Intervista a Dejan Enev, autore di “Circo Bulgaria”

Dejan Enev, autore di "Circo Bulgaria" (Bottega Errante Edizioni, 2023), è uno degli autori bulgari più noti e tradotti all’estero e, in tutti i suoi racconti, ambientati in manicomi, caserme fatiscenti e cime remote, offre uno spaccato vivissimo della società e degli sconvolgimenti politici che hanno interessato il suo Paese dall’89 a oggi.

Roberto Rosano

Signor Enev, i lettori italiani non leggono molto i racconti, nonostante Calvino, Fenoglio, Ginzburg …
Ma voi avete Alberto Moravia, che è uno dei narratori più grandi. Ho riletto diverse volte i suoi Racconti romani, e sia in Čechov che in Moravia non riesco a cogliere il segreto di questa loro narrazione …
I bulgari amano i racconti?
Nella nostra letteratura, il racconto è davvero una pietra miliare. Sicuramente tra i maggiori rappresentanti del genere ci sono Elin Pelin e Jordan Jovkov, che marcano i 150 anni di storia della letteratura bulgara moderna con la loro presenza.
Che cosa le piace in questa forma di scrittura?
Quando ho iniziato a scrivere, cinquant’anni fa, è stato per me quasi naturale dirigermi verso i racconti. Al momento, ho 25 libri pubblicati, di cui due terzi composti da racconti inediti. Per me scrivere racconti è molto diverso dallo scrivere romanzi. Quest’ultimi richiedono ispirazione, riflessione e una certa concezione di fondo … Il racconto, a mio modo di vedere, si avvicina molto di più all’immediatezza della poesia.
Scrive di getto, d’impulso o è uno riflessivo?
Li scrivo di getto, non appena ho in mente un’idea … Probabilmente i miei testi migliori li ho scritti proprio in questo modo.
Che cosa pensa della letteratura bulgara contemporanea? C’è qualche autore che l’ha influenzata?
Certamente ogni scrittore impara dalle grandi penne che lo hanno preceduto. Ho già menzionato Alberto Moravia, e anche Alessandro Baricco è un autore che mi piace molto.
E come mai le piace tanto Baricco?
Quando l’ho letto per la prima volta – molte delle sue opere sono state tradotte in bulgaro –, ho preso tutti i libri che ho trovato e ne ho letti almeno sei. Lui appartiene alla rara categoria degli “scrittori camaleonti”, quegli scrittori che cambiano in ogni opera. Nella letteratura bulgara abbiamo un autore simile, Galin Nikiforov, che si è isolato nella sua città natale, Dobrič, a scrivere libri via via sempre più belli. Se devo elencare i grandi nomi del racconto direi Isaac Babel’, Salinger, Hemingway – autori che puoi rileggere continuamente e nei quali puoi continuamente trovare qualcosa di nuovo, perché appunto uno scrittore si forma sui grandi maestri e in nessun altro modo.
Nello scritto iniziale che apre la raccolta Circo Bulgaria, c’è un riferimento a Pavel Florenskij, alle porte regali … Dice che non è sempre possibile avere una visione diretta delle cose. Sembra un piccolo manifesto poetico di intento e di scrittura … È così?
Sì, si potrebbe senz’altro così. In effetti, in quel passaggio si parla di una inconsistente luce divina, e di come il pensiero sia più veloce della luce, e di ciò che aiuta la letteratura a essere tale. Mi ricordo di una conversazione con uno scrittore di qui che ormai non c’è più, Dončo Tsončev. Si parlava di ciò che, col tempo e l’esperienza, inevitabilmente accade a ogni scrittore: se scrivi e descrivi in modo esplicito, ad esempio scene erotiche, crei una sorta di pornografia, mentre l’amore e tutto ciò che c’è di importante vanno raccontati e “fatti accadere” anche attraverso i silenzi tra le parole. In questo senso, io ritengo che abbia un potere evocativo estremamente più forte quello che rimane misterioso … Il non detto, tutto quello che non viene espresso fino in fondo mi affascina.
I bambini che abitano i suoi racconti sembrano avere una sapienza tutta loro, un potere immaginativo molto profondo.  In che rapporti è con l’infanzia e che idea ne ha?
Sono convinto che l’infanzia sia una delle più grandi fonti di ispirazione per un artista, perché è inesauribile. Perché nell’infanzia tutto è un gioco, la fantasia non ha confini e non esiste la paura della morte. Per questo amo inserire immagini tratte dall’infanzia e tornare così alla mia, che è stata molto bella e ricca: ho abitato in campagna fino ai 7 anni, con mio fratello gemello. Facevamo lunghe passeggiate in paese. Una vita che i bambini di adesso quasi disconoscono, una vita che adesso quasi non c’è più.
Anche gli animali sono al centro di molti suoi racconti (Koko, Dalla vita dei ricci, Matrimonio) …
Visto che abbiamo nominato Jovkov, aggiungo che una delle sue raccolte di racconti più belle s’intitola proprio Se potessero parlare. La conoscenza e la vicinanza con gli animali è un altro elemento importante che dovrebbe interessare uno scrittore. Gli animali nascondono anche molti segreti, possiamo dire che nascondano anche un’anima, provano emozioni molto interessanti. Per vent’anni ho avuto una gatta, Zara e, una volta, quando abbiamo chiamato il veterinario a casa, gli ho chiesto: “Si può dire che gli animali abbiano un’anima?”. E lui ha risposto: “Eh, forse è un po’ troppo”. Zara, però, sembrava smentirlo.
E le sue donne, sono sempre ad un tempo incomprese, isolate ma anche determinatissime. Zornica Popova in Marionetta, Stana Varlačka in Matrimonio, Maria in Mario. Mi chiedevo: com’è cambiato il ruolo delle donne in Bulgaria dopo il crollo del muro di Berlino?
I rapporti sono assolutamente normali, almeno secondo me, non ho particolari osservazioni a riguardo. Fanno carriera, raggiungono i loro obiettivi, sono alcune volte molto dinamiche e combattive. Uscendo di casa molto presto la mattina, verso le 5 o le 6, per le strade di Sofia si trovano più che altro donne. Sono dirette a lavoro e sono molto apprezzate perché molto più resistenti degli uomini, la parte più robusta del genere umano. Sono convinto che l’esistenza e la quotidianità della Bulgaria si reggano principalmente sulle donne, e negli anni difficili dei cambiamenti post-socialisti sono state proprio loro a portare questo nostro popolo dall’altra parte, sano e salvo, in qualche modo.
Alcune immagini dei suoi testi derivano dalla sua esperienza come assistente ospedaliero?
Assolutamente sì. Io ho fatto tutta una serie di “stage” all’ospedale psichiatrico di Sofia e lì ho visto realmente delle cose che negli anni mi hanno aiutato a creare dei buoni testi. Alcune scene sono indimenticabili, ma probabilmente i miei testi migliori sono nel racconto lungo “Obitorio”, risultato della mia lunga esperienza per l’appunto in un obitorio. In generale, uno scrittore usa tutto ciò che ha vissuto … Aver lavorato come assistente è stata una ricca fonte di ispirazione per me.
Queste storie danno al lettore la sensazione di essere fuori dal tempo, ma poi c’è un dettaglio che ci fa capire a quale epoca apparteniamo. Si percepisce un certo contrasto tra aperto-chiuso, giorno-notte, urbanità-ruralità
Penso che il processo creativo sia sempre un grande enigma, che non sottostà a nessun tipo di organizzazione. Mentre scrive, un autore non si rende conto di molte delle cose che vengono fuori nel testo e che poi nella fase di rilettura lo sorprendono. Mi ricordo un mio racconto su un circo, non “Circo Bulgaria” ma un altro, in cui dimostravo di possedere delle conoscenze che non sapevo di avere su quest’arte. Perché, come dice anche Pasternak, lo scrittore, finché scrive, svolge metà del suo lavoro; l’altra metà la svolge il linguaggio che impiega. Le opere nascono da quest’incrocio tra talento e lingua.
Alcuni racconti, ad esempio Oltre le montagne, hanno un’impostazione molto cinematografica. Immagino abbiano avuto degli adattamenti sul piccolo e grande schermo …
Sì, almeno dieci dei miei racconti sono stati adattati e trasposti in cortometraggi, alcuni in modo più riuscito, altri meno. Alcuni anni fa, facevo addirittura i sopralluoghi per questi film. Era molto divertente vedere una mia idea concretizzarsi nel lavoro di un’altra persona, una squadra creativa … È un’interessante sensazione …
I suoi racconti vivono su una strano limes … Parlano di drammi, ma non sono drammatici; dove si dovrebbe piangere, si finisce per ridere, dove si dovrebbe ridere, si prova un grande senso di tristezza. La Bulgaria somiglia a  questo limes?
Non sono molto sicuro su come rispondere. Non ho mai cercato nessun effetto speciale. Ma ovviamente le opere più forti e riuscite sono quelle dove esistono contemporaneamente sia il riso che il pianto, perché vanno a stimolare un’ampia porzione dello spettro di emozioni del lettore. Ma lo dico di nuovo: quando si scrive, non ci si pone l’obiettivo concreto di far ridere o piangere. Il testo, a un certo punto, inizia ad andare per conto suo. Occorre solo la pazienza e la costanza di portarlo avanti e di lasciarlo andare.
Perché Lei gioca tanto con i nomi e i cognomi dei personaggi? Lo ha imparato dai russi, da Dostoevskij, dalla provincia…
Nei primi anni del liceo, ricordo che avevamo dato vita a un piccolo circolo letterario, un po’ goliardico. Lì ho imparato a scherzare così, ho capito che poteva piacere. Ai miei amici piaceva. Così ho iniziato a farlo anche nelle mie opere.
TRADUZIONE DAL BULGARO DI GIORGIA SPADONI



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