Italiani in fuga dai libri e dai giornali: cosa rimane della lettura?

I dati delle ultime società di analisi sono inequivocabili: in soli quindici anni la platea dei lettori in questo Paese si è quasi dimezzata. Libri e giornali sono ormai prodotti di nicchia con pochissime persone che ne fanno un uso molto assiduo, e la stragrande maggioranza di persone che li ha totalmente o quasi esclusi dalla propria vita.

Redazione

Fino al 2007, la percentuale di italiani e italiane che comprava un quotidiano in edicola era piuttosto alta: il 67%. Oggi sono rimasti solo il 25,4%. In quindici anni i lettori sono scesi del 41,6%. Ma non sono passati ai quotidiani online: solo il 33% degli italiani infatti è lettore della versione web sui quotidiani. Mentre i siti web generici d’informazione raccolgono online il 58,1% delle persone. È dunque la professionalità a essere in crisi: sia quella giornalistica, sia quella editoriale. L’emorragia dei lettori di libri infatti, che sembrava essersi arrestata negli ultimi due anni grazie ai lockdown che avevano regalato un po’ di tempo e solitudine in più per leggere, è invece ripresa: solo 4 italiani su 6 leggono libri, con un calo del 16,9% rispetto al 2007. Mentre secondo l’Ufficio studi dell’AIE, l’Associazione Italiana Editori, esiste un 17% di italiani (15-74 anni) che leggono, ma solo online o su smartphone. Neanche gli ebook interessano loro: il mercato dei libri su e-reader infatti è fermo al 13,4% degli italiani e molti di questi sono già lettori forti o fortissimi di libri su carta.
Quali sono le conseguenze di questo calo drammatico dei lettori su carta, tanto di contenuti giornalistici quanto di prodotti editoriali? Il CENSIS, che ha presentato il suo Rapporto sulla Comunicazione il 16 dicembre scorso a Roma, parla di press divide: c’è ormai una frattura sociale tra quel 60% circa di italiani che non fa più uso della carta come mezzo d’informazione e quel 40% che continua a usarlo. Cifre che solo nel 2009 erano completamente ribaltate. Il deflusso dalla lettura più importante è avvenuto nella fascia d’eta fra i 45 e i 64 anni. In un solo anno, dal 2021 al 2022, i non-lettori in questo segmento sono passati dal 55,3% al 62,4%. Mentre nello stesso anno i lettori sono aumentati, seppure molto lievementente, fra i giovanissimi e fra gli anziani. È inoltre interessante segnalare che fra i laureati la percentuale di coloro che non utilizza mezzi stampati per la sua dieta mediatica tocca il 50,7% nel 2022.
La lettura di libri si conferma invece un’attività prediletta dalle donne rispetto agli uomini: se in generale infatti è irrisoria la percentuale di italiani che legge almeno tre libri l’anno – il 23,7% della popolazione secondo il Censis – la percentuale cambia sensibilmente in base al sesso: le lettrici abituali sono il 28,2% mentre i lettori abituali a malapena il 19,1%.
Fra i giovani il numero dei lettori abituali è circa il 30%, molti di questi, conferma l’AIE, legge abitualmente fumetti e graphic novel, mentre l’acquisto di saggistica è sceso nell’ultimo anno di ben 11 punti percentuali.

Il paradosso, che ci parla di un rapporto con la lettura strettamente legato alla mancanza di tempo libero, è che la fascia più sottile di lettori abituali sia fra le generazioni di lavoratori più produttive: fra i 45 e i 64 anni leggono infatti più di tre libri l’anno a malapena il 17,2% degli italiani e italiane. È solo dopo i 65 anni che le percentuali risalgono.

Che ne sarà dei quotidiani?
Anche nel declino dell’informazione quotidiana c’è un fattore che viene poco considerato nelle rilevazioni statistiche ma che ha invece probabilmente un rilievo: la scansione del tempo dell’informazione si è del tutto stravolta con l’avvento dell’informazione online, che ha reso la notizia un flusso costante, non più legato al giorno e dunque alla scansione dei giorni – quotidiana, settimanale, mensile – bensì al luogo virtuale dal quale le notizie vengono prodotte in un costante flusso. Oggi il quotidiano come organizzatore dell’esperienza sociale dei giovani è già estinto. Legge quotidiani con regolarità a malapena il 5% dei giovani fra i 14 e i 29 anni: c’è un 95% che non li usa. Ma fra i 45 e i 64 anni non cambia granché: soltanto l’8,8% dei lettori fa uso abituale del quotidiano.

Online, poi, le testate professionistiche soffrono la competizione di un mare magnum di siti d’informazione non professionistici, almeno non in senso giornalistico, che raccolgono la maggior parte dei lettori. È evidentemente anche la gratuità a fare la differenza, sebbene il Censis nel suo rapporto non distingua fra informazione online a pagamento o gratis, ma è soprattutto il fatto che i social media hanno ormai sostituito l’edicola, sono diventati le vetrine virtuali attraverso i quali in un continuo reel d’informazioni gli utenti si vedono scorrere articoli di testate e/o siti web che seguono in modo continuo e profondamente personalizzato. Ciò che si perde con l’estinzione dei quotidiani, oltre alla scansione del tempo data dalle notizie, è anche la condivisione sociale delle notizie stesse attorno alle testate che le riportano: oggi c’è la condivisione social a sopperire al bisogno dei grandi siti d’informazione di creare community attorno a sé, ma la condivisione social appare frammentaria e sottoposta alla cosiddetta esperienza utente. La testata d’informazione non è più un aggregatore sociale, men che meno politico, com’era fino a relativamente pochi anni fa. Rappresenta invece, tuttora, un mezzo d’influenza culturale che educa la sua base di lettori a una certa visione del mondo.

Come reagire
Che tipo di attività stanno mettendo in campo gli editori per reagire a questa apparentemente inarrestabile trasformazione nel pubblico dei media? Se gli editori della carta stampata appaiono tuttora frastornati e non in grado di adeguare l’offerta professionale al pubblico del 2022, più attiva sembra la compagine degli editori dei libri, con le tante iniziative per la promozione della lettura messe in campo negli ultimi anni, specialmente rivolte alle scuole e a più giovani. In questo senso va letto anche lo shock causato nel mondo editoriale dalla notizia che il Governo Meloni, attraverso un emendamento alla Manovra di bilancio presentato alla Camera da Fratelli d’Italia primo partito di maggioranza, intenda cancellare il cosiddetto “Bonus cultura” per i neomaggiorenni, la 18APP che entrò in vigore nel 2016 con il governo Renzi e che conferisce ai diciottenni un voucher di 500 euro da spendere in prodotti editoriali e culturali. La ragione dell’emendamento sta nella critica all’universalità del voucher, che viene riconosciuto a tutti i diciottenni senza distinzione di reddito. Tutte le associazioni degli editori hanno immediatamente contestato non solo gli effetti ma anche la ratio dell’emendamento. In un comunicato stampa dell’AIE si leggono le parole del presidente  Ricardo Franco Levi, che spiega: “La 18app deve essere per tutti: è il modo in cui lo Stato si rivolge a tutti i suoi nuovi cittadini dando loro l’autonomia di poter scegliere come vivere la cultura nel momento in cui diventano adulti, indipendentemente dalle possibilità e dalle scelte dei loro genitori. È una scommessa sul futuro ed è una scommessa che funziona: ogni anno quasi due terzi dei bonus sono utilizzati per i libri, con ricadute fortissime su tutte la filiera”. Secondo i dati disponibili – prosegue il comunicato – un po’ meno di un libro ogni 10 venduto ogni anno nelle librerie fisiche e online italiane è un libro comprato grazie alla 18app. Negli ultimi anni, inoltre, la 18app ha creato una consuetudine dei giovani italiani rispetto alle librerie, dove sempre più spesso si trova un’offerta editoriale tagliata per loro. L’aumento della lettura nella classe di età dai 18 ai 21 anni (dal 46,8% al 54% dal 2016 al 2019), certificato dall’Istat, indica come le abitudini di lettura si mantengono anche negli anni successivi.”

La forza con la quale il mondo del libro – attraverso una non scontata unità d’azione che vede coinvolti oltre all’AIE anche Associazione degli Editori indipendenti, Associazione Librai Italiani, Sindacato Italiano Librai, Federcartolai Confcommercio, Associazione Italiana Biblioteche, SIAE e SLC-Cgil Sezione Nazionale Scrittori – sta reagendo alla paventata fine del bonus per i diciottenni è specchio rivelatore di un’esigenza sempre più drammatica: quella che l’industria culturale e dell’informazione su carta venga sempre più sollevata dall’arena della competizione sul mercato dei prodotti mediatici e sostenuta per il suo valore pubblico, come correlato dell’iniziativa istituzionale per l’Istruzione e la Cultura sottratta alla logica del profitto. Quanto di più urgente anche nel mondo del giornalismo, che diversamente da quello dell’editoria non si è mai attivato finora in nessun tipo di iniziativa o di richiesta d’azione a sostegno dei lettori, e non solo delle imprese editoriali giornalistiche. C’è invece una forte esigenza di riavvicinamento dei cittadini e delle cittadine alla lettura dei prodotti giornalistici, affinché possano riacquistare la fiducia nelle fonti d’informazione tramite una frequentazione più assidua del metodo di lavoro giornalistico. Questo anche per contrarrestare la tendenza – sempre più evidente nel lavoro delle principali testate italiane – ad abbassare il livello di qualità dell’informazione adattandolo alle ricerche online degli utenti, in maggioranza com’è ovvio tendenti all’infotainment, e non al principio democratico del diritto a essere informati, cui si lega il diritto e il dovere di informare.

CREDITI FOTO: Andrea Mucelli | Flickr



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