“La democrazia nemica di sé stessa”: il volume 3/2023 di MicroMega

In questo numero di MicroMega abbiamo chiesto a giornalisti, studiosi, esperti di area e politologi di aiutarci a capire in che modi la democrazia si sta dimostrando permeabile a forme di autoritarismo quando non di totalitarismo, e in alcuni casi insensibile alle richieste di giustizia e protagonismo sociali che provengono dalla gente comune.

Redazione

Il progetto democratico, ossia quello di un autogoverno di cittadini eguali attraverso meccanismi che garantiscano a tutti una reale partecipazione alla costruzione della “volontà generale” e che impediscano forme di prevaricazione della volontà privata di uno o pochi sugli altri, è per sua stessa definizione mai pienamente compiuto e sempre a rischio. Nella lunga linea continua cha va da una piena democrazia (impossibile nella realtà ma definibile asintoticamente) fino ai regimi totalitari, esistono molteplici combinazioni nelle quali tratti autoritari possono coesistere in proporzioni diverse in una cornice democratica. E proprio questi tratti autoritari – che, come fiumi carsici, scorrono magari per molti anni sottotraccia in regimi democratici – rappresentano il più grande pericolo per quello che è il progetto politico più ambizioso che l’umanità abbia mai messo in campo.
In questo numero di MicroMega, il terzo dall’inizio dell’anno, abbiamo chiesto a giornalisti, studiosi, esperti di area e politologi di aiutarci a capire in che modi, nelle diverse zone del mondo, la democrazia si sta dimostrando nemica di sé stessa, cioè permeabile a forme di autoritarismo quando non di totalitarismo, e in alcuni casi insensibile alle richieste di giustizia e protagonismo sociali che provengono dalla gente comune.

Dalla Turchia di Erdoğan di cui ci parla Kerem Öktem all’Ungheria di Orbán raccontata da Balázs Majtényi, dall’autoritarismo “soft” serbo alla deriva teocratica e razzista in Israele illustrati da due reportage del giornalista Christian Elia, passando per il nazionalismo polacco analizzato da Daniele Stasi e giungendo all’Italia oggi governata da chi non si riconosce nella pregiudiziale antifascista, come spiega Pierfranco Pellizzetti, sono tanti, troppi, gli esempi di regimi più o meno democratici che hanno imboccato o stanno imboccando pericolose derive autoritarie. Ci sono però anche laboratori in piena attività che suscitano grandi speranze ma i cui esiti sono ancora incerti: riuscirà la rivoluzione delle donne iraniane – si chiede Maryam Namazie – a trovare uno sbocco davvero democratico senza riconsegnarsi a un passato già visto? La fragile democrazia che l’Ucraina stava costruendo prima dell’invasione russa, di cui ci parla il giornalista Francesco Brusa, sarà capace di continuare il suo percorso dopo la guerra senza lasciarsi tentare dalle sirene nazionaliste e scioviniste? La generazione Naija in Nigeria, raccontata da Chiara Piaggio, riuscirà finalmente ad affrancarsi dal suo passato postcoloniale e a costruire una democrazia piena nel più grande Paese africano?

E ancora: qual è il ruolo del giornalismo nella difesa ma anche nei guasti della società democratica? In un’ampia e plurale tavola rotonda, il direttore Paolo Flores d’Arcais si confronta su questo grande tema con una nuova generazione, studenti e studentesse della Scuola di giornalismo Lelio Basso di Roma.

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IL SOMMARIO DEL NUMERO

Kerem ÖktemTurchia in bilico
Fra catastrofe autoritaria e nuove speranze democratiche 

La Turchia di oggi è un caso da manuale di regresso democratico e politica autoritaria. Erdoğan è un iper-presidente che incentra i poteri esecutivi interamente nelle sue mani. Eppure, proprio mentre sembra realizzato il suo sogno di controllo totale su Stato e società, è emerso un nuovo fronte: gli effetti della crisi economica, dell’incompetenza governativa nella gestione del terremoto e, soprattutto, l’assenza di un progetto per il futuro della Turchia stanno dando linfa a esperienze di opposizione che possono dare filo da torcere al regime e nuova speranza alla popolazione.

Christian EliaSerbia, l’autoritarismo soft che funge da anestetico sociale 

Il potere di Vučić, nazionalista fascista che si è saputo ripulire l’immagine nel presentarsi alle compiacenti istituzioni europee, sta spegnendo la vitalità della società in Serbia che non riesce ad andare oltre piccoli movimenti locali o resistenze ambientaliste minime. Un autoritarismo soft che per molti versi preconizza ciò che potrebbe accadere, osta già accadendo, in Italia.

Francesco BrusaUcraina: la democrazia come destino e come scelta 

Il popolo ucraino che in massa ha deciso di resistere all’invasione russa lo ha fatto anche per non perdere quelle fragili libertà democratiche acquisite con l’indipendenza nazionale e minacciate dal modello putiniano di sovranità. La democrazia ucraina, imperfetta e in fase di ridefinizione anche per contrapposizione al modello russo, chiama d’altro canto a una ridefinizione di sé l’intero sistema democratico occidentale, che si vuole universale senza per questo esserlo davvero.

Daniele StasiPolonia: il nazionalismo che sfida la democrazia europea 

La presenza del soggetto nemico da cui deriverebbe l’esigenza di difesa della nazione costi quel che costi è uno dei dispositivi ideologici più efficaci della retorica politica polacca, e uno dei più radicati ostacoli alla democratizzazione delPaese.La Polonia si puntella su un’idea di destino nazionale comune, che sfida molti dei princìpi di esistenza dell’Ue. E oggi lo fa godendo dell’appoggio americano.

Balázs Majtényi L’Ungheria di Orbán o della costruzione del nemico

La deriva ungherese verso quell’ossimoro che è la“democrazia illiberale” passa da un meccanismo tipico dei regimi autoritari:la costruzione del nemico, che nel caso ungherese è rappresentatoda chiunque non coincida con l’idea etnica di nazione. Invertire la rotta e tornare sulla strada della democrazia senza aggettivi è ancora possibile, ma per farlo c’è bisogno che la società tutta si attivi a sostegno dei valori democratici.

Maryam NamazieOpportunità e rischi per un futuro democratico in Iran

La rivoluzione delle donne e dei giovani in Iran ha fatto paura al regime islamico ma sta anche risvegliando l’appetito di vecchi poteri che gli iraniani conoscono bene, speranzosi di approfittare di una caduta del regime o addirittura di forzarla in senso a loro favorevole. È il caso della famiglia degli eredi dello scià rimosso nel 1979, che con il sostegno di alcune personalità molto conosciute della diaspora iraniana si sta proponendo e accreditando come“il futuro” del Paese. Per gli iraniani tutto questo è un déjà vu.

Christian EliaLa pericolosa deriva teocratica e autoritaria di Israele

Mai come oggi la componente religiosa ha avuto unpeso così decisivo nelle sorti di Israele. È questo chespaventa tanti settori della società civile che stannoscendendo in piazza controil governo estremista di Netanyahu e dei suoi alleatie la sua riforma della Giustizia. Mentre la questionepalestinese rimane sullo sfondo e del destino degliabitanti e cittadini non ebreinon sembra effettivamente importare molto anessuno, neanchefra i manifestanti.

Chiara PiaggioNigeria, un’utopia democratica in cerca di radici

Le elezioni del 2023 nel grande Paese africano, ritenute le più importanti al mondo per quest’anno, hanno lasciato con l’amaro in bocca: il ricambio di potere che tanti giovani nigeriani auspicano da tempo non c’è stato. Ma una nuova generazione rimane in cerca della sua utopia, e continuerà a impegnarsi per cambiare la società.

TAVOLA ROTONDA – Dialogo su giornalismo e democrazia

Immaginare il ruolo del giornalismo nei sistemi democratici del prossimo futuro può mandare in crisi. Ma se le condizioni di lavoro e la fisionomia stessa dei giornalisti e del potere sono cambiate e cambieranno ancora nel tempo, la missione di questo mestiere si conferma sempre la stessa:continuare a raccontare la società e i suoi conflitti, sfidando i sistemi di potere. Un lungo e vivo dialogo sul ruolo presente, futuro e passato dei giornalisti nel sistema democratico fra il direttore e fondatore di MicroMega e studentesse e studenti della Scuola di giornalismo Lelio Basso di Roma.

Paolo Flores d’Arcais in conversazione con Federica Rossi, Marco Marasà, Alessia Saracino, Celeste Gonano, Leone Spallino, Giulia Della Michelina, Arianna Scarnecchia, Nicola Dammacco, Lucrezia Quadri , Lidia Ginestra Giuffrida, Ilaria Cicinelli

ICEBERG – nodi democratici

Fabio ArmaoDemocrazia, rappresentanza, partiti: considerazioni su una crisi ormai sistemica 

Nel momento in cui ci sarebbe maggior bisogno dimarcare le distanze dalle dittature, investendo sullariaffermazione concreta e non retorica dei valoridemocratici, i governi occidentali sembranopiuttosto desiderosi di competere con esse sulpiano delle misure illiberali, quasi volesserodimostrare di poterle sconfiggere sul loro stessoterreno. Le ragioni di questo avvitamento hanno ache fare anche con il deterioramento del concetto di rappresentanza, lo svuotamento di significato dei partiti e la trasformazione della politica in un mercato dei voti.

Chiara CordelliDemocrazia o privatocrazia?

L’ingresso invadente del privato nella gestione dinumerose funzioni della cosa pubblica non solo nonrende la fornitura dei servizi ai cittadini piùefficiente e meno costosa (anzi, dati alla mano èesattamente il contrario), ma mina alla radice ilpatto democratico fra lo Stato e i suoi cittadini,producendo alla lunga danni profondi.

Emanuele FeliceI fallimenti del neoliberismo e la speranza di un futuro migliore

Il neoliberismo rappresenta solo una fase e unavariante del modello liberale, tuttavia il segnodell’ingiustizia e dello sfruttamento delle risorseche ha impresso nelle società occidentali rischia dimettere a repentaglio anche tante conquisteottenute nelle fasi precedenti. Per evitare unasimile catastrofe, al pensiero liberale spettacostruire alleanze con le visioni socialiste e con leistanze ecologiste.

Pierfranco PellizzettiLa strategia dei tagli, assassinio di democrazia 

La decadenza attuale del sistema democratico nonsi spiega tanto con una cospirazione totalitaristicada parte di agenti esterni o traditori interni, quantopiuttosto con un incosciente pilota automatico distampo classista, inserito in tutti i processi chesottostanno alle garanzie basilari di eguaglianzasociale e libero esercizio della cittadinanza.

FUORISACCO

Hans-Georg GadamerLa scienza come professione
Sulla reputazione e la professione della scienza nel nostro tempo
(presentazione di Facundo Bey)

In questo articolo inedito in Italia scritto in pienaguerra nazista il filosofo tedesco, a partire dal nototesto di Weber, si interroga sulla natura del lavoroscientifico come professione/vocazione e sul suolegame con la filosofia, che consiste innanzituttonel nutrire la conoscenza di passione e slanciocreativo, contro gli eccessi di “burocratizzazione”che rischiano di consegnare la conoscenzaalla ragion di Stato.

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Scopri il numero precedente: MicroMega 2/2023, “Parole in guerra”



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