Il caso Birgit M. Kraatz: se la diffamazione avviene in Commissione Parlamentare

La giornalista tedesca Birgit M. Kraatz, in servizio in Italia per decenni, si è trovata ingiustificatamente nominata all’interno della terza relazione della Commissione bicamerale “Moro 2”. Dimostrata la sua assoluta estraneità ai fatti, i suoi avvocati hanno esposto la richiesta di una smentita pubblica, che non ha tuttavia avuto seguito essendo la Commissione Parlamentare stata chiusa al termine della XVII legislatura. Nell’impossibilità di dimostrare pubblicamente la falsità della diffamazione subita, la giornalista non ha potuto far altro che rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Francesco 'Pancho' Pardi

Che cosa succede se si è diffamati dalla Relazione di una Commissione Parlamentare e addirittura dal testo di una sentenza giudiziaria? I lettori penseranno che l’interrogativo è altamente improbabile: chi mai si porrebbe una domanda simile? E perché mai?
La risposta è breve: Birgit M. Kraatz. E’ una giornalista tedesca che ha lavorato a lungo in Italia come corrispondente e inviata di giornali di primo piano (Spiegel, Stern e altri). Ha collaborato a programmi della seconda rete televisiva in Germania, ha intervistato i principali protagonisti della politica e della cultura  italiana, ha seguito per Rai Tre, in radio e in tv, il processo di unificazione tedesca dopo il 1989, ha scritto insieme a Willy Brandt, ex cancelliere e massimo promotore dell’esperienza socialdemocratica in Germania, un libro intervista pubblicato da Laterza col titolo Non siamo nati eroi, è stata membro della Stampa Estera in Italia e infine, fatto non trascurabile per MicroMega, è stata la prima giornalista a porre a Berlusconi, nel primo incontro alla Stampa Estera, una domanda incisiva sul suo conflitto d’interessi. Ora vive ad Amburgo insieme al marito avvocato ma ha vissuto a lungo in Italia, dove ha molte amicizie e un legame affettivo con il paesaggio toscano. All’inizio del 2018 un amico la chiama e le dice che il suo nome si trova, in collocazione non lusinghiera, nella relazione di una Commissione del Parlamento italiano.
In effetti una breve ricerca mostra che nella terza relazione della Commissione bicamerale detta Moro 2 (presidente Giuseppe Fioroni) Birgit M. Kraatz veniva indicata come componente del gruppo terrorista tedesco 2 Giugno, responsabile per attentati mortali e sequestri. Il modo stesso con cui il nome della giornalista veniva inserito avrebbe dovuto fin dall’inizio destare attenzione. Nella citazione di un documento della Bundeskriminalamt (d’ora in poi BKA)  i nomi di due presunti terroristi tedeschi venivano prima citati l’uno e l’altro, ma in un altro punto del testo della relazione uno dei due nomi veniva sostituito con quello di Kraatz, con la curiosa conseguenza grammaticale che la concordanza degli aggettivi era declinata al femminile pur restandovi in evidenza il nome dell’altro uomo. Una lettura meno che attenta avrebbe potuto fin dall’inizio sollevare qualche sospetto.
Ed ecco il motivo accampato per introdurre il nome di Kraatz: questa, con la figlia molto piccola e la tata, abitava all’epoca in via Massimi 91 in uno stabile di proprietà IOR, in cui abitavano peraltro esponenti di rilievo del Vaticano e alti gradi militari. Quello stabile, dotato di doppia entrata sulle vie opposte, era stato ritenuto dagli inquirenti sito adatto per lo scambio delle auto dei rapitori. La giornalista era amica di Franco Piperno, esponente di rilievo della sinistra extraparlamentare coinvolto allora dai socialisti nel tentativo, tutt’altro che disonorevole, di intavolare trattative per salvare la vita del politico prigioniero. Alla fine di tutta la vicenda  poteva tornare utile (a chi?) dimostrare che proprio un fautore della trattativa utilizzava l’appartamento dell‘amica per tenere d’occhio un luogo critico della scena criminosa. In realtà si sarebbe potuto facilmente verificare che dall’appartamento di Kraatz non si poteva vedere nulla.
Birgit M. Kraatz con una prima lettera al presidente Fioroni chiese subito, nel 29 febbraio del 2018, di cancellare le calunniose asserzioni sulla sua persona, ma non ricevette risposta perché la Commissione aveva bruscamente chiuso i lavori per la fine anticipata della legislatura, senza poter nemmeno discutere e approvare una relazione conclusiva. Identica richiesta rivolta alle alte cariche dello Stato ricevette impenetrabile silenzio. Ma il 4 ottobre dello stesso anno, alla presentazione del suo libro Moro, il caso non è chiuso. La verità non detta, Fioroni, interrogato dai giornalisti, ammise che sull’adesione di Birgit M. Kraatz al gruppo terroristico 2 Giugno “ci sono degli atti che lo dicono e che noi abbiamo ereditato, ma c’è anche un documento di due mesi fa che dice che lei non c’entra niente”. E giustificava l’esposizione pubblica della giornalista così: “Abbiamo inserito lei nel testo solo per dimostrare che Piperno frequentava la casa. Poi se era dell’organizzazione del 2 Giugno o altro a me non serviva a niente”. A parte la discutibile eleganza della risposta, tralasciamo qui di interrogarci sui metodi operativi di quella Commissione e consideriamo due punti essenziali.
Una ricerca a ritroso mostra che l’affermazione su Birgit M. Kraatz non era un’invenzione originale della Commissione Moro 2, ma un atto ereditato. Essa compare molto prima, già il 31 di luglio del 2000, dentro un elaborato presentato dal sen. Mantica e dall’on. Fragalà, esponenti di Alleanza Nazionale nella Commissione detta Stragi (presidente sen. Pellegrino). Perché? A seguito di una rogatoria presentata dal giudice Francesco Amato sui nomi dei componenti del gruppo terroristico tedesco 2 Giugno, un testo della BKA era giunto all’Ucigos (ufficio centrale della polizia politica) che inesplicabilmente vi aggiunse il nome di Birgit M. Kraatz. Inoltrato il testo alla Digos, questo ufficio ne fece una minuta in cui non figura il nome di Kraatz. Invece Mantica e Fragalà per motivi ignoti dettero fede alla copia dell’Ucigos dove il nome era presente. Come le sviste dei copisti negli antichi monasteri gli errori copiati da un testo all’altro si trasmettono nel corso del tempo. L’elaborato di Mantica e Fragalà non fu mai discusso né approvato. Ciò rende ancora meno motivata la trasmissione della notizia errata sulla giornalista. Ma, per la regola del copista disattento, diciassette anni dopo il suo nome ricompare, come si è visto, nel testo della Commissione Moro 2.
Una soluzione positiva per Kraatz sembra provenire da due nuovi documenti della BKA (rispettivamene del 26.2.2018 e del 4.10.2018), dove vi è scritto che un esame della documentazione in possesso dell’ente investigativo attesta che il nome della giornalista non compare in alcun documento e che è certa la sua totale estraneità al gruppo 2 Giugno. Sembrerebbe la fine dell’incubo. Il 18 ottobre i legali della giornalista in una nuova lettera al presidente Fioroni chiedono che le due relazioni della BKA vengano allegate alla relazione della Commissione e che questa ne prenda atto pubblicamente. Ma poiché i lavori della commissione sono ormai chiusi e il testo è immodificabile,  i nuovi documenti pervenuti vengono allegati alla Corrispondenza della segreteria: una sorta di cassetto inaccessibile al pubblico che priva la smentita di qualsiasi efficacia.
La situazione di Birgi M. Kraatz è decisamente paradossale. L’errore alla base della falsità diffamante è ormai palese. Apertamente o a denti stretti tutti  i soggetti coinvolti sono costretti ad ammetterlo. Ma ogni azione legale verso i componenti della Commissione è impossibile perché essi sono protetti dall’immunità parlamentare e il loro testo non è più modificabile. Gli unici documenti che smentiscono la falsità sono nascosti in un ricettacolo chiuso al pubblico. Il paradosso potrebbe fermarsi qui. Ma non abbiamo ancora fatto i conti con la regola del copista disattento. Sembrerà assurdo, e lo è, ma la falsità che diffama Birgit M. Kraatz ha fatto un altro passo ed è finita nientemeno che nella sentenza del processo per la strage della stazione di Bologna, nel ramo “mandanti” a carico di Paolo Bellini. Che cosa c’entri un dettaglio errato di una relazione, peraltro non conclusiva, della Commissione parlamentare Moro 2 con la sentenza del nuovo processo per la strage di Bologna può spiegarlo soltanto l’estensore del testo; avventuratosi incautamente nella storiografia dello stragismo non si è accorto di fare qui riferimento a documentazione priva di validità. Ma come la terza relazione della Commissione parlamentare anche la sentenza non è modificabile.
Due atti pubblici diffamano la giornalista ed essa non può difendersi. Nell’impossibilità di dimostrare pubblicamente la falsità della diffamazione subita, Birgit M. Kraatz non ha potuto far altro che rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, EDU, presso cui pende ora il ricorso avanzato dall’avv. Antonella Mascia a Strasburgo.
Della vicenda si è occupata ripetutamente Radio radicale e sono consultabili scritti interessanti, vedi ad esempio Paolo Persichetti, La “Commissione Moro 2” finisce indagata dalla Corte Europea; Paolo Persichetti, La Commissione Moro2 e la strana scomparsa dei documenti che scagionano la giornalista Birgit Kraatz; Vladimiro Satta, “Processo-mandanti”: la storia non si fa con le bolle, in Democrazia Futura, anno 3,fascicolo 10. Birgit M. Kraatz attende giustizia dalla Corte Europea.
CREDITI FOTO: ANSA / Franco Cautillo / Z61



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