Il parassitismo culturale degli enti e delle sette religiose

Le sette religiose sfruttano il diritto alla libertà di fede per esonerarsi dalle intromissioni dello Stato di diritto e manipolare liberamente i propri adepti. Queste sette, come Scientology, godono dei servigi di sedicenti partigiani delle libertà civili, ma anche della solidarietà di altri enti religiosi, nonostante non possano essere definite democratiche. Lo dimostrano alcuni casi recenti di ong attive per la difesa di leader religiosi abusanti, anche in Italia.

Luigi Corvaglia

Il termine “parassita” denota un essere che vive rubando nutrimento all’organismo che lo ospita. Da ciò l’ovvia connotazione negativa dell’etichetta quando è tratta fuori dalla biologia e attribuita a persone, o a classi di persone, per esprimere la loro attitudine a trarre vantaggio dal lavoro altrui. È infatti assunzione condivisa che si tratti di persone disprezzabili. Si può estendere questa connotazione anche a chi trae subdolamente forza propulsiva per la propria azione dallo sfruttamento di ambiti culturali che non gli appartengono, o addirittura avversa. Un esempio di parassitismo culturale di questo tipo ce lo fornisce la geniale sentenza di Gaetano Salvemini il quale disse “Il clericale domanda la libertà per sé in nome del principio liberale, salvo a sopprimerla negli altri, non appena gli sia possibile, in nome del principio clericale”. In due righe, questo gigante del liberalismo metteva in luce il paradosso insito nella pretesa di difendere la subordinazione in nome della libertà e, al contempo, evidenziava l’ipocrisia di chi non si limita a sfruttare i benefici che derivano dalla società laica, ma ne scimmiotta anche fraudolentemente le formule.

Fosse ancora fra noi, l’antifascista pugliese avrebbe di che rimanere sconcertato e sgomento davanti alla constatazione di come il suo avviso sia rimasto inascoltato. Infatti, la legione di sodalizi chiusi che richiedono di essere difesi dalle pretese dello Stato di diritto in nome dei principi della società aperta sono cresciute a dismisura. Non è più solo la religione organizzata della tradizione a godere dell’impegno di difensori laici ed atei devoti, ma sono addirittura le “sette” più totalitarie e abusanti! Da Scientology in giù, a godere dei servigi di sedicenti partigiani delle libertà civili sono congreghe estremamente discusse che definire democratiche e rispettose dei diritti degli adepti prevede la totale mancanza del senso del pudore. La lista dei beneficiari di questa azione protettiva non riserva grandi sorprese. Si va da culti ricchi e potenti, come Scientology o la Chiesa dell’Unificazione, alla miriade di conventicole new age che hanno giocato un importante ruolo nella disinformazione sul Covid 19, passando per i culti ufologici e le varie denominazioni cristiane di frangia. Maggiori sorprese riserva la lista di coloro i quali si impegnano a sciorinare le parole d’ordine della società liberal-democratica, la più abusata delle quali è la formula “libertà religiosa”, per difendere queste organizzazioni dalle attenzioni non benevole dell’opinione pubblica e della magistratura. Si tratta spesso di esponenti della reazione e del tradizionalismo cattolico improvvisamente folgorati sulla via di Damasco dalla “deregulation” religiosa. Anelano ad un “multi-cultismo” che è la versione mignon del multiculturalismo: isole sociali esonerate dal rispetto dei diritti civili all’interno delle democrazie avanzate. Certo, si suol dire che “cane non morde cane”, ma qui siamo ben oltre la non belligeranza. Infatti, fa una certa impressione sentire e leggere proclami libertari ed ecumenici pronunciati da esponenti della reazione più retriva e della fede più intransigente. L’analogia col multiculturalismo quindi continua. Infatti, la difesa della libertà religiosa da parte di esponenti di versioni non ecumeniche della propria fede richiama la difesa del “diritto alla differenza” delle altre culture da parte della destra identitaria. Sembra rispetto per le altre culture, ma è “differenzialismo”, cioè la posizione di chi intende preservare le differenze culturali dai processi di omologazione delle società moderne.

Solo per restare in Italia, Paese che con gli Stati Uniti è l’osservatorio privilegiato di questo paradosso, si può segnalare l’attività di una Ong devota alla promozione della libertà religiosa che ha fra i fondatori un esponente apicale di Scientology e fra i suoi membri una associazione il cui leader è attualmente ricercato dell’Europol per accuse di violenza sessuale e traffico di minori. In questo paese più che in ogni altro nel mondo si è condotta una campagna a favore della chiesa messicana “La Luz del Mundo”, ritenuta oggetto di diffamazione da parte di un immaginario “movimento anti-sette”. Il leader di questa chiesa, Naason Garcia, è stato arrestato e condannato nel 2019 per decine di capi di imputazione relativi a violenze e pornografia infantile; ciò avveniva due settimane dopo aver ricevuto, in Italia, un premio per essersi distinto per le opere di carità e nella difesa della “libertà religiosa”. A premiare l’“apostolo” Garcia fu il Centro Studi Nuove Religioni (CESNUR) di Torino, una celebrata istituzione devota alla ricerca sociologica nell’ambito di quelli che definisce, in modo politicamente corretto, “Nuovi Movimenti religiosi”. Le radici del CESNUR affondano nella associazione tradizionalista Alleanza Cattolica.

Vivere alle spalle della cultura libertaria è facile nell’Occidente contemporaneo. Il gioco è semplice. Asserire che l’individuo è libero di scegliere della propria vita e di aderire al gruppo che desidera è cosa che pone il parlante in buona luce, perché il concetto è parte del complesso concettuale vincente della nostra epoca. Pertanto, pochi contesterebbero tale asserzione. La mimesi è quindi assolutamente efficace. Vanno però fatte due osservazioni. La prima riguarda il concetto di “scelta”. Anche ammessa la razionalità delle scelte individuali, concetto già rigettato dalla psicologia sperimentale (Kahneman e Tversky, 1979), l’applicazione di forme di razionalità al campo della adesione ad un credo è inammissibile. Il proselitismo viaggia su altri canali, facendo leva su aspetti periferico-emotivi piuttosto che centrali e logici (Cacioppo e Petty, 1984). D’altro canto, lo studio dei modelli evoluzionistici che spiegano la diffusione delle idee come unità di informazione autoreplicantesi (definite “meme”), utilizza la metafora del contagio per spiegare la diffusione di complessi concettuali come le fedi (Dawkins, 1991; Blackmore, 1999; Brodie, 2009; Diem, 2023). È un processo, quindi, in cui la capacità di replicazione delle idee non avviene sulla base del fatto che queste sono le più razionali o le più adatte, ma sul presupposto che sono quelle che più sanno sopravvivere e replicarsi. Questa qualità dipende molto da suggestioni irrazionali e influenze sociali. Basta quindi che esista una leadership interessata allo sfruttamento degli adepti perché si realizzi una condizione di rischio manipolatorio. Non è un caso che la maggior parte degli sforzi dei difensori dei culti siano diretti a propagandare l’idea della non scientificità della “manipolazione mentale” sulla scorta di valutazioni sociologiche (Barker, 1984). Purtroppo per loro, la materia che sul campo della persuasione ha maggior pertinenza, ossia la psicologia, ha da tempo dimostrato la sua esistenza (Cacioppo e Petty, 1984; Tajfel, H., & Turner, 2004; Budzynska e Wege, 2011; Kahneman, 2012; Cialdini, 2017; Sharot, 2018).

Quindi, l’argomento “libertario” è costruito su una premessa non scientifica.
La seconda osservazione deriva da una analisi più approfondita della mimesi attuata dagli apologeti delle sette quando impersonano i liberali. Guardando meno distrattamente la cosa ne risulta l’evidente impostura. È utile a tal proposito leggere l’uomo che più efficacemente espresse il concetto per cui qualunque intrusione nelle scelte personali è inammissibile, cioè Lysander Spooner. Il noto abolizionista della schiavitù iniziava il suo classico pamphlet libertario I vizi non sono crimini con queste parole: “I vizi sono quelle azioni con le quali un uomo danneggia sé stesso e i suoi averi. I crimini sono quelle azioni con le quali un uomo danneggia la persona o gli averi di un altro. I vizi sono semplicemente gli errori che un uomo commette nella ricerca della propria felicità. A differenza dei crimini, essi non implicano malvagità nei confronti degli altri né alcuna interferenza con la loro persona o i loro averi”.
In altri termini, una cosa è “commettere errori nella ricerca della felicità” senza arrecare danno alla persona ed alla proprietà altrui, cosa che nessuno ha il diritto di impedire se non è portatore di un paternalismo e di un’“etica del principio”, per dirla con Weber, altro è danneggiare “la persona e gli averi altrui” con “malvagità”. L’encomiabile intento del libertario Spooner era di distinguere le due condizioni perché non venissero puniti i vizi invece dei crimini. Questo è esattamente il contrario di quanto vogliono gli apologeti dei culti. La difesa pregiudiziale dei gruppi spirituali che questi operano, infatti, rischia di confondere i due piani e far sparire i crimini, cioè l’azione dei leader totalitari che mirano a danneggiare “la persona e gli averi di un altro”. In nome della “libertà”, si ottiene così quella situazione che James Joyce definì “libera volpe in libero pollaio”.
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CREDITI FOTO: Flickr | 



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