L’onda machista Incel e Mra nella scuola italiana: un racconto

Odio, sofferenza, impotenza e rabbia. È il clima che emerge tra i giovani maschi tra i 14 e i 18 anni quando si affronta la questione delle relazioni tra i sessi.

Monica Lanfranco

Ben vengano le discussioni su ciò che è strutturale, o culturale, nelle differenze di comportamento tra donne e uomini nello spazio pubblico, nel privato e nel mondo del lavoro. Che siano provocazioni, oppure ignoranza (consapevole o no) o miopia sull’impianto patriarcale della società penso che ogni spunto per ragionare e confliggere civilmente sullo stato dell’arte delle relazioni tra i sessi sia prezioso e necessario, soprattutto ora che la presunta liquidità dei generi sembra ridimensionare l’impatto che hanno i corpi sessuati nella realtà. Confesso però che, specie quando torno dalle full immersion di formazione nelle scuole superiori italiane che svolgo da circa 20 anni, e grazie alle quali ho raccolto i materiali per Crescere uomini, molto di questo dibattito tra persone adulte mi sembra lontanissimo. Avevo già scritto una sorta di diario di viaggio da una delle esperienze più dure e recenti che mi erano capitate in una scuola; poi è arrivato il Covid e quindi nell’ultimo anno e mezzo ogni progetto si è svolto online.

Ora, con la fragile ripresa, eccomi nuovamente in pista. Dopo quasi una intera settimana di incontri in diversi istituti (licei e professionali) di una città del nord sento il bisogno di restituire, almeno in parte, ciò che ho vissuto, che spesso non emerge e non è noto a chi frequenta solo l’ambito universitario e non ha cognizione di ciò che i giovani maschi tra i 14 e i 18 anni pensano delle relazioni tra i sessi. Di come, in modo preoccupante, il mondo adulto sia inadeguato sui temi della cittadinanza sessuata, questioni centrali tenute lontane dalle aule. Sia chiaro: non tutte le classi presentavano criticità gravi; la maggior parte del corpo docente è stato straordinariamente disponibile a impiegare ore della loro materia per offrire alle classi momenti di scambio e confronto su temi vagamente trattabili come ‘educazione civica’, scelta non sempre facile per via della contrarietà di colleghi e famiglie, che di frequente considerano la scuola non adatta come sede dove discutere di corpi, emozioni, diritti, scelte sessuali. Anche per questa formazione ci sono state docenti preoccupate che a quattordici anni fosse troppo presto ragionare di relazioni, violenza, pornografia, quando è ormai assodato che i primi contatti con il mondo del porno online avvengono nelle ultime classi delle elementari attraverso i cellulari regalati ai bambini e alle bambine dalle famiglie, per non parlare di ciò che passa attraverso i social media, quasi sempre ignorati o sottovalutati dal mondo adulto. Non scorderò l’improvvida certezza di un preside, che nel 2018 affermò che nel ‘suo’ liceo classico i giovani non frequentavano il mondo del porno online, ci mancherebbe, quasi si trattasse di una questione di prestigio dell’istituto.

In questo recente viaggio scolastico ho trovato un clima di odio, sofferenza, impotenza e rabbia (ho scelto le parole non a caso per nominare le emozioni che ho percepito) che dai social si è fatto carne, come mai prima, diffuso a vari livelli di età, per culminare nelle ultime classi, tra gli ormai maggiorenni, con espressioni e comportamenti ispirati alle chat degli attivisti Incel e Mra (Men’s Rights Activism).

Dopo la visione del discorso di Emma Watson come portavoce della campagna HeforShe in una quinta di soli ragazzi, le reazioni sono state: ”Le lamentele sulla condizione delle donne sono storia vecchia, non è più così”. “I discorsi sul catcalling sono esagerati: se una ha un bel culo e io commento con un amico non vedo cosa ci sia di male”. “Comunque questi comportamenti ci sono sempre stati e sempre ci saranno, è la natura”. “Anche le ragazze fanno apprezzamenti”. “Il mestiere più antico del mondo sappiamo quale è, e quindi se una si comporta in un certo modo è ovvio che poi ci sono conseguenze”. “Il femminicidio non esiste, è tutta propaganda”. “Anche le donne sono aggressive”. “Gli uomini, forse, uccidono di più delle donne, ma gli uomini si suicidano per le donne, e nessuno ne parla”.

In un parossismo di confusione, molto significativa, tra violenza e abbandono, un ragazzo ha esclamato: “La mia ex mi ha lasciato, avrà avuto i suoi motivi, ma se una tradisce poi si deve aspettare che uno reagisca”. Un altro si è alzato di scatto, quasi rovesciando la sedia, con stupore e un po’ di preoccupazione da parte dell’insegnante, sostenendo che il suo aspetto, (forse lievemente sovrappeso, ma nulla di eccessivo) era causa di commenti malevoli da parte delle ragazze, e che quindi non si venisse a menarla con le discriminazioni e il sessismo.

Molte delle affermazioni che ho riportato sono frequenti negli attivissimi forum Incel, in quelli dei padri separati e in generale sui social, che nei mesi del lockdown hanno prosperato tra i ragazzi, nel chiuso dei loro computer e cellulari. Meno di un anno perché la propaganda Mra si diffondesse senza argini.

Un ragazzo, particolarmente accalorato sulla necessità della prostituzione, alla mia domanda sul perché un uomo giovane e sano comprasse una donna invece di incontrarne alla pari per avere un rapporto, e se questo non fosse umiliante per l’uomo stesso ha esclamato, con forte approvazione della classe: “Perché le donne in generale preferiscono quelli belli e ricchi, quindi ci si sente soli, perché è un diritto sfogarsi, ed è una palla portare una fuori a cena che poi magari non te la dà”.

L’insegnante, alla fine di due ore davvero difficili, mi ha detto di non aver mai incontrato, in cinque anni, la stragrande maggioranza dei genitori dei ragazzi, un copione che ho già visto in occasione del secondo spettacolo di Manutenzioni-uomini a nudo nella versione per le scuole quando, la sera dell’8 marzo 2019, a Valdagno, meno della metà delle famiglie riempì il teatro per vedere i figli sul palco.

Se è vero che l’empatia è un sentimento indispensabile per la convivenza e per le relazioni, quindi per la democrazia, che si impara anche e soprattutto dall’esempio, dall’educazione e dalla trasmissione dal mondo adulto a quello più giovane allora è il caso di prestare attenzione. Molta attenzione, dal linguaggio ai comportamenti che ne conseguono, dei ragazzi che ancora sono dentro il ciclo scolastico, perché giovani uomini incapaci di empatia, lasciati soli a trasformare la loro fragilità da preziosa consapevolezza del limite per se stessi in rancore verso le donne fanno presto a diventare pericolosi.



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