La disuguaglianza è intersezionale

Un recente volume di Barbara G. Bello è un invito a riconsiderare un’importante prospettiva critica aperta dalla teoria femminista: quella che analizza le disuguaglianze tra le persone alla luce del concetto di intersezionalità.

Nicolò Bellanca

La recente monografia di Barbara G. Bello è un invito a riconsiderare un’importante prospettiva critica aperta dalla teoria femminista: quella che analizza le disuguaglianze tra le persone alla luce del concetto di intersezionalità.[1] In geometria, l’intersezione è il punto in cui più rette s’intersecano. Immaginiamo che ogni retta orientata rappresenti un ordine sociale gerarchico: le classi, le identità di genere, le etnie, l’età, la disabilità, lo stato civile, la cultura, il luogo di origine, la cittadinanza e così via. Se attribuiamo numeri ai punti della retta, possiamo stabilire valori maggiori o minori, ai quali corrispondono posizioni sociali elevate o inferiori. Ciascuna persona si colloca all’intersezione di molteplici assi gerarchici: nei vari ambiti della società, ella può talvolta dominare e talvolta essere dominata; ad esempio, le donne bianche sono penalizzate dal loro genere ma privilegiate dalla loro razza. Un soggetto può essere, a seconda del contesto, un oppressore, un oppresso o simultaneamente oppressore e oppresso.

Possiamo distinguere tre forme di disuguaglianza intersezionale[2]. Una è di tipo concomitante: ad esempio, una donna disabile può essere discriminata, in diversi ambiti sociali, a causa dell’identità di genere per l’acquisizione di una posizione di lavoro, e a causa della disabilità per la sua difficoltà a entrare in un edificio pubblico non accessibile a chi usa la sedia a rotelle. In questo caso la vittima è discriminata da fattori che agiscono in maniera concomitante ma separata: genere e disabilità. Un’altra è di tipo additivo, quando qualcuno subisce la discriminazione sulla base di due o più motivi che, nello stesso ambito sociale, si cumulano tra loro. Ad esempio, in un mercato del lavoro che segrega sia sulla base del genere (alcuni lavori sono riservati agli uomini), sia sulla base della nazionalità (alcuni lavori sono disponibili solo per i cittadini), le possibilità che una donna immigrata trovi un lavoro sono ridotte due volte: genere più nazionalità. L’ultima forma è di tipo composto e si verifica quando i vari fattori interagiscono dinamicamente, rafforzandosi a vicenda, attraverso molteplici ambiti sociali. Supponiamo ad esempio che un intellettuale musulmano ed una studiosa cattolica aspirino entrambi a posizioni apicali così in accademia come nella loro comunità religiosa. L’uomo ha maggiori chance, in quanto uomo, di ottenere quella posizione nella comunità religiosa; ed è quindi ancor più favorito per la vittoria del posto universitario, potendo contare, oltre al vantaggio proveniente dal suo genere, sull’influenza che la sua carica religiosa gli conferisce. D’altra parte, l’uomo ha maggiori chance, in quanto uomo, di ottenere la posizione di vertice in accademia; ed è quindi ancor più favorito per la vittoria del posto nella comunità, potendo contare, oltre al vantaggio proveniente dal suo genere, sull’influenza che la sua carica universitaria gli conferisce. Per la studiosa cattolica la logica si rovescia: non soltanto le risulta più difficile ottenere l’una o l’altra posizione apicale, in quanto donna, ma soprattutto appare penalizzata ulteriormente in una gara, essendo penalizzata nell’altra gara. In questo caso la disuguaglianza femminile emerge dalla combinazione di genere e religione, differendo da quella nei confronti delle donne non cattoliche o degli uomini musulmani: genere (moltiplicato) per religione. L’intersezione tra genere e religione non consiste quindi nella mera somma di disuguaglianze staticamente definite, come accadrebbe nel caso additivo, ma in un processo attraverso cui la religione sfavorisce sulla base del genere, e il genere penalizza sulla base della religione.[3]

La disuguaglianza intersezionale opera al livello delle strutture sociali (le istituzioni entro cui le persone agiscono, e che a loro volta producono quelle persone), della costruzione delle identità (ciò che le persone dicono su sé stesse, per chiarire agli altri chi esse sono) e delle rappresentazioni simboliche (le norme, i valori e le ideologie alle quali ogni persona si riferisce). Ogni aspetto della disuguaglianza (la classe sociale, il genere, l’etnia, l’età e così via) si manifesta in modi specifici ad ognuno di questi tre livelli. L’interazione tra i livelli potenzia, oppure attenua, ogni aspetto della disuguaglianza, dando forma a nuovi fenomeni ibridi.[4] Ad esempio, l’interazione di sessismo e razzismo dà forma al gendered racism, al razzismo sessista. In questo caso, per un verso le disuguaglianze strutturali giustificano i pregiudizi, mentre per l’altro verso questi ultimi giustificano le prime: «se gli afroamericani sono percepiti come mascolini e gli asiatici come effeminati; se afroamericani e latini sono stereotipati come lavoratori svogliati, mentre gli uomini asiatici sono ritenuti i lavoratori più affidabili; se infine le donne bianche sono rappresentate come affettuose, mentre le asiatiche vengono considerate emotivamente fredde, questi pregiudizi influenzano i comportamenti economici nelle assunzioni e nelle promozioni, provocando più alti tassi di disoccupazione e guadagni più bassi per afroamericani e latini, nonché “soffitti di vetro” per le donne asiatiche e minori guadagni per le donne di colore».[5]

Insomma, se all’incrocio di due strade, l’una che denota la razza e l’altra il genere, si verifica un incidente, esso non può essere attribuito ad una sola causa, poiché dipende dai veicoli che percorrono entrambe le vie. Come suggerisce questa metafora, l’approccio dell’intersezionalità aiuta a mostrare l’interazione di fattori sociali che conduce ad una multi-disuguaglianza. Esso costituisce però, come annota Barbara Bello, soltanto un dispositivo euristico, procedendo dal quale occorre esaminare i vari modi con cui i differenti fattori interagiscono l’uno con l’altro: purtroppo, la parte maggioritaria della letteratura sul tema si ferma all’inquadramento concettuale del problema, senza svolgere analisi di scienze sociali sul come e sul perché quel problema si manifesta.[6] Inoltre, l’approccio dell’intersezionalità può comportare ambiguità politiche. In un documento di Non una di meno, ad esempio, leggiamo: «Il femminismo intersezionale è una prospettiva politica che abbraccia molteplici lotte contro tutte le oppressioni possibili, senza imporre una gerarchia fra di loro, ma rivendicando le specificità di ciascuna»[7]. A questa tesi si può obiettare che, «al di là delle intersezioni implicate nelle singole situazioni, ricorrono dei domini di potere strutturali, disciplinari, egemonici e interpersonali nelle diverse forme di oppressione».[8] Proprio per rendere effettuale l’azione politica, occorre recuperare l’idea della prevalenza di alcuni domini di potere su altri e quindi di alcune modalità di disuguaglianza su altre. Se ad esempio le disuguaglianze subite da una donna si collocano all’intersezione tra lo status di migrante senza permesso di soggiorno, il genere e la povertà, allora il quesito politicamente decisivo, come osserva Barbara Bello, riguarda l’asse sul quale prioritariamente intervenire, per meglio modificare anche gli altri assi: ha maggiore impatto l’ottenimento di un permesso, i diritti in tema di identità di genere oppure l’accesso a risorse economiche?[9]

Concludendo, l’approccio dell’intersezionalità è uno stimolo potente alla comprensione dello “spessore” delle disuguaglianze. Tuttavia, la sua efficacia si misura sul terreno delle indagini scientifiche specifiche e delle indicazioni d’intervento politico che da esse possiamo trarre.

NOTE

[1] Barbara G. Bello, Intersezionalità. Teorie e pratiche tra diritto e società, FrancoAngeli, Milano, 2020. Accanto a questo libro, un’altra recente opera di sintesi è Patricia H. Collins & Sirma Bilge, Intersectionality, Polity Press, Cambridge, 2016. Nella letteratura sull’intersezionalità, si parla spesso di discriminazioni, invece che di disuguaglianze. In termini intuitivi, si ha discriminazione quando i membri di un gruppo hanno opportunità differenti a causa di caratteristiche personali che prescindono dalle loro capacità; mentre si ha disuguaglianza quando le persone o i gruppi hanno un accesso differenziato alle risorse e alle ricompense sociali. Nell’accezione ampia appena evocata, il secondo concetto abbraccia il primo; ed è per questa ragione che qui mi riferisco soltanto alle disuguaglianze.

[2] Riprendo liberamente la classificazione dovuta a Timo Makkonen, Multiple, Compound and Intersectional Discrimination, Institute For Human Rights, Abo Akademi University, April, 2002, https://www.abo.fi/wp-content/uploads/2018/03/2002-Makkonen-Multiple-compound-and-intersectional-discrimination.pdf

[3] Myra Marx Ferree, “The Discursive Politics of Feminist Intersectionality”, in Helma Lutz, Maria Teresa Herrera Vivar, & Linda Supik (edited by), Framing Intersectionality. Debate on a Multi-Faceted Concept in Gender Studies, Ashgate, Farnham, Surrey, 2011.

[4] Gabriele Winker & Nina Degele, “Intersectionality as Multi-Level Analysis: Dealing with Social Inequality”, European Journal of Women’s Studies, 18, 1, 2011, pp.51-66.

[5] Marlene Kim, “Intersectionality and Gendered Racism in the United States: A New Theoretical Framework”, Review of Radical Political Economics, 2020, 52(4), pp.622-623.

[6] Kanchana N. Ruwanpura, “Multiple identities, multiple-discrimination: A critical review”, Feminist Economics, 14:3, 2008, p.91. Ad esempio, un’importante applicazione dell’approccio dell’intersezionalità si ha con l’analisi dei Gender Regimes proposta da Sylvia Walby. Ella considera quattro domini istituzionali che coevolvono come risultato della loro interazione: economia, politica, violenza e società civile. Le relazioni di genere, intersecandosi con altre disuguaglianze, sono plasmate e modificate entro ciascuno dei quattro domini e nell’intero sistema. Si veda Sylvia Walby, Globalization and Inequalities: Complexity and Contested Modernities, Sage, London, 2009.

[7] https://nonunadimeno.wordpress.com/2017/11/28/femminismo-intersezionale-o-perche-questa-lotta-e-anche-tua-intersezioni-2/

[8] Patricia H. Collins, Black Feminist Thought. Knowledge, Consciousness, and the Politics of Empowerment, II ed., Routledge, New York, 2000, p.21.

[9] Barbara G. Bello, Intersezionalità, op.cit., p.144.



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