che oggi saranno con ogni probabilità richiamati come riservisti.

Anche oggi sono per fortuna tante le voci israeliane che, mantenendo la lucidità, non dimenticano. Non dimenticano l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, non dimenticano le colonie, non dimenticano l’apartheid in cui i palestinesi vivono ormai da decenni. La speranza è che queste voci non rimangano inascoltate, e che anzi si moltiplichino. Il rischio è però che – nonostante la débâcle dei sistemi di intelligence e di sicurezza israeliani – si rafforzi il sostegno al governo di estrema destra di Netanyahu, che ha bisogno di Hamas come Hamas ha bisogno di lui. Dobbiamo riconoscerlo: su entrambi i fronti le forze laiche e democratiche – che pure esistono – sono state completamente soppiantate da quelle autoritarie, che fanno entrambe strumentalmente perno sui rispettivi fondamentalismi religiosi e che si autoalimentano a vicenda.
Naturalmente l’attacco di Hamas non viene dal nulla, ma la storia non è fatta di catene di automatiche azioni e reazioni. Non è vero, mai, che non c’è scelta. Così come l’attacco di Hamas è stata una precisa scelta, tale è anche la risposta di Israele. L’assedio a Gaza – uno dei luoghi più disgraziati della terra – è una scelta che prelude a un esito tragico. In quella striscia di terra sono stipati due milioni di palestinesi, che oggi non hanno nessuna via di fuga. Se Israele deciderà di sferrare un attacco via terra sarà un genocidio. E sta solo a Israele evitarlo.

FOTO EPA/HAITHAM IMAD



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