Il Green pass, Dazn e lo Stato-piattaforma

Il Green pass anti-Covid e l’abbonamento a Dazn, due applicazioni digitali accomunate dal complicare i problemi invece di risolverli.

Mauro Barberis

Internet dovrebbe servire a rendere più efficiente la burocrazia, se non a eliminarla: anche per questo l’Unione europea sta per inondarci di soldi. Per ora, invece, ai tradizionali ritardi della burocrazia si sommano i malfunzionamenti di internet. Per buttarla subito in politica, dirò che le piattaforme private spesso funzionano peggio di quelle pubbliche: ammesso ci sia ancora differenza. Farò solo due esempi di stretta attualità: il Green pass anti-Covid, pubblico, e l’abbonamento a Dazn, privato. Due applicazioni digitali accomunate solo dal fatto che spesso complicano i problemi invece di risolverli.

Prendiamo il Green pass, che dovrebbe certificare le nostre vaccinazioni anti-Covid e/o la nostra guarigione. Sapete quanti ne sono stati caricati dal ministero della Salute sull’apposita piattaforma? Quarantadue milioni. Sapete quanti ne sono stati effettivamente scaricati dai cittadini? Ventidue milioni: più o meno la metà. Cos’è successo? Molti non hanno le app per scaricarli, altri non hanno ricevuto l’apposito codice, altri ancora, specie i guariti dal Covid, non sono registrati sulla piattaforma del ministero, anche perché medici e infermieri che li hanno dimessi avevano, giustamente, ben altro a cui pensare. Qualcosa del genere è avvenuto per le vaccinazioni eterologhe, con vaccini differenti: sino a poco tempo fa il sistema non le riconosceva, poi gli informatici hanno turato la falla.

Ma prendiamo anche Dazn, la piattaforma informatica inglese che ha vinto la gara per trasmettere serie A, B e Champions nei prossimi tre anni, spodestando Sky, con l’opposizione quasi solitaria di Genoa, Samp e Spezia. Qual è la differenza? Sky è una televisione a pagamento, mentre Dazn è una piattaforma digitale, trasmette solo su internet, in streaming sul computer e su televisioni smart, collegate al wi-fi di casa. L’idea di costringere milioni di abbonati Sky ad abbonarsi a Dazn e/o a comprare e installare una smart tv, magari con tutte le partite in orari diversi per non sovraccaricare la rete, era già abbastanza delirante da attirare, a fine giugno, l’intervento dell’Agcom, l’autorità di sorveglianza sulle comunicazioni. In più, Dazn non ha servizi di assistenza ai clienti (numeri verdi, call center…): coerentemente, ma in spregio al principio di complementarità, il diritto dell’utente in difficoltà a parlare con un essere umano. Di fatto, chi scrive ha perso una settimana a cercare di rispondere alle offerte che gli arrivavano da DAZN sinché, colpito da un’illuminazione, non ha cambiato browser (da Firefox a Safari) e ha aperto un nuovo account, stavolta in cinque minuti e con modiche 19,99 euro di spesa.

La morale della favola? Stato e aziende, pubblico e privato, sono già oggi un unico mostro a più teste che qualcuno, come Éric Sadin, chiama Stato-piattaforma. Dopo la pandemia, che ne ha accelerato l’avvento, lo Stato-piattaforma funziona così: fornisce servizi via internet, negli Stati Uniti come in Cina e in Europa, e gli utenti ne sono mediamente soddisfatti – cioè soddisfatti tramite i media – anche perché sennò, in Cina, finiscono ai lavori forzati come gli Uiguri. Quando questo sistema unico mondiale, con trascurabili differenze – i diritti, la democrazia… – si sarà imposto, si avvererà un vecchio sogno: l’amministrazione delle cose sostituirà il governo degli uomini. Saremo tutti governati da algoritmi, e questo comporterà la fine della politica (sento già un sospiro di sollievo) ma anche della storia: fine annunciata solo troppo frettolosamente, nel secolo scorso, da Francis Fukuyama.



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