«L’islamofobia» e il decadimento dell’Union nationale des étudiants de France

Secondo l'ex direttore di Libération, l’accusa di «islamo-gauchisme» in ambito accademico lanciata recentemente dalla ministra francese dell’Università è grossolana ed esagerata, ma le azioni di alcuni (come quelle di cui si è resa responsabile una tra le più importanti organizzazioni studentesche del Paese) non fanno che dare consistenza alle sue critiche sommarie.

Laurent Joffrin

In occasione di una «giornata per l’uguaglianza», due docenti di Sciences-Po Grenoble rifiutano l’idea che si possano mettere sullo stesso piano razzismo, antisemitismo e islamofobia. L’ultimo di questi termini, dicono, designa la critica di una religione e non una discriminazione razziale, cose diverse che non dovrebbero essere assimilate. Riflesso comprensibile, anche se non si può negare che il rifiuto dell’islam nasconde a volte una esecrabile intolleranza, non nei confronti dei dogmi religiosi, ma nei confronti dei musulmani in quanto persone. Il dibattito è antico e legittimo, merita discussione e approfondimento, come si conviene all’università.

Ma ecco che un gruppo di energumeni, anziché restare nei confini della controversia politica o scientifica, pensano bene di affiggere all’ingresso dell’università una denuncia dei due docenti in questione, definiti, in questo vergognoso collage, «fascisti» e «razzisti» (dimostrando tra l’altro una crassa ignoranza della realtà del fascismo).

Peggio: due organizzazioni studentesche, l’Union nationale des étudiants de France (Unef) e una delle sue cellule dissidenti locali, danno spazio a questa gogna pubblica sui social network, diffondendo queste assurde accuse su scala nazionale. A distanza di qualche settimana dal barbaro omicidio di Samuel Paty –anch’egli definito «islamofobo» da militanti integralisti perché aveva mostrato in classe delle caricature di Maometto – non è venuto in mente a queste due organizzazioni che l’accusa di «islamofobia» e di «razzismo», nel contesto attuale, oltre ad avere carattere diffamatorio, potrebbe far correre a questi due docenti qualche rischio per la loro sicurezza. Criminale irresponsabilità…

Niente di meglio per facilitare il compito degli avversari della sinistra. L’Unef, in effetti, occupa un posto importante nella storia di quest’ultima. A lungo prima organizzazione studentesca, orientata a sinistra, si è distinta nella lotta contro la guerra d’Algeria e poi nella battaglia contro alcuni progetti universitari giudicati contrari alla democratizzazione dell’insegnamento accademico. Organizzazione laica, progressista, crocevia della sinistra studentesca, essa ha tenuto alta la bandiera della giustizia sociale, della libertà d’espressione, dell’antirazzismo e dei valori democratici. Ora, improvvisamente, si è arruolata al servizio di una causa settaria, aggressiva, che flirta con l’integralismo religioso e l’oscurantismo più rancido, che usa la gogna come un’arma legittima, che bracca gli insegnanti malpensanti e concorre al crearsi di un clima di caccia alle streghe negli atenei francesi.

Qualche settimana fa, la ministra dell’Università ha goffamente stigmatizzato «l’islamo-gauchisme» che dilagherebbe in ambito accademico. Un’accusa vaga, esagerata, grossolana, che ingloba realtà diverse, utilizzata a fini puramente polemici. Si confonde, in questo slogan, la pericolosa tattica di alcuni militanti di estrema sinistra che giudicano utile allearsi con l’islam politico in nome dell’«anti-imperialismo» e l’avanzamento di una corrente «intersezionale» e «decoloniale» di origine anglosassone, minoritaria ma rumorosa, che si guarda bene da qualsiasi complicità con il jihadismo. Usando la denuncia pubblica, praticando la squalifica pregiudiziale, accusando a casaccio i propri avversari di razzismo, le due organizzazioni universitarie di Grenoble hanno fatto di tutto per dare consistenza concreta alle accuse sommarie della ministra. Una sola parola: bravi!

(Traduzione di Ingrid Colanicchia)

La versione originale di questo articolo è disponibile al seguente link: bit.ly/3quSL3f

 

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Laurent Joffrin, già direttore di Libération e del Nouvel Observateur, analizza l’esito elettorale in Francia.

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