Iran, l’accordo sul nucleare è “più vicino che mai”

I colloqui di Vienna tra Teheran e i negoziatori occidentali sono entrati in quella che potrebbe essere la loro fase finale. I prossimi giorni saranno decisivi per raggiungere un accordo che sembra ormai vicino, anche se rimangono ancora alcuni nodi da sciogliere.

Giulia Della Michelina

Dopo settimane di intensi colloqui Iran e USA sono «più vicini che mai» a raggiungere un accordo sulla questione del nucleare. È quanto ha affermato mercoledì su Twitter il capo negoziatore iraniano Ali Bagheri Kani. Un segnale di speranza, ma anche di cautela, quello di Bagheri Kani, che ha tenuto a specificare che finché non ci si accorda su tutto «nulla è concordato». Restano dunque dei punti da chiarire ma, secondo il diplomatico, i partner negoziatori devono essere realisti, evitare intransigenze e prestare attenzione alle lezioni imparate negli ultimi quattro anni.

Il tempo delle decisioni sembra dunque arrivato, come confermato anche dal portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Ned Price, secondo cui i negoziati sono giunti allo «stadio finale» e nei prossimi giorni si determinerà se un ritorno al JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) è possibile. È questione di giorni anche secondo il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, che ha dichiarato che il «momento della verità» è vicino.

I colloqui di Vienna, avviati tre anni dopo la decisione unilaterale dell’ex-presidente Usa Donald Trump di ritirarsi dall’accordo raggiunto nel 2015 e l’imposizione di nuove sanzioni all’Iran, stanno per giungere a un termine. L’esito dei negoziati, arrivati ormai all’ottavo round, è però tutt’altro che scontato. In seguito alla messa in atto della strategia della “massima pressione” sull’Iran, il Paese ha ripreso il suo programma nucleare nel 2019 arrivando ad un arricchimento dell’uranio ben superiore ai limiti che aveva imposto l’accordo.

In aggiunta alla richiesta di rimuovere le sanzioni, Teheran invoca garanzie affinché gli Usa non si ritirino nuovamente dall’accordo. Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian ha dichiarato in un’intervista al Financial Times che l’Iran non si accontenterà della parola di un capo di stato come garanzia per la sopravvivenza dell’accordo. Il ministro ha affermato che è necessaria una «dichiarazione politica» da parte degli attori occidentali (compresi gli Usa) che certifichi il loro impegno a rientrare nel JCPOA.

Amir Abdollahian ha sostenuto che gli impegni dell’Iran sono chiari «come una formula matematica» e ha ribadito la disponibilità di Teheran a sottoporsi ai controlli dell’AIEA (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica). Ma senza la prospettiva di solide garanzie da parte statunitense l’Iran non avvierà colloqui diretti con gli USA. Per procedere in questa direzione il ministro ha inoltre auspicato «passi concreti e tangibili» da parte di Washington, riferendosi probabilmente alla possibilità di scongelare parte dei 10 miliardi di petrodollari iraniani bloccati nelle banche centrali estere a seguito delle sanzioni. In cambio l’Iran sarebbe pronto ad avviare un ingente scambio di prigionieri con gli Stati Uniti.

Nel frattempo negli Usa continua il dibattito tra fautori e oppositori del JCPOA. Mentre i colloqui di Vienna si avvicinano alle battute conclusive e l’accordo appare sempre più vicino, cresce la pressione da parte dei repubblicani e dei “falchi” democratici contrari a resuscitare l’intesa con Teheran. I limiti dell’accordo riguarderebbero la sua incapacità di contrastare due punti cruciali di frizione con l’Iran: il programma dei missili balistici e il supporto iraniano alle milizie ostili a Washington nel Medio Oriente. Secondo i detrattori la ripresa del programma nucleare iraniano dopo il fallimento del primo accordo proverebbe inoltre che un’intesa di questo tipo non sia in grado di smantellare totalmente il programma, ma unicamente di arginarne le pretese. I senatori contrari invocano il voto in aula nell’eventualità di un nuovo accordo, sapendo che la battaglia dei numeri sarebbe serrata e la possibilità di una bocciatura è concreta.

La situazione non appare più distesa a Teheran. Mercoledì scorso il segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale iraniano Ali Shamkhani ha affermato che il JCPOA non ha più alcun valore dal punto di vista economico e ha biasimato l’«inattività» dell’Europa e degli Stati Uniti. In precedenza, Shamkhani aveva sprezzantemente invitato gli USA a prendere una decisione, invece di proseguire con le «speculazioni». Giovedì si è espressa anche la guida suprema Ali Khamenei dichiarando la volontà di proseguire uno sviluppo del programma nucleare per scopi civili e pacifici al fine di preservare l’indipendenza dell’Iran. Durante il suo discorso televisivo Khamenei ha lodato gli sforzi diplomatici della delegazione iraniana a Vienna, ma ha ribadito che l’obiettivo principale rimane la neutralizzazione delle sanzioni.

CREDIT FOTO: EPA/ABEDIN TAHERKENAREH

 



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