Hong Kong, topografia di una città in tumulto

Un saggio di Ilaria Maria Sala offre un ampio sguardo su storia, cultura, paradossi, rivolte e intrecci etnici di questa città.

Daniele Barbieri

Mettiamo che a fine agosto una persona curiosa si ricordi del cosiddetto «popolo degli ombrelli», insomma delle grandi proteste a Hong Kong e voglia verificare cosa sta succedendo. Fretta e pigrizia congiurano per digitare in rete il nome della città e vedere le ultime notizie. Ecco quelle che dominano. Riapre il famoso Peak Tram, una funicolare datata 1888; nuovi segnali stradali in terra… per chi non stacca gli occhi dal cellulare (accade anche in Germania); cala l’indice Hang Seng.

Proteste e repressione? Dibattito politico? Nulla. Ilaria Maria Sala forse ha avuto ragione nel titolare il suo libro – uscito in maggio da Add editore (224 pagine, 20 euri) – «L’eclissi di Hong Kong». Sono in molti a pensare che ormai la Cina abbia vinto la sua battaglia contro chi aveva creduto alle promesse «un Paese, due sistemi» e magari sognava che il «porto profumato d’incenso» – questo significa il nome della città – innescasse una spirale di democrazia nel più grande Paese del mondo. O forse il fuoco cova sotto le ceneri. Come che sia, il libro di Sala aiuta a delineare la «topografia di una città in tumulto».

Due anni fa – per l’esattezza il 30 giugno 2020 – la Cina ha imposto a Hong Kong la «legge sulla sicurezza nazionale» mandando a farsi friggere l’autonomia concordata (il 1 luglio 1997) con la Gran Bretagna, dopo 156 anni di dominio coloniale. Alla “sicurezza nazionale” faceva paura «il movimento degli ombrelli» con la richiesta di più diritti e di elezioni non truccate. Non finge di essere neutrale Ilaria Maria Sala. Il suo libro batte, come il suo cuore, con chi si ribella alla gabbia in cui Hong Kong si trova chiusa a metà dei previsti 50 anni di «amministrazione speciale» ovvero grande autonomia salvo su tre questioni: difesa, emergenze e politica estera. Certo «emergenza» è una parola molto soggettiva e dunque chi ha il potere la tira dove vuole.

Il governo cinese ha infranto le fresche promesse di autonomia con il risultato di spaccare in due la città. Alle ultime elezioni (settembre 2021) trionfano «i patrioti» perché le liste devono preventivamente essere approvate dall’alto; ma alle precedenti (novembre 2019) con «suffragio universale» i ribelli avevano vinto in 17 distretti su 18.

Sono molti i paradossi sia antichi che recenti di questa ricca, enorme città – 7 milioni di abitanti – diventata verticale, cioè piena di grattacieli. A esempio che nel 1984 a “stringere” gli accordi per il «passaggio di sovranità» alla Cina è l’arci-reazionaria Margaret Thatcher ma d’altro canto saranno poi i macellai di Tiananmen a dare garanzie. Per farsi bello il “biondone” Boris Johnson oggi si dichiara pronto a offrire il permesso di soggiorno e di lavoro a milioni di hongkonghesi. Pura demagogia: a suo tempo l’Inghilterra coloniale li trattò come tutti gli altri suoi schiavi.

Paradossale anche intitolare biblioteche e campus a Lee Hysan che, 100 anni fa, era il re dell’oppio. Qualche ingenuo troverà paradossale anche la situazione delle «aiutanti domestiche» straniere che non hanno diritti perché rese invisibili; ma è quasi esattamente ciò che accade in ogni parte del mondo, lavorare «24 ore al giorno per 6 giorni la settimana». Come è paradossale parlare di una Hong Kong libera prima della stretta cinese: era al più una «versione dell’American Dream: assenza di democrazia ma tanta mobilità sociale garantita». Tanta ricchezza ma senza un’idea, un progetto per ridistribuirla o, parlando papale-papale, per diminuire la grande povertà. La repressione orchestrata dai fedeli a Pechino è stata violenta con alcuni assurdi kafkiani: il capo della polizia dichiara che anche se i “sospetti” hanno giurato fedeltà «ogni pensiero separatista nella mente e nel cuore» verrà «stanato e punito». E molti eletti pro-democrazia (dal 2014) vengono «squalificati» per «aver pronunciato il giuramento senza sentimento».

Ad accompagnare i 6 capitoli (tradizionali) di «L’eclissi…» 5 intermezzi in versi. Il libro ha molti pregi e qualche difetto. Ampio è lo sguardo su storia, cultura, tecniche della rivolta e intrecci etnici di questa città. Probabilmente chi legge avrebbe però voluto sapere qualcosa in più su Hong Kong come uno dei centri finanziari internazionali più importanti del mondo (con tanto di basse imposizioni fiscali) e sui reciproci vantaggi che Cina e Occidente traggono da questa situazione economica ambigua. Qui probabilmente si cela uno dei nodi per il futuro del «popolo degli ombrelli» o quel poco che ne rimane.

(credit foto Florian Wehde, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons)



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