Lucio Caracciolo: “La guerra non è mai stata un’opzione realistica”

Il direttore di Limes analizza lo scenario ucraino e sottolinea il ruolo americano nella destabilizzazione del Paese.

Cinzia Sciuto

Qualche giorno fa fonti americane davano per imminente l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia: quanto è realistico uno scenario di vera guerra?
Non era molto credibile prima, non lo è a maggior ragione oggi perché si è aperto un canale negoziale molto concreto che non risolverà nessun problema di fondo ma che quantomeno evita la prospettiva di una guerra e incanala la questione ucraina su dei binari che comunque a oggi mi sembrano vantaggiosi per la Russia. È di poche ore fa, infatti, la dichiarazione del presidente ucraino Zelens’kyj che ha detto che l’ingresso del suo Paese nella Nato potrebbe rivelarsi un sogno. Una frase abbastanza significativa, arrivata a poche ore da quella ancora più significativa del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha detto che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato non è all’ordine del giorno. In altre parole, un accordo a mio avviso potrebbe basarsi sul fatto che da un lato l’Ucraina e gli Usa continuano a sostenere che in linea di principio in futuro l’Ucraina potrà entrare nella Nato, ma che di fatto non se ne parla. E direi che la sostanza è che in questa partita per ora, e sottolineo per ora, hanno vinto i russi ottenendo il minimo sindacale, ossia tenere l’Ucraina sotto una pressione destabilizzante al punto da rendere evidente che non potrà entrare nella Nato almeno nel breve termine.

Facciamo un passo indietro: come siamo arrivati a questo punto?
Credo che occorra risalire innanzitutto al fatto che quando è andato al potere, Putin pensava che la Russia potesse un giorno entrare nella Nato. Putin, infatti, anche per la sua biografia pietroburghese, appartiene a quella parte rilevante della classe dirigente russa che si sente fondamentalmente legata all’Europa e all’Occidente e che pensa alla Russia come terza gamba dell’Occidente insieme all’Europa e agli Stati Uniti. Questi sono i tipici sogni di grandezza russi. Dopodiché, visto che gli americani non ci pensano proprio ad accordare un simile status alla Russia, che anzi vedono sempre come un avversario, se non un nemico vero e proprio, a partire dal 2007-2008 Putin ha cominciato a cambiare registro e a considerare come delle minacce gli allargamenti della Nato, che nel frattempo l’America aveva voluto per portare a casa la vittoria della Guerra Fredda spostando sempre più a est la linea di divisione tra lo spazio russo e lo spazio atlantico. A quel punto è cominciata una guerra di attrito. Per la Russia avere addirittura l’Ucraina dentro la Nato sarebbe assolutamente intollerabile, significherebbe avere gli americani dentro casa. Questa situazione ha condotto poi a questa recente pressione propagandistico-diplomatica, e anche militare, pretendendo dagli americani anche cose ovviamente improponibili, come un trattato che escludesse l’allargamento della Nato, ma che servivano comunque per costringere gli americani a prenderli sul serio e ad aprire un canale di negoziato.

Quanto è stata lungimirante da parte occidentale, e americana in particolare, questa politica di aperta ostilità nei confronti della Russia?
Non ha nulla di lungimirante tanto è vero che dopo la sconfitta che la Russia ha subìto nel 2014 a Kiev, la prima cosa che ha fatto è correre a Pechino. Per cui uno degli effetti paradossali della vittoria americana del 2014 è stata quella di legare per motivi di stretto interesse la Cina e la Russia contro sé stessa. Ma questo è un classico del modo di muoversi degli Stati Uniti che ritengono di avere un tale margine di superiorità da potersi permettere anche questo tipo di lussi. A mio avviso poteva forse essere vero in passato, ma adesso l’America attraversa una crisi di identità direi strutturale, il che riduce molto i margini di errore che si può permettere.

In questo scenario, come giudica l’atteggiamento di Biden?
Prima di tutto non so fino a che punto Biden abbia il controllo della situazione, ma ammettendo ce l’abbia, direi che ha avuto un atteggiamento piuttosto contraddittorio. Non è chiaro, o almeno non lo è a me, che cosa vogliano davvero gli americani. Mi chiedo per esempio perché abbiano contribuito a destabilizzare l’Ucraina esasperando la minaccia russa, cioè prendendola sul serio e immaginando che i russi stessero davvero per scatenare la terza guerra mondiale quando non ci voleva proprio un fine analista per capire che non era certo questo l’obiettivo di Putin. Per cui i casi sono due: o non ci capiscono niente oppure sono talmente astuti che non fanno capire niente agli altri. Io propendo per la prima ipotesi.

E come giudica invece il modo in cui si sta muovendo l’Europa, o meglio i diversi leader europei?
Questa vicenda mostra che quando si va all’essenziale ognuno fa la sua parte. I francesi riscoprono, o meglio ripetono, il loro riflesso grandioso e si immaginano come un terzo polo capace di dialogare allo stesso livello con i russi e con gli americani, ciò che ovviamente non corrisponde a realtà, e la lunghezza del tavolo di Putin non è solamente dovuta al mancato test Covid. La Germania dal canto suo balbetta. Non dobbiamo mai dimenticare che dal 1945 in avanti la Germania è stata sottoposta a una sorta di lavaggio del cervello da parte degli Alleati, in particolare da parte americana, perché i tedeschi la smettessero di pensare in termini strategici. Operazione perfettamente riuscita tanto è vero che oggi i tedeschi sono capaci di ragionare solo in termini economico-finanziari e quindi il loro obiettivo era quello di salvare il Nord Stream 2, la questione energetica e la stabilità economica e monetaria. Hanno giocato su questo e lo hanno fatto con un profilo forse un po’ più basso di quello che avrebbe avuto Merkel, anche perché gli americani non  avrebbero permesso loro di fare altrimenti. E infine noi italiani siamo stati lì a impartire buoni consigli. Un aspetto interessante è che abbiamo fatto, come già in precedenza, un po’ di battaglia sulle sanzioni americane perché queste sarebbero in buona parte di fatto dirette anche contro gli europei quindi contro di noi, sia in relazione alle forniture di gas sia al sistema di trasferimenti bancari Swift. Delle vere e proprie bombe atomiche. Insomma la nostra posizione è stata di tipo classicamente economicistico.

In tutta questa discussione si parla molto di Russia e di Stati Uniti, ma l’Ucraina e gli ucraini che ruolo svolgono?
Gli ucraini sono le prime vittime di queste esercitazioni russo-americane-europee. Quando il presidente americano, di fronte a quella che lui dipinge come una minaccia di concreta invasione russa dell’Ucraina, dice che reagirà con delle sanzioni e ritira il suo personale diplomatico da Kiev, io se fossi ucraino mi sentirei leggermente irritato. E infatti gli ucraini hanno protestato, lo stesso Zelens’kyj ha protestato con gli americani dicendo di fatto “ci state distruggendo”. C’è stata infatti una notevole fuga di capitali, e di capitalisti, dall’Ucraina. L’Ucraina in questo momento è il grande perdente, anche se di Ucraine sul terreno ce ne sono molte. Dal punto di vista di Kiev, ce n’è una, la Crimea, che è stata presa dalla Russia, ce n’è un’altra, il Donbass, che non se l’è presa direttamente la Russia ma che è sotto il controllo indiretto russo. E non dovremmo mai dimenticare che ci sono dei legami talmente intimi tra lo Stato ucraino e quello russo, tra l’identità culturale e storica dell’Ucraina e della Russia, che non è possibile immaginare una dissoluzione di ogni vincolo tra Ucraina e Russia. Basti pensare che almeno un russo su tre ha parenti ucraini. Anche questo spiega perché difficilmente Putin intendesse davvero invadere l’Ucraina. Uno scenario di questo genere avrebbe provocato notevoli reazioni contro di lui nella stessa Russia. D’altro canto, lui stesso ha detto che russi, ucraini e bielorussi sono lo stesso popolo. Sarebbe stata dunque una guerra civile.

Credit foto: © Russian Defence Ministry/ZUMA Press Wire Service



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