Iran, Amnesty International sul rischio di impiccagione dello scienziato Ahmadreza Djalali

Ahmadreza Djalali, lo scienziato di nazionalità svedese e iraniana sottoposto a detenzione arbitraria in Iran dal 2016, rischia di essere condannato a morte per rappresaglia. La comunità internazionale deve intervenire prontamente per evitare che questo accada.

Amnesty International Italia

“Le autorità iraniane stanno minacciando di eseguire la condanna a morte di Djalali per rappresaglia, dopo che le loro richieste d’invertire il corso della giustizia in Svezia sono rimaste inevase. Questo crudele gioco con la vita di Djalali, subito dopo che un tribunale svedese aveva confermato in appello la condanna all’ergastolo dell’ex dirigente delle prigioni Hamid Nouri per il ruolo avuto nel massacro delle carceri del 1988, aumenta le preoccupazioni che le autorità iraniane stiano tenendo in ostaggio Djalali per indurre la Svezia a uno scambio di prigionieri“, ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
“Gli stati della comunità internazionale, compresa la Svezia, devono immediatamente chiedere alle autorità iraniane di annullare qualsiasi proposito di condannare a morte Djalali. Le autorità iraniane devono scarcerare Djalali, porre fine al loro agghiacciante assalto al diritto alla vita e avviare una moratoria sulle esecuzioni. Infine, devono essere sottoposte a indagini per il reato di presa di ostaggi”, ha concluso Eltahawy.
Il 20 dicembre, un giorno dopo la sentenza svedese, gli organi d’informazione statali iraniani hanno diffuso un video di propaganda contenente la “confessione” forzata di Djalali, nella quale egli dichiara di essere una spia israeliana.
Djalali ha sempre negato queste accuse, sostenendo di essere stato costretto a “confessare” sotto tortura. Il video di propaganda contiene anche la “confessione” forzata di Habib Chaab, anche lui svedese-iraniano, condannato a morte in segreto nel maggio di quest’anno. Questa circostanza alimenta ulteriormente le già forti preoccupazioni che Djalali possa essere presto impiccato.
Il 22 dicembre, secondo quanto riferito dai suoi familiari, un funzionario del potere giudiziario ha visitato il detenuto informandolo che il verdetto di colpevolezza e la condanna a morte erano stati “confermati” e che sarebbero stati “attuati presto”.
Il funzionario ha affermato che la Svezia sta tenendo in carcere Hamid Nouri affinché l’Iran rimetta in libertà Djalali. Queste dichiarazioni irrealistiche – considerate tali perché Djalali è in carcere dal 2016, cioè da oltre due anni prima dell’arresto di Nouri – sono state più volte riprese dagli organi d’informazione statali iraniani negli ultimi giorni.
Djalali è stato condannato a morte nell’ottobre 2017 per il reato di “corruzione sulla terra”, al termine di un processo profondamente iniquo celebrato dalla sezione 15 del Tribunale rivoluzionario di Teheran.
In Iran è in corso una spaventosa ondata di esecuzioni, almeno 115 solo nel mese di novembre.
CREDITI FOTO: ANSA / FABIO FRUSTACI

 



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