Il caso Cospito: chiariamo alcuni punti

Se uniamo i punti del caso Cospito come avviene nelle riviste di enigmistica, nel fronte Pd emergono smagliature non banali e nella maggioranza di governo emerge l’uso spregiudicato di atti riservati per attaccare gli avversari politici a colpi di manganello o machete, col sostegno dell’informazione amica.

Gian Carlo Caselli

Fissiamo alcuni punti che ruotano intorno al “caso Cospito”.

1. Alberto Cospito, anarchico terrorista, è detenuto a Sassari (per una “gambizzazione”, per aver spedito qua e là per l’Italia vari ordigni esplosivi, per un grave attentato fallito ad una caserma Cc di Fossano);

2. Cospito è al 41 bis e da oltre 100 giorni fa lo sciopero della fame contro questo regime carcerario;

3. Una delegazione del Pd (Orlando, Serracchiani, Verini e Lai) fa visita al detenuto Cospito; un’attività rientrante nel potere ispettivo sulle carceri riconosciuto ai parlamentari, ma nel caso concreto esercitata con modalità (quattro persone quattro) forse sovra dimensionate;

4. Il GOM (Gruppo operativo mobile; un’articolazione della Polizia penitenziaria che si occupa dei 41 bis), in una relazione indirizzata al DAP (Dipartimento amministrazione penitenziaria), riferisce di un colloquio intercorso fra Cospito e alcuni mafiosi co-detenuti; costoro lo esortano a proseguire nello sciopero perché “pezzo dopo pezzo si arriverà al risultato”;

5. Cospito fa sapere che la sua lotta estrema per abolire il 41 bis è una lotta in favore di tutti i detenuti assoggettati a questo regime; tant’è che dichiara di voler continuare lo sciopero della fame anche nel caso che la misura gli fosse tolta.  Tutti i detenuti al 41 bis: quindi anche i mafiosi (riconoscenti!).

6. Dal DAP la relazione del GOM passa, come di norma, al Ministero della giustizia di via Arenula;

7. La legge Andrea Delmastro Delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia con delega alle carceri (si era segnalato portando la sua piena e incondizionata solidarietà agli Agenti penitenziari nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove era stata denunziata una terribile vicenda di pestaggi dei reclusi);

8. Del Mastro porta la relazione a conoscenza del compagno di partito (FDI) Giovanni Donzelli (deputato vicepresidente del Copasir) con il quale condivide l’appartamento di Roma;

9. Il contenuto della relazione viene qualificato ora come sensibile, ora come riservato, ora a divulgazione limitata (qualunque cosa ciò significhi); per di più la Procura di Roma ha aperto un procedimento per violazione di segreto;

10. Con un “vibrante” intervento alla Camera dei deputati, Donzelli racconta del colloquio di Cospito coi mafiosi; aggiunge che esso è avvenuto proprio nel giorno della visita al carcere di Sassari della delegazione del Pd; parla di contatti anche con i mafiosi co-detenuti di Cospito; quanto basta a Donzelli per stigmatizzare i Pd come fiancheggiatori di anarchia, terrorismo e crimine organizzato;

11. Emerge inoltre che fu Cospito a indirizzare la delegazione Pd ai mafiosi co-detenuti;

12. Delmastro in una intervista a “Il Biellese” dichiara che il Pd “dovrà spiegare all’opinione pubblica quell’inchino ai mafiosi” nel carcere di Sassari.

13. L’opposizione chiede le dimissioni di Delmastro e Donzelli e ipotizza una mozione di sfiducia nei confronti del sottosegretario; i due non retrocedono di un mezzo millimetro dalle loro posizioni; la Maggioranza fa blocco intorno a loro; la premier Giorgia Meloni per un po’ tace, poi (con una lettera al Corriere della Sera, evitando le domande che qualche giornalista “curioso” potrebbe porre in una conferenza stampa) sostanzialmente “assolve” i suoi sodali Delmastro e Donzelli e conclude salomonicamente con un’azione di pompieraggio invitando tutti (tutti…) ad abbassare i toni.

Se uniamo i punti del “caso Cospito” come avviene nelle riviste di enigmistica, nel fronte Pd emergono “smagliature” non banali e nella maggioranza di governo escono figure con “postura muscolare di wrestler staraciano” (così Massimo Giannini su “La Stampa” del 5.2.23, riferendosi più in generale alla politica del governo nei suoi primi cento giorni). Di certo si profila nettamente l’uso spregiudicato di atti riservati per attaccare gli avversari politici a colpi di manganello o machete, col sostegno dell’informazione “amica” (c’è chi ha scritto di un “asse” bombaroli-Pd…). Con il timore che la “postura muscolare” miri soprattutto a distogliere l’attenzione della pubblica opinione dalla mancata soluzione dei gravi problemi politico-economici che affliggono anche il nostro paese in questa lunga e pesante contingenza.

In ogni caso, il caso Cospito e la sua gestione in Parlamento hanno “gonfiato” il tema del 41 bis inducendo molti, prima più prudenti, a chiederne con forza l‘abolizione, che però per la lotta alla mafia sarebbe una vera iattura. Se lasciamo da parte pregiudizi e approssimazioni, non possiamo non riconoscere la “specificità” della mafia rispetto ad ogni altra forma di criminalità. Questa specificità (riconosciuta dalla stessa Consulta) consente di parlare del “doppio binario”, di cui il 41bis è struttura portante, in termini di “ragionevolezza”, parametro utilizzabile per superare i dubbi di incostituzionalità. Da questa premessa dovrebbe partire ogni discussione sul 41bis.

Foto: 1 Canva belenox, 2 Ansa.



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