Il fallimento dell’“operazione militare speciale”

È possibile che sia proprio l’Ucraina, nel momento in cui la Russia la sottopone a sofferenze senza fine, a “liberare” la Russia, risvegliando le coscienze in quel paese, cambiandone radicalmente la storia?

Michele Marchesiello

La Russia di Putin ha perso la guerra (o l’operazione militare speciale) sin dal febbraio dell’anno scorso, quando ha fallito clamorosamente la presa di Kiev. Il resto non è che la tragica, inutile certificazione di quella sconfitta. Che la Russia, l’aggressore, sia ora costretta a fortificarsi a Kherson e ricorrere a milizie mercenarie, infierendo allo stesso tempo dall’aria sulle popolazioni civili, è la prova non di una guerra in corso, ma di una sconfitta che non riesce a finire.
Il problema dei volenterosi “mediatori” non è porre fine a un conflitto o costringere le parti a negoziare un cessate il fuoco, ma indurre la Russia a riconoscere la sconfitta sul campo, “ai punti”, se non per ko.
Con conseguenze a dir poco paradossali.
Et si l’Ukraine libérait la Russi?: è il titolo provocatorio di un pamphlet pubblicato l’anno scorso da  André Markowicz, editore e traduttore in Francia di Puskin e Dostoevskji.[1]

“Prospettiva indecente?”, si chiede l’autore. È possibile che sia proprio l’Ucraina, nel momento in cui la Russia la sottopone a sofferenze senza fine, a crimini di guerra tra i più feroci, mettendone in discussione la stessa esistenza come nazione, a “liberare” la Russia, grazie a una specie di elettroshock, risvegliando le coscienze in quel paese, cambiandone radicalmente la storia?
Una storia, quella russa, connotata dal principio – risalente allo Zar Nicola I – della triade di Ouvarov (dal nome del conte Sergei Ouvarov, ministro degli interni dello Zar e tra i principali persecutori di Puskin), basata su tre parole d’ordine: ortodossia religiosa, autocrazia, principio nazionale. Putin ha adottato in pieno la triade di Ouvarov, limitandosi a mettere al primo posto l’autocrazia ed aggiungendovi il rapporto inedito tra corruzione, mafia e incompetenza, con la benedizione del KGB.
La guerra lanciata da Putin contro l’Ucraina è diretta conseguenza dell’applicazione della triade di Ouvarov, secondo la nuova versione, aggravata dai crimini perpetrati dal suo esercito e dai suoi infidi mercenari.

L’effetto principale della sconfitta di Putin e la realtà dei crimini commessi in Ucraina, devono finalmente raggiungere la coscienza del popolo russo, resa sorda dal muro quasi infrangibile di una propaganda minacciosa e ossessiva. Un salutare risveglio deve finalmente infrangere quel muro e restituire la Russia, la sua cultura, al mondo cui appartiene di diritto: quello della civiltà occidentale, contro la quale è espressamente diretta la guerra di Putin, con la benedizione del metropolita Kirill.
In questo senso, ogni tentativo di mediazione sembra destinato a prolungare nel tempo una sconfitta che non riesce a finire.
Sarà piuttosto indispensabile un processo contro i responsabili della disumana e insensata aggressione all’Ucraina e contro quanti – tra quelli che l’hanno condotta – ne hanno accresciuto oltre ogni limite la disumanità. Questo autentica “lustrazione” di un popolo intero dovrà però svolgersi in Russia, sotto gli occhi della comunità internazionale, in una inedita Norimberga russa.
Cechov, ricorda Markowicz, non amava Dostoevskji e le sue idee messianiche sul destino della Russia.
“I russi – conclude – dovrebbero passare da Dostoevskji a Cechov: vedere la realtà concreta, umana, quotidiana di quello che accade. Rigettare le menzogne dell’epopea. E si, infine, cominciare a vedersi come sono. Solo allora l’Ucraina – al prezzo di quella catastrofe e di quelle tragedie – avrà liberato la Russia”.

[1] A.Markowitz, ‘Et si l’Ukraine liberait la Russie?’,Seuil libelle, Giugno 2022

Foto Flickr | Fotomovimiento



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