Guerra in Ucraina, se Vladimir Putin sfida la razionalità

In ogni spiegazione scientifica di eventi come le guerre si parte da un presupposto: che gli uomini siano razionali. Salvo sbagliarsi, ovviamente.

Mauro Barberis

Quando le cose succedono, anche altamente improbabili come l’invasione russa dell’Ucraina, subito arriva qualcuno, l’esperto, che inesorabilmente le spiega, dicendoci come e perché non poteva andare altrimenti. Nel caso delle relazioni internazionali, degli studi strategici, della geopolitica – tutte rispettabilissime discipline chiamate a spiegare scientificamente eventi come le guerre, e magari persino a prevederli ed evitarli – si parte dall’ipotesi che gli uomini siano razionali, che cioè agiscano per fini corrispondenti ai loro interessi, almeno a breve termine: salvo sbagliarsi, ovviamente.

Ma il caso dell’invasione dell’Ucraina mi pare sfidi qualsiasi ipotesi di razionalità. Nonostante le migliaia di analisi internazionali, da parte dei migliori specialisti, che occupano quasi militarmente l’informazione, almeno in Occidente, non ci volevamo credere prima e non riusciamo a crederci neppure adesso. Ricordate l’incredulità che circondava l’invasione nei giorni immediatamente precedenti? Nonostante le centinaia di migliaia di soldati russi schierati alle frontiere, le immagini aeree dei movimenti di carri armati, tutte le informazioni dei servizi di intelligence, i media traboccavano di scetticismo e ironia.

Una guerra in Europa, oggi? Contro-informazione, forse per evitare che l’invasione avvenisse. Come se non avessimo avuto la guerra nell’ex Jugoslavia, trent’anni fa, a pochi chilometri da Trieste. Come se le guerre di Putin non fossero cominciate nel secolo scorso, in Cecenia, e poi proseguite in Georgia e Crimea. Ancora la gelida cerimonia televisiva con cui Vladimir Putin annetteva le repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, e affermava che “Ucraina” è solo un’espressione geografica, come nell’Ottocento, pareva surreale, girata prima e altrove.

Annettere l’Ucraina, Stato sovrano, “denazificarla” addirittura? Diviene ancor più assurdo oggi, se possibile, dinanzi alle immagini dei bombardamenti, della gente nei rifugi. Ammettiamo pure che Putin si sia sbagliato, che pensasse di occupare il paese in due giorni, deponendo l’ex-attore Volodymir Zelensky, trasformatosi in leader alla prova del fuoco. Ma al dodicesimo giorno di guerra, dinanzi a un popolo martoriato, è ancora tecnicamente possibile l’annessione, o anche solo l’instaurazione di un regime-fantoccio? L’unica spiegazione, qui, diviene psichiatrica: la pazzia di Putin, fatta precipitare dal distanziamento Covid.

Chi scrive non è un esperto, ma almeno non ha mai creduto alla razionalità della storia. Al massimo, può indicare una direzione in cui guardare, non per spiegare l’inspiegabile ma per capire cosa può ancora avvenire. Credo che in tutto questo c’entri la globalizzazione, percepita a Mosca, da sempre, come occidentalizzazione. Putin e il suo cerchio magico stanno reagendo, con le uniche armi che gli sono rimaste, contro la globalizzazione della Russia, di cui la democratizzazione dell’Ucraina, i social media, oggi sospesi, con i loro modelli di vita occidentali, costituivano un veicolo sin troppo attraente, specie per i giovani.

Qui diviene determinante l’atteggiamento della Cina, perché gli scenari diventano almeno due. O la Cina di Xi segue la via russa, e la globalizzazione finisce, e si torna a un mondo di Imperi che si spartiscono l’Ucraina o Taiwan. Oppure la globalizzazione prosegue, anche attraverso strade tortuose come la Via della Seta cinese, il commercio e la comunicazione tornano a prevalere sulla guerra, e i resistenti ucraini non saranno morti invano.

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