In Sardegna vince l’alleanza progressista. “Un voto anche di protesta, contro l’autonomia differenziata”.

A fare la differenza nel voto in regione è stato il bisogno dei cittadini sardi di reagire “al peggioramento della vita e in particolare della sanità” secondo Camilla Soru del Partito democratico, “e la protesta per le conseguenze che l’autonomia differenziata avrà sulla Sardegna”. Decisiva, per costituire l’alleanza politica, è stata l’esperienza di comune opposizione durante il governo Solinas. Per Alessadra Maiorino (M5S) “Meloni voleva bastonare, è stata bastonata. Lavoriamo per una società alternativa a quella delle destre”.

Federica D'Alessio

Da poche ore Alessandra Todde, deputata del Movimento 5 stelle, già viceministro allo Sviluppo economico nel governo Conte II, imprenditrice sarda nel campo della tecnologia, è la nuova Presidente della Regione Sardegna. Lo sconfitto per una manciata di voti è Paolo Truzzu, attuale sindaco di Cagliari, candidato fortemente voluto dalla Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. “L’alleanza che ci ha portati all’esito desiderato si è forgiata in una opposizione dura e difficile che abbiamo portato avanti insieme, Partito democratico e Movimento 5 stelle, al peggior governo regionale nella storia dell’autonomia sarda, quello di Christian Solinas”, è il commento a MicroMega di Camilla Soru, consigliera del Partito democratico di Cagliari, all’indomani delle elezioni nella sua regione. “Non è mai stata decisa da Roma, come hanno sostenuto alcuni (in particolare il padre Renato Soru, candidato del “terzo polo” che ha ottenuto l’8,6% dei voti, ndr). Non siamo stati e non siamo un esperimento, ma dopo questa vittoria possiamo essere un esempio”.

Il peggioramento della vita e l’autonomia differenziata
“Le cittadine e i cittadini sardi che hanno scelto Todde hanno espresso un bisogno radicale di miglioramento della qualità di vita. E in Sardegna, una delle regioni con più anziani del mondo, molti dei quali affetti da malattie croniche, questo bisogno ha un nome molto chiaro: sanità, pubblica e di qualità”, commenta Soru. “In questi cinque anni di amministrazione Solinas, in cui abbiamo assistito a una gestione amorale della cosa pubblica, la sanità sarda è crollata in efficienza. In generale, abbiamo sperimentato un peggioramento delle condizioni di vita: impoverimento economico, continuità territoriale inesistente quindi separamento forzato dal resto del Paese, e il taglio delle autonomie scolastiche ci hanno dato il colpo di grazia. Tutto questo su due piani intrecciati: la pessima gestione regionale da un lato, e la legge nazionale sull’autonomia differenziata dall’altro”.

Secondo Soru, è proprio il tema dell’autonomia differenziata ad aver avuto un ruolo importante nella scelta di tante cittadine e cittadini di voltare le spalle alla destra. “Si è trattato di un argomento d’interesse che non ha occupato le prime pagine dei giornali o dei salotti Tv, ma che ha coinvolto moltissimo le persone. Sul territorio di Cagliari ci sono state tante iniziative di discussione, è stato un argomento sentito, vissuto con grande preoccupazione da tanti cittadini, perché la legge sulle autonomie differenziate colpisce la forza dell’autonomia sarda”. Se infatti lo statuto speciale della regione sarda ha trovato storicamente la sua ragion d’essere negli svantaggi strutturali che la condizione isolana comportava – e dunque andava nella direzione di quel “regionalismo solidale” previsto dalla Costituzione di cui ha più volte parlato su MicroMega Gaetano Azzariti – la legge di Calderoli sull’autonomia differenziata “dà vantaggi alle regioni più ricche e incrementa lo svantaggio per le regioni più povere, compresa la Sardegna. È un’idea di differenziazione e autonomia che va nella direzione di incrementare le disuguaglianze, non certo di ridurle”.

La vittoria di Todde, per Soru, ha assunto dunque anche il carattere di voto di protesta, malcontento e preoccupazione per una spoliazione della Sardegna che è prima di tutto economico-sociale ed è prima di tutto bisogno di cura del bene pubblico. “La sanità sarà il nostro primo banco di battaglia concreto”, ripete. “C’è bisogno di spesa pubblica per il bene pubblico, non è certamente un capitolo su cui potremo pensare di tagliare la spesa o di incentivare il privato; ma è innanzitutto dall’efficienza e dalla ricognizione che dobbiamo partire, perché la verità è che la spesa sanitaria pro-capite in Sardegna è già oggi la più alta del Paese. E siamo anche la regione con il più alto numero di medici. Nonostante questo, le carenze nel servizio ai cittadini si sono moltiplicate. La ragione è principalmente una: dobbiamo rafforzare la medicina territoriale; usare la nostra autonomia per migliorare ulteriormente il trattamento economico del personale sanitario, e dislocarlo sul territorio in modo che non si debba necessariamente, in una regione così grande e con una rete stradale così malfunzionante, ricorrere a spostamenti difficilissimi nei capoluoghi per potersi curare. Qualità della vita non è abitare tutti a Cagliari, qualità della vita è vivere tutti meglio nelle tante e diverse comunità che compongono un territorio. Su questo ora dobbiamo metterci subito al lavoro”.

Presupposti per un’alleanza stabile
“In Sardegna c’era bisogno di un riscatto, dopo anni di malgoverno della destra, e la vittoria di Alessandra Todde e della sua idea di Sardegna accogliente e inclusiva è testimone proprio di questo”, commenta a MicroMega Alessandra Maiorino, senatrice del Movimento 5 Stelle. Un riscatto che è anche quello delle opposizioni al governo. “La strada del campo giusto come lo chiama Giuseppe Conte, non del campo largo a tutti i costi, è una strada in cui personalmente credo molto: si forgia sulla condivisione di valori essenziali, di una visione della società, che si costruisce poi attorno alle persone; in questo caso Alessandra Todde, che rappresenta un’identità sarda radicata nel territorio e al tempo stesso un’esperienza di politica alta, ai massimi vertici istituzionali, ha saputo fungere da anello di congiunzione ottimale fra tanti àmbiti diversi, di realtà del territorio così come di realtà politiche”. Per Maiorino, la vittoria ottenuta mette i presupposti per costruire una alleanza stabile, “che sui territori può avere una maggiore elasticità – in Abruzzo l’alleanza elettorale attorno al candidato Luciano D’Amico comprende uno spettro più ampio di forze, che vede convergere anche Italia Viva e Azione – ma che da un punto di vista nazionale chiarisce chi sono i nostri interlocutori: il Partito democratico di Elly Schlein, l’Alleanza Verdi e sinistra. Con loro lavoriamo per candidarci, da subito dopo le prossime europee, a essere l’alternativa al governo Meloni, per costruire una società diversa rispetto a quella che vorrebbero le destre”.

La destra non è né unita né egemone
Certamente, il risultato delle elezioni in Sardegna lascia cadere alcuni miti riguardo alla destra. Il primo è quello di una presunta “egemonia culturale” che da quando hanno ottenuto la maggioranza relativa, la destra eserciterebbe nel Paese, e dalla quale deriverebbe un consenso solido. Caro soprattutto al ceto intellettuale o medio-intellettuale del Paese, il refrain dell’egemonia culturale ignora, deliberatamente, ciò che i dati hanno sempre affermato in modo chiaro, ovvero che le maggioranze con cui si formano i governi nel presente sono sempre più ristrette da un punto di vista dei numeri, ma anche labili nelle preferenze. Cambiano a grande velocità. L’altro mito che cade è quello della solida e invincibile allenza di ferro fra le anime della destra. “Meloni in Sardegna è partita per bastonare, ma è stata bastonata”, commenta Maiorino, riferendosi all’infelice sorte di Paolo Truzzu. “Umiliando il candidato della Lega, Salinas, e dunque anche i vertici del partito suo alleato, Meloni avrebbe dovuto incassare una vittoria per tenere in piedi la sua coalizione. Così non è stato”. Ora in Abruzzo, dove il candidato Marco Marsilio – attuale Presidente e favorito per la vittoria – è un uomo di punta della cerchia dei Fratelli d’Italia, arriverà un’altra prova importante. “Questa maggioranza è divisa su tantissimi dossier che scottano: dal terzo mandato dei sindaci fino al Premierato, la verità è che si danno botte da orbi”, secondo Maiorino. “A noi ora spetta rinsaldare il nostro progetto condiviso e portarlo avanti”.

L’ago della bilancia di questa possibilità, colei che si trova nella posizione più delicata e più difficile, è Elly Schlein. A un anno dalla sua elezione a segretaria del Partito democratico, porta a casa la prima grande prova superata. “La sua bravura nell’ascoltare il territorio, non imporci alcuna scelta ma favorire il percorso iniziato a livello regionale, con i suoi tempi e il nostro bisogno di discussione, ha fatto la differenza in Sardegna”, commenta Soru. “Siamo arrivati alla decisione di proporre Alessandra Todde come candidata unitaria attraverso questo tipo di percorso; il suo profilo va sicuramente anche nella direzione di un rinnovamento di leadership, che lascia più spazio alle donne, che lascia più spazio in generale alla libertà di fare politica, di praticare la politica.” Una direzione in cui non ha creduto l’altro Soru, Renato, ex Presidente della Regione Sardegna, padre di Camilla, che durante la campagna elettorale ha attaccato più volte Todde, definendola anche “usata da una classe politica di soli uomini per fingere il cambiamento”. “Le scelte di Soru hanno indubbiamente creato un percorso in salita per Todde, che ha dovuto sconfiggere due avversari. Sono ragioni di tristezza. Da parte sua abbiamo registrato un abbarbicamento al passato, con atteggiamenti da vecchio signore patriarcale”, è il pensiero di Maiorino. “Anche questo è il tipo di politica che dobbiamo superare”. Per Soru, il padre “Ha fatto le sue scelte. Sono contenta di averne fatte altre”.

CREDITI FOTO: ANSA / Fabio Murru



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