Iran: è rivoluzione

Nell’anniversario del “novembre di sangue” e a due mesi dalla morte di Mahsa Jina Amini, le proteste in Iran dilagano, coinvolgendo anche i lavoratori in sciopero in tutto il Paese. È la fine del regime?

Cinzia Sciuto

Nel volume di MicroMega che uscirà la prossima settimana Masih Alinejad, giornalista e attivista iraniana in esilio negli Usa, scrive che se alle donne che hanno dato il via alle proteste contro il regime dopo la morte di Mahsa (il cui nome curdo era Jina) Amini si fossero uniti i lavoratori in uno sciopero generale, per la Repubblica islamica sarebbe stata la fine.

Quando abbiamo chiuso il numero era troppo presto per vedere quello che sta accadendo in queste ore: da ieri sono in sciopero e scendono per le strade i lavoratori di diversi settori, inclusi quello petrolifero e dell’acciaio. Le proteste si stanno svolgendo nell’anniversario del “novembre di sangue”, quei giorni di novembre del 2019 quando per reprimere le proteste che stavano scuotendo il paese la Repubblica islamica massacrò 1.500 persone.

All’auspicio di Alinejad mancava un tassello: il regime crollerà quando di fronte alle proteste chi dovrebbe eseguire la repressione – polizia, esercito – deciderà di non farlo. Fino a oggi la reazione del regime è stata spietata: secondo l’organizzazione Iran Human Rights sono state 342 le persone uccise nel corso delle proteste scatenatasi dopo la morte di Maini. Tra queste ci sono anche 43 bambini. E diverse sono anche le condanne a morte di manifestati arrestati.

Ma le proteste di queste ore potrebbero davvero rappresentare una svolta. Dalle frammentarie notizie che arrivano, pare infatti che il regime stia rapidamente perdendo il controllo della situazione. La città curda di Bukan, nell’Ovest dell’Iran sembra che sia nelle mani dei manifestanti, a Teheran ci sono barricate ovunque.

Questi giorni potrebbero dunque diventare il punto di non ritorno non solo per l’Iran, ma per l’intero Medio Oriente e il mondo tutto. La caduta del regime iraniano avrebbe infatti una portata storica analoga alla caduta del Muro di Berlino e al crollo dell’Urss.

Sarebbe anche la prima rivoluzione politica iniziata dalle donne che al grido di “Donna, vita, libertà” hanno messo in discussione le fondamenta del regime, basato su un’oppressione soffocante di tutti gli aspetti della vita dei cittadini e, soprattutto, delle cittadine iraniane. Un popolo che da due mesi instancabilmente scende in piazza rischiando la vita, e lo fa anche con ironia: sono diversi i video che mostrano giovani iraniani e iraniane che fanno cadere il copricapo ai religiosi, mettendo in ridicolo e a nudo un potere che si fonda sul fondamentalismo religioso. La speranza è che quello a cui stiamo assistendo in queste ore passi alla storia come la fine della Repubblica islamica e non come un nuovo “novembre di sangue”.

(Credit Image: © Mercedes Menendez/Pacific Press via ZUMA Press Wire)



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