Il compagno A, il compagno X e il riflesso pavloviano antiamericano

I valori di giustizia-e-libertà portano ad un’unica conclusione: gli ucraini vanno aiutati, con le armi e le sanzioni contro l’invasore. Che questa sia anche la posizione degli establishment contro cui ci siamo tante volte battuti non è una buona ragione per abbandonare un popolo che resiste.

Paolo Flores d'Arcais

Sulla politica sociale, sulla politica economica, sui diritti dei lavoratori, sulla politica della giustizia, sulla politica dell’informazione, sulla politica fiscale, sui diritti civili, sulla politica ecologica e su molti altri aspetti della vicenda politica, il compagno A si trova in opposizione e conflitto con i politici B, C, D e gli editorialisti/conduttori di talkshow/opinion maker E,F,G, poiché A parte dai valori propri della sinistra, libertà>eguaglianza>fratellanza, in Italia declinati in Giustizia e Libertà (da cui nacque il Partito d’Azione, che ebbe un ruolo fondamentale nella Resistenza e che, malgrado i pochi deputati alla Costituente, ha lasciato il suo DNA nella nostra Carta fondamentale), mentre B,C…, moderati, conservatori, liberisti, reazionari, quei valori amano poco o nulla, per non parlare dei neo-ex-post-filo-proto fascisti, sempre più spesso ormai camuffati da “sovranisti”, che quei valori detestano e che la Costituzione repubblicana hanno in massimo dispetto.

A partire dai suoi valori di sinistra, il compagno A trova ovvio che si debbano fornire tutti gli aiuti possibili ad alcune decine di milioni di cittadini democratici il cui paese è stato aggredito dalla straripante potenza militare di un despota e che hanno deciso di non arrendersi, di difendersi, di resistere.

Avvien che anche B, C … G …, partendo da valori (almeno in larga parte) diversi, e per interessi che A non condivide e magari detesta, arrivino sul piano operativo ad analoghe conseguenze: bisogna inviare armi a quelle decine di milioni di cittadini democratici che resistono. Analoghe, perché in realtà le misure che appoggiano o, al governo, prendono, vengono considerate dal compagno A talvolta insufficienti e talvolta tardive.

Il compagno A naturalmente prova non poco disagio a trovarsi accomunato ai signor B, C … G …, con i quali si è fieramente scontrato perché hanno combattuto i magistrati di Mani pulite, continuano a lottizzare la Rai, convivono con le mafie, di conflitti d’interesse non parlano nemmeno più, se ne strafregano di tre o quattro omicidi di lavoratori al giorno… Si accorge di una prepotente tentazione di trovare giustificazioni che una volta di più lo spingano al disaccordo col governo e i suoi B, C … G …, si aggrappa ai tanti chiaroscuri che esistono in ogni circostanza della vita.

Ma alla fine non riesce a rinunciare alla logica, e a occultarsi i fatti. E i valori di giustizia-e-libertà, combinati con i fatti accertabili secondo la logica portano ad un’unica conclusione: quei milioni di cittadini democratici vanno aiutati inviando loro armi e sanzionando economicamente nel modo più intenso ed efficace il despota invasore.

I compagni Z, Y, X… invece non ce la fanno proprio a condividere le scelte pratiche di B, C… G …, le cui sciagurate politiche in campo sociale, giudiziario, dell’informazione, fiscale, ecologico (e molto altro), hanno combattuto per decenni e combattono tuttavia. Sono fermissimi nel dire che c’è un aggressore e degli aggrediti, che l’aggressore è un criminale e come tale dovrà essere punito, ma poi concludono che a quei milioni di cittadini democratici non bisogna mandare neppure un vecchio fucile.

Perché? Perché con più armi potrebbero resistere più a lungo, e dunque tra quegli stessi cittadini ci sarebbero più morti. Una inutile strage.

Che più armi portino a maggiore resistenza e dunque a più morti è alquanto lapalissiano, esattamente come il suo reciproco: meno armi significano meno resistenza e dunque meno morti. Ma se il problema è avere il minor numero possibile di morti, allora logica impone che si chieda a quei milioni di cittadini che resistono di arrendersi, e anzi di averlo chiesto fin dal primo momento dell’invasione.

Eppure, questo invito i compagni Z, Y, X non riescono a formularlo ora e meno che mai sono riusciti a formularlo nel momento in cui il primo tank di Putin, con la sua lugubre Z dipinta in bianco a caratteri cubitali, ha varcato il confine ucraino. La parte di visceri e neuroni che ancora agisce in loro secondo coerenza con giustizia-e-libertà si rifiuta, come si è rifiutata di invitare i repubblicani spagnoli ad arrendersi quando la vittoria del caudillo fascista Francisco Franco era ormai più che certa, o si è rifiutata di considerare un propiziatore di morti inutili Duccio Galimberti, quando da Cuneo è andato in  Langa con quattro compagni  e ancora meno armi per Resistere alla straripante potenza di fuoco del camerata Kesserling, o si è rifiutata di chiedere a Salvador Allende di fuggire in Occidente invitando i cileni alla resa di fronte al golpe dall’esito sicuro del generale Pinochet, anziché morire con un mitra in mano, o si è rifiutata… e ancora e ancora.

Ma ora c’è la bomba atomica, si giustifica qualcuno, e di fronte ad essa viene meno anche ogni valore di giustizia-e-libertà. Nemmeno qui, però, riescono a pronunciare le ineludibili conseguenze logiche che ne derivano. Perché se di fronte alla minaccia di un despota che possiede l’arma atomica e potrebbe usarla ogni altro valore perde alla fin fine valore, e sarà la sua minaccia a governare domani l’Ucraina, non si vede perché non dovrebbe essere la sua minaccia a governare dopodomani la Moldova e la Lettonia, e dopodoman l’altro la Polonia, e dopod…

Qualche giorno fa, rifiutando l’ennesimo angosciato e disperato appello di Zelensky al Congresso americano di mandare all’Ucraina democratica aerei per difendersi, visto il rifiuto di imporre internazionalmente una no-fly zone, alla resistenza ucraina sono state mandate almeno armi più moderne ed efficaci di quelle inviate nelle prime tre settimane. Fossero state mandate dal primo giorno, Mariupol non sarebbe oggi rasa al suolo per il 90% con ventimila vittime almeno, in gran parte civili (e non parliamo di quante donne in meno sarebbero state violentate e quanti migliaia di ucraini in meno sarebbero stati deportati verso sperdute località della Russia).

Nel 1967 siamo scesi in strada, a via Veneto a Roma, di fronte all’ambasciata americana, gridando “Johnson boia!” durante la visita del suo vice Humphrey, e da allora (ma anche in precedenza) in ennesime occasioni contro politiche criminali delle amministrazioni Usa. Ma se oggi mandano armi a un popolo oppresso che resiste a un mostruoso potere oppressore, per quale patologico riflesso condizionato dovremmo di nuovo opporci anziché appoggiare un atto che risulta giusto a partire dai nostri stessi valori di giustizia-e-libertà?

P.S. Spero proprio che i compagni Z, Y, X… accetteranno di discuterne direttamente e apertamente in una prossima diretta streaming di MicroMega, auspicando che Putin non sia già riuscito a fare dell’Ucraina un deserto e chiamarlo pace.

Foto: Kiev dopo il bombardamento, 21 marzo 2022. Credit Image: © Daniel Ceng Shou-Yi/ZUMA Press Wire

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