Il sesso secondo Bergoglio. Il papa “rivoluzionario” che propugna la castità

Le nuove linee guida per la preparazione al matrimonio, che caldeggiano la castità, oltre a essere totalmente anacronistiche manifestano una inquietante – seppur non nuova – sessuofobia.

Ingrid Colanicchia

Il segreto di un buon matrimonio? La castità pre-matrimoniale. Parola di Bergoglio.
Il papa presentato come rivoluzionario fin da quel buonasera pronunciato dal balcone di San Pietro il giorno dell’elezione al soglio pontificio (e citato a piè sospinto anche in contesti in cui non ce lo si aspetterebbe e altri personaggi potrebbero più laicamente fornire un valido sostegno alle argomentazioni proposte) quando si parla di corpo e sessualità (e donne, sia detto per inciso) mostra un volto che oserei definire sessuofobico.

Come altro considerare il documento “Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale” che il papa giusto ieri ha avuto «il piacere di affidare ai pastori, ai coniugi e a tutti coloro che lavorano nella pastorale familiare»? «Uno strumento pastorale preparato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita dando seguito a un’indicazione che ho espresso ripetutamente, cioè “la necessità di un ‘nuovo catecumenato’ in preparazione al matrimonio”», scrive Bergoglio nella prefazione. Ma questo catecumenato a dirla tutta ha un sapore stantio più che nuovo.

Cosa c’è di nuovo infatti nell’asserzione: «Due sono i pericoli per i giovani: da un lato, il dilagare di una mentalità edonista e consumista che toglie loro ogni capacità di comprendere il significato bello e profondo della sessualità umana. Dall’altro, la separazione tra la sessualità e il “per sempre” del matrimonio»? E inquietante appare il proposito («particolarmente urgente») di «creare o potenziare percorsi pastorali rivolti soprattutto ai giovani nell’età della pubertà e dell’adolescenza. Date le sfide odierne – si legge del documento – la famiglia non può e non riesce a essere l’unico luogo di educazione all’affettività. Perciò ha bisogno dell’aiuto della Chiesa».

Dio non voglia! (Per rimanere in un contesto religioso). Soprattutto considerato in cosa evidentemente si sostanzierebbe questo aiuto se l’idea è che «non deve mai mancare il coraggio alla Chiesa di proporre la preziosa virtù della castità, per quanto ciò sia ormai in diretto contrasto con la mentalità comune. La castità – si legge nel documento – va presentata come autentica “alleata dell’amore”, non come sua negazione. Essa, infatti, è la via privilegiata per imparare a rispettare l’individualità e la dignità dell’altro, senza subordinarlo ai propri desideri. La castità insegna ai nubendi i tempi e i modi dell’amore vero, delicato e generoso, e prepara all’autentico dono di sé da vivere poi per tutta la vita nel matrimonio. È importante perciò mostrare che la virtù della castità non ha solo una dimensione negativa che chiede a ognuno, secondo il proprio stato di vita, di astenersi da un uso disordinato della sessualità, ma possiede anche una dimensione positiva importantissima di libertà dal possesso dell’altro (sotto il profilo fisico, morale e spirituale) che, nel caso della chiamata al matrimonio, è di fondamentale importanza per orientare e nutrire l’amore coniugale, preservandolo da qualsiasi manipolazione. La castità – prosegue il documento – in ultima analisi, insegna, in ogni stato di vita, a essere fedeli alla verità del proprio amore. Ciò significherà, per i fidanzati, vivere la castità nella continenza e, una volta sposi, vivere l’intimità coniugale con rettitudine morale. La castità vissuta nella continenza – udite, udite! – consente alla relazione di maturare gradualmente e in modo approfondito. Quando, infatti, come spesso accade, la dimensione sessuale-genitale diventa l’elemento principale, se non l’unico, che tiene unita una coppia, tutti gli altri aspetti, inevitabilmente, passano in secondo piano o vengono oscurati e la relazione non progredisce. La castità vissuta nella continenza, al contrario, facilita la conoscenza reciproca fra i fidanzati, perché evitando che la relazione si fissi sulla strumentalizzazione fisica dell’altro, consente un più approfondito dialogo, una più libera manifestazione del cuore e l’emergere di tutti gli aspetti della propria personalità (umani e spirituali, intellettuali ed emotivi) in modo da consentire una vera crescita nella relazione, nella comunione personale, nella scoperta della ricchezza e dei limiti dell’altro: e in ciò consiste il vero scopo del tempo del fidanzamento».

Nella lettura la mente oscilla tra la noia di una non meglio precisata «rettitudine morale» all’insegna della quale vivere «l’intimità coniugale» e l’inquietudine suscitata dalla rappresentazione del sesso come «strumentalizzazione fisica dell’altro».

Non si tratta di una novità, sia chiaro. E infatti in nota il documento può richiamare innumerevoli precedenti (in primo luogo il Catechismo della Chiesa cattolica). È però la controprova di quanto fallace sia il metodo argomentativo per cui usiamo a sostegno delle nostre teorie sulla pace, sulla guerra, sul lavoro o su che so io, le parole del papa: perché se ci mettiamo a brandire i discorsi del papa quando coincidono con le nostre idee poi come rispondiamo a chi li brandisce per dire che l’aborto va vietato o che il sesso è «strumentalizzazione fisica dell’altro»?

Credit immagine: ANSA/ETTORE FERRARI



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