Il paradosso delle primarie Pd

Il nuovo segretario nazionale scelto dalle primarie Pd dipenderà dalla partecipazione al voto delle tribù di riferimento. C'è una base di seguaci che è sempre più disamorata, perché in questa proposta di sinistra la politica è vista come una carriera personale e non come un mezzo per raggiungere un obiettivo ideale.

Pierfranco Pellizzetti

A mio modesto avviso il paradosso di queste primarie del Partito Democratico nasce dal fatto che non si rivolgono a una popolazione omogenea bensì a due, profondamente diverse antropologicamente e culturalmente, le cui reciproche aspettative sono così lontane tra loro da non risultare riconducibili a unità. L’equivoco, deliberatamente occultato quanto lucidamente strumentalizzato, conseguenza di un soggetto nato proponendo un orizzonte cui tendere mentre – sotto, sotto – si indirizzava deliberatamente verso un tutt’altro, totalmente diverso. E il nuovo segretario o la nuova segretaria nazionale dipenderà da quanti della tribù di riferimento verrà convogliata al voto. Partendo dall’assunto che Cuperlo e la De Micheli sono candidature puramente “decorative”, che non interfacciano con nessuna componente dell’emulsione elettorale piddina. La mescola, che non può trasformarsi in blend, tra una base di follower (tra l’altro in costante diminuzione perché disamorata in misura crescente) che si è bevuta la promessa di un partito nato come sintesi delle due Sinistre egemoni nel secondo dopoguerra italiano – quella cattolica e quella comunista – tanto da nutrire aspettative radicalmente e fieramente contrarie alla restaurazione post-democratica in atto; a fronte della lucida aspettativa di inclusione negli organigrammi pubblici, perseguita dal personale (in larga misura apparatchik di partito) cresciuti assieme ai miti ingannatori delle Terze Vie care agli scalatori sociali Tony Blair e ai Bill Clinton: la politica come carriera personale di gente che ha fatto strada militando fin dalla giovane età nelle strutture di partito, locali e nazionali; in un percorso che le ha prosciugate di qualsivoglia idealità e ora ti dice che “la politica è scambio negoziale”. Insomma, puro mercato delle vacche, in cui ogni mossa viene valutata esclusivamente sulla base della convenienza (e all’inferno la coerenza!). Poco importa se gli elettori annusano l’imbroglio dietro comportamenti spudoratamente compiacenti nei riguardi del sistema di potere dominante e – in assenza di alternative – si ritirano sull’Aventino del non voto: la contropartita per questi/queste professional è la cooptazione nel giardino dell’Eden dei responsabili, i guardiani dell’ordine vigente legge&ordine a fronte di vantaggi materiali. Irresistibili per tali parvenu. Gente entrata in politica con le pezze nel sedere e che ora può gustare tutta la piacevolezza di una vita gratificata dai benefit. Anche se il loro godimento viene pagato svolgendo il ruolo di caporalato del consenso. Spudoratamente.

Tornando al tema primarie, l’ex renziano Stefano Bonaccini pesca un largo consenso nella struttura di partito popolata da disincantati imprenditori di se stessi, cui lascia intendere che la pacchia della politica come ascensore sociale è destinata a durare. Almeno fino a quando il popolo degli illusi continuerà a praticare il determinismo elettorale del voto, ripetendo antiche tradizioni diventate riflesso condizionato. Ossia assicurando quel pacchetto minimo di consensi che garantisce agli eletti (quasi esclusivamente appartenenti alla cordata dei professional) lo spazio negli organigrammi pubblici. Il popolo che attende da un tempo interminabile il messaggio del ritorno a una politica dei valori, idealizzato nelle figure “dure e pure” dei vecchi dirigenti del Partito Comunista, da Enrico Berlinguer a Giorgio Amendola; ora identificato nella candidatura della sessantottarda Elly Schlein. L’ultima speranza a rischio di essere ormai finita fuori tempo massimo, vista la moria di elettori che continuino a dare credito alla speranza di un PD idealista. Generosamente a sinistra. Mentre la credibilità dei gattopardi all’ennesima giravolta – da Andrea Orlando a Dario Franceschini – schierati dietro la politicamente corretta ragazza italo-svizzero-americana non sembra consentire ricicli residuali.

Sicché il fatto che un grigio ragioniere come Bonaccini risulti attualmente in testa nella corsa delle primarie, a fronte di un livello molto basso dei votanti, induce a pensare che tale esito sia da attribuire alla predominanza numerica alle urne della corporazione dei simil/Blair-Clinton. Coloro che continuano a scimmiottare con tre decadi di ritardo la mediocrità compiaciuta e l’affarismo catastrofico degli anni di Bill Clinton e Tony Blair.

 

 

Foto Flickr | Charles Wiriawan



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