Il caso Scurati e i messaggi paramafiosi di Giorgia Meloni

La censura al testo di Antonio Scurati e il boomerang mediatico che ne è risultato sono stati l’occasione perfetta per Giorgia Meloni per ribadire, con tono autoritario e paramafioso, che sulla Rai non si può criticare il governo.

Cinzia Sciuto

La vicenda è ormai nota: Antonio Scurati, scrittore, autore di M. Il figlio del secolo, era stato invitato a tenere sabato sera un monologo in vista del 25 aprile nella trasmissione Che sarà di Serena Bortone. La partecipazione di Scurati è stata però all’improvviso cancellata per non meglio precisati “motivi editoriali”. Alla spiegazione dell’azienda che si sarebbe trattato di una questione di soldi non crede nessuno. Molto più plausibile che il monologo sia stato cancellato per i suoi contenuti.
In molti hanno osservato che il testo di Scurati però, in questo modo, ha circolato molto di più di quanto non avesse fatto se lo avesse letto come previsto in prima serata su Raitre. Bella mossa, si è detto e scritto: volevate censurarlo e invece quello oltre che in prima serata è finito su tutti i tg, su tutti i giornali, sui feed di tutti i social. Un boomerang insomma. Ma l’osservazione non coglie il punto perché l’obiettivo della censura non era impedire tout court a Scurati di parlare. Chi ha preso quella decisione sapeva ovviamente benissimo che Scurati non se ne sarebbe stato zitto e buono in un angolo e che questo sarebbe diventato un “caso”.
Il motivo della censura lo spiega bene la stessa Giorgia Meloni che poche ore dopo pubblica lei stessa il testo del monologo in questione accompagnandolo da un commento che è un capolavoro di autoritarismo paramafioso. Nello spiegare le ragioni per cui pubblica il testo sul suo profilo FB, Meloni scrive: “1) Perché chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno. Neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini. 2) Perché gli italiani possano giudicarne liberamente il contenuto”.
La frase chiave è quella che abbiamo evidenziato in corsivo: quella di Scurati era propaganda antigovernativa, che in Rai non si può fare. Le parole di Meloni erano contemporaneamente una pacca sulla spalla a chi ha preso la decisione – “ben fatto” – e, soprattutto, un messaggio a chi avesse ancora qualche vaga intenzione di usare gli spazi del servizio pubblico per esprimere le proprie idee in autonomia: attenzione, se le tue idee non coincidono con quelle del governo è “propaganda antigovernativa”, che in Rai non può fare. Siete avvertiti.

 



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