La guerra totale di Zelensky

Zelensky mobiliterebbe cielo e terra non solo per difendersi dall’aggressore, ma per annientarlo.

Michele Martelli

Sorvoliamo sulle cause prossime e remote della guerra russo-ucraina, su cui i media di «lor signori», per non parlare di draghi, draghisti e melonisti d’Italia, si sono cuciti gli occhi per non vedere. A cominciare dalla promessa di Reagan a Gorbaciov di non allargare la Nato a Est; cosa che per evidenti ragioni, trattandosi di un’organizzazione militare al comando degli Usa e dotata di armi atomiche, avrebbe messo a rischio la sicurezza della Russia, nonché quella europea e internazionale, come poi è avvenuto. Per finire con le esercitazioni militari Nato-Usa su larga scala nell’Ucraina presieduta da Zelensky, nei mesi precedenti l’invasione russa. Nei giorni scorsi abbiamo saputo dal Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, ex leader laburista norvegese, che nel 2021 Putin propose l’apertura di un negoziato (forse per riproporre gli accordi di Minsk II sull’autonomia del Donbass), che fu respinto dalle autorità nord-atlantiche e da Zelensky. Chi può dire che l’ex-laburista, bontà sua!, e il presidente-attore lavoravano per la pace?

Ieri L’America di Kennedy non poté tollerare i missili sovietici a Cuba, e il mondo atterrito fu sull’orlo di una guerra nucleare. Perché oggi la Russia di Putin avrebbe dovuto seraficamente accettare che la Nato di Biden, e suoi «cavalier serventi», «abbai alle porte di Mosca»? Per un folle raptus suicida? Per replicare il suicidio dell’Urss? Prima dell’invasione, Romano Prodi, ex-presidente della Commissione europea (1999-2004), riteneva l’Ucraina un «necessario Stato-cuscinetto» tra Nato e Russia; al contrario di Zelensky, che aveva già chiesto l’ingresso del suo paese nel Patto atlantico, richiesta già inserita persino nella Costituzione ucraina. Così facendo, propiziava la pace o la guerra il presidente ebreo che nel frattempo arruolava nelle Forze armate ucraine le milizie neonaziste che seminavano stragi nel Donbass, abitato da una maggioranza russofona, applicando una nuova forma di razzismo, non più antisemita ma antirusso? Putin, si dice, è un dittatore, e con l’aggressione si è messo irreversibilmente dalla parte del torto. Ma oggi, dopo 19 terribili mesi di guerra, non è urgente, da ambedue le parti belligeranti, deporre le armi e sedersi al tavolo delle trattative di pace? Ma è democratico Zelensky, che ha bandito gli oppositori, unificato sotto il suo potere le reti tv nazionali, e proibito agli ucraini ogni proposta di pace che non sia la sua? Lo stato di guerra giustifica forse questa sorta di putinizzazione dell’Ucraina, sponsorizzata da Biden e dalla Nato?

L’unica proposta di pace, per Zelensky, è soltanto la sua Peace Formule in 10 Punti, da lui ripresentata il 20 settembre scorso alla 78a Assemblea generale delle Nazioni Unite. Che cosa prevede? Un irrealistico ritorno allo status quo ante, con la cessione russa delle regioni del Donbass e persino della Crimea, e, tra l’altro, «l’istituzione di un tribunale speciale» contro «i crimini di guerra commessi dai russi» (voleva dire «dai militari russi e da Putin»). Sarebbe come se Clinton, Blair e Wörner, l’allora Segretario della Nato, cioè i responsabili dei devastanti bombardamenti terroristici su Belgrado e la Serbia nel 1999, fossero stati processati all’Aja per «crimini di guerra». Zelensky sa che al loro posto fu processato Milosevic, il presidente serbo, ossia l’aggredito, non gli aggressori? Così va il «mondo alla rovescia» della politica dominata dagli Usa, i suoi finanziatori e «armatori».

Nel discorso all’Assemblea dell’Onu Zelensky, oltre alla sua formula di pace, ha sostenute altre due tesi, una più assurda dell’altra: 1) l’espulsione della Russia dal Consiglio di sicurezza, perché paese aggressore; 2) il «non-diritto della Russia alle armi atomiche», perché «erano dell’Urss». La prima tesi, se approvata, comporterebbe il crollo definitivo dell’Onu, degradata a mera cinghia di trasmissione della Volontà imperiale degli Usa; e poi ne sarebbe oltremodo difficile l’approvazione, dato che la maggior parte dei paesi membri, e soprattutto quelli coordinati nel cosiddetto Brics, sono per la neutralità o la mediazione; e infatti di tale tono è stato l’intervento all’Onu di Lula, il presidente del Brasile, al cospetto di uno Zelensky impietrito. Fantapolitica la seconda tesi. Le armi atomiche, certo, erano dell’Urss, di cui l’Ucraina fu parte integrante, ma in base ad un accordo internazionale, col consenso degli Usa, furono consegnate tutte, anche quelle installate in Ucraina divenuta nel frattempo indipendente, alla neonata Federazione russa, allora presieduta dall’anti-comunista e filo-occidentale Eltsin.

Che vorrebbe Zelensky, re-impossessarsi di quelle armi, per opporsi anche sul piano atomico a Mosca, dando esca ad una guerra nucleare europea, che diverrebbe inevitabilmente totale, globale? Il diritto all’autodifesa può pretendere così tanto? Zelensky mobiliterebbe cielo e terra non solo per difendersi dall’aggressore, ma per annientarlo. Forse sull’esempio di Churchill, che dal 1940 al 1942, per difendersi dall’attacco nazista, scatenò una tempesta di bombardamenti terroristici sulla Germania, con l’ordine di colpire non «le fabbriche, i cantieri navali e gli arsenali militari», bensì le città tedesche, i civili inermi e le «aeree edificate»; ma poi i bombardamenti continuarono fino al 1945, a guerra ormai stravinta, quindi per hybris: Amburgo, Berlino e Dresda (200 mila morti) furono rase al suolo. Calpestate tutte le norme di guerra, oltre che gli imperativi morali minimi (Michael Walzer). Ma oggi una guerra nucleare anche tattica, limitata all’Europa, ammesso che sia possibile, la trasformerebbe in un immenso cimitero. Eppure Zelensky fa di tutto per coinvolgere nella guerra anche la Nato, anzi il mondo intero, se potesse. Prova ne sia il drone russo, che poi era ucraino, caduto in Polonia. Per cui Zelensky invocò l’intervento diretto della Nato secondo l’articolo 5 del Trattato. Che, se posto in atto, sarebbe stato l’inizio dell’escalation di una guerra totale atomica. In base a quale ragionevole principio giuridico o morale il diritto all’autodifesa di un singolo paese può, nella disperazione, spingersi fino a provocare l’Olocausto nucleare dell’intero genere umano?



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