Dal liberalismo al paternalismo. I nazionalisti polacchi e il Next generation EU

In Polonia i nazionalisti continuano a essere refrattari verso le richieste dell’UE in materia di equilibrio costituzionale e separazione dei poteri, diffidenti riguardo ai meccanismi del libero mercato e autoritari in relazione alla tutela dei diritti soggettivi.

Daniele Stasi

Il dibattito intorno alla legge di ratifica dei fondi straordinari previsti dall’UE potrebbe costituire un’ulteriore tappa nel processo di consolidamento del nazionalpopulismo in Polonia. Contro tale provvedimento, la scorsa settimana, si era levata la voce dissenziente del ministro della giustizia Zbigniew Ziobro, capo della formazione junior partner del partito di Diritto e Giustizia all’interno della colazione di destra stabilmente al governo dal 2015. Secondo il ministro guardasigilli, le generose misure di carattere economico previste dal next generation EU costituirebbero il primo passo verso l’Europa federale e la definitiva perdita di sovranità della nazione polacca nell’ambito delle istituzioni continentali. Dopo le dichiarazioni di Ziobro, nelle scorse settimane il governo si era trovato sprovvisto del numero di voti necessari nel sejm per far approvare una ratifica dalle ingenti ricadute sull’economia nazionale e la cui bocciatura poteva rischiare di compromettere il piano straordinario di aiuti nella sua interezza e a livello europeo. Lo scontro politico degli ultimi anni fra la maggioranza della destra nazionalista e l’opposizione, di cui il gruppo parlamentare più rappresentativo è costituito dai liberal-conservatori di Colazione Civica, sostenuto dall’ex presidente del consiglio europeo Donald Tusk, rendeva improbabile un appoggio esterno alla maggioranza, anche se limitato al conseguimento di un obiettivo vitale per la vita nazionale. Dopo le sanzioni da parte dell’Unione Europea nei confronti del governo polacco in seguito all’alterazione degli equilibri dei poteri dello Stato, la destra liberale aveva dichiarato “un’opposizione totale” nei confronti del governo di Diritto e Giustizia. La polarizzazione della scena politica tra le due destre, quella nazionalista e quella liberale, sembrava aver fatto riportare indietro le lancette della storia al periodo del socialismo reale in cui si era soliti affermare che la politica costituiva essenzialmente un modo per annientare il nemico. Negli ultimi mesi, su diverse questioni non vi è stata nessuna forma di intesa tra i due schieramenti, nemmeno, si potrebbe dire, di carattere costituzionale, e neppure il tentativo di compromesso politico che se, come sostiene Jan Zielonka, nelle democrazie occidentali può costituire un valore, in Polonia è associato più prosaicamente all’idea di compravendita.

Nei giorni scorsi, il presidente del consiglio dei ministri Mateusz Morawiecki, ormai alle corde vista la dissidenza interna alla maggioranza che rischiava di far naufragare il provvedimento politico più importante nella storia polacca dalla fine del regime comunista, ha ricevuto un’offerta di aiuto, per molti versi inaspettata, da parte dei deputati della sinistra, i quali, se fino a quel momento erano stati solidali con il resto dell’opposizione su diverse questioni – come ad esempio la giustizia; i diritti delle donne, in particolare le restrizioni previste per l’interruzione di gravidanza; l’occupazione brutale dei media nazionali ridotti a strumento fazioso di propaganda della maggioranza di governo – avevano deciso improvvisamente di rompere il fronte comune con i liberali. La destra europeista di Colazione Civica aveva accarezzato soltanto per poche ore il sogno di veder cadere il governo in carica, spiazzata da un invito al dialogo della sinistra prontamente accolto da Diritto e Giustizia. Un dialogo nel quale i deputati progressisti hanno dichiarato la propria disponibilità a votare la ratifica in cambio di maggiori risorse per la sanità, l’edilizia popolare, le regioni e i comuni. Se l’atteggiamento costruttivo della sinistra è stato salutato da Morawiecki come un atto di responsabilità ispirato dalla ragion di Stato, quello di opposizione intransigente della destra liberale, che sperava che da un disfacimento della maggioranza potesse nascere un governo di grande coalizione oppure uno tecnico ed europeista, è stato definito un tradimento degli interessi della nazione e ha innescato un’accesa polemica fra gli schieramenti che non solo non pare placarsi con il trascorrere dei giorni, ma accentuare il clima di profondo scontro all’interno del parlamento con un’opposizione e un governo divisi al loro interno. I liberali contestano ai deputati della sinistra di aver buttato a mare anni di lavoro di opposizione e perso l’occasione, in cambio di generiche dichiarazioni d’intenti, di fare definitivamente i conti con una maggioranza che ha impresso una svolta autoritaria alla democrazia polacca. Nel governo, nonostante la dichiarazione contraria alla ratifica, il ministro della giustizia Ziobro è rimasto al suo posto e si è presentato il quindici maggio insieme agli altri rappresentanti della coalizione di maggioranza per illustrare le linee del piano di sviluppo sostenuto dall’Europa definito il “nuovo ordine polacco” (nowy ład polski). Il piano, di circa 200 miliardi di euro, prevede in gran parte misure in favore della sanità pubblica, la detassazione dei salari e delle pensioni e investimenti a sostegno dell’agricoltura. Le linee del piano premiano evidentemente l’elettorato storico della maggioranza nazionalpopulista: il popolo delle campagne, i pensionati, le categorie svantaggiate e, in generale, gli esclusi dal progresso di tipo materiale generato dalla trasformazione liberista dal 1989 in poi. Coloro che non sembrano figurare tra i beneficiari diretti del programma messo a punto dal governo sono le città metropolitane, governate soprattutto nella parte occidentale dai liberali e dalla sinistra; i ceti imprenditoriali e le fasce sociali medio-alte in larga misura in sintonia con le posizioni delle forze di opposizione.

Con la probabile ratifica del piano straordinario, la destra nazionalpopulista sembra per il momento avere messo da parte il braccio di ferro con l’Unione Europea sulla questione dello Stato di diritto e i diritti civili. È ricomparsa la bandiera dell’Unione europea accanto a quella polacca in diversi appuntamenti pubblici dei rappresentanti del governo che attraverso le misure straordinarie previste dall’UE potranno ridare fiato a un’economia colpita da un’inflazione galoppante, conseguenza, tra l’altro, dei larghi sussidi governativi degli ultimi cinque anni, distribuiti in molti casi in maniera indiscriminata, come nel caso di quelli a favore delle famiglie indipendentemente dalle fasce di reddito. Nel primo trimestre di quest’anno i prezzi dei generi alimentari sono cresciuti rispetto all’anno scorso del 4,3% a fronte dell’1,7 dell’eurozona. Sono aumentate in modo significativo le tariffe dell’energia elettrica, del gas e dei trasporti pubblici. I salari continuano a essere tra i più bassi d’Europa.

Il “nuovo ordine” nazionalista, come afferma il capo di Diritto e Giustizia Jarosław Kaczynski, deve essere al servizio dei valori e della tradizione nazionali. Le risorse europee, da questo punto di vista, paiono servire all’obiettivo della destra nazionalista di mantenere un saldo legame con le fasce sociali prevalentemente più arretrate anche a costo di pregiudicare le possibilità di modernizzare un’economia in gran parte nelle mani straniere e in cui la percentuale d’innovazione è fra le più basse dei Paesi del Vecchio Continente. L’atteggiamento rispetto all’Europa da parte dei nazionalisti, in passato assimilabile a quello nei confronti di un male necessario, sebbene appaia in questi giorni mitigato dall’obiettivo di ottenere i fondi in base al principio del primum vivere, rimane refrattario verso le richieste dell’UE in materia di equilibrio costituzionale e separazione dei poteri, diffidente riguardo ai meccanismi del libero mercato, paternalista nei confronti della società civile, autoritario in relazione alla tutela dei diritti soggettivi. Diritto e Giustizia, grazie anche agli aiuti europei, vola nei sondaggi e guarda con fiducia alla prospettiva di governare il Paese nei prossimi anni e portare avanti la propria idea di Europa ridotta talvolta ad organismo a sostegno dell’ambizione di affermazione dei propri valori nazionali che trascendono, oltre ai principi giuridici dell’UE, le esigenze della realtà politica della maggior parte dei Paesi europei.

 

(Foto EPA/LESZEK SZYMANSKI POLAND OUT)



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