La letteratura contemporanea: per una mappa del nuovo mondo

MicroMega inaugura uno spazio che intende essere una mappa per muoversi attraverso la letteratura d’oggi.

Andrea Maffei

Tutte le puntate

Haruki Murakami / Assia Djebar
Guido Oldani / Louise Glück
Blanca Varela / Serhij Žadan
Jamaica Kincaid / Bob Dylan
Antonio Lobo Antunes / Annie Ernaux
Tomas Tranströmer / Alice Munro

Certo il maggiore ostacolo per chi oggi desideri approcciarsi alla letteratura contem­poranea è l’assenza di un canone. Già tre secoli in anticipo sulla nascita di Cristo, presso la leggendaria biblioteca di Alessandria, due dottissimi studiosi dell’epoca, Aristofane di Bisanzio e Aristarco di Samotracia, compilavano il più celebre canone mai scritto, indicando, suddivisi per genere letterario, i maggiori poeti, drammaturghi, filosofi, storici e oratori in lingua greca, affinché chiunque si avvicinasse al mondo delle lettere sapesse esattamente cosa fosse irrinunciabile. Idealmente, anche limitan­dosi a studiare gli autori presentati, costui avrebbe potuto già considerarsi un lettera­to.

Ogni società ha in vero necessitato sempre, nel suo approccio all’Arte e non solo, di un canone, cioè non altro che di una misura di riferimento. Oggi però il canone lette­rario è di fatto frazionato nel programma di studi superiori di ciascun Paese e, soprat­tutto, votato soltanto al passato: e il mondo culturale italiano, anche per via delle im­mense glorie dei secoli trascorsi, ha una vocazione passatista in special modo marca­ta.

Proviamo però a essere più chiari. Si assuma a mo’ d’esempio un lettore di medio-alto livello, con preparazione universitaria. Questi dischiude la porta d’una qualunque libreria con l’intento di acquistare un volume di autentica letteratura contemporanea, un qualcosa che insomma possieda valore artistico, qualcosa che un giorno rientrerà nei programmi scolastici a cui si accennava di sopra. Appena in negozio, tuttavia, quale spettacolo gli si offre? Ebbene, innanzi ai suoi occhi si apre anzitutto una libre­ria così ingombra di volumi che, se si volesse immaginarli come gli ultimi rimasti a disposizione, il tempo di una vita non sarebbe sufficiente a leggerli tutti. La libreria è poi strutturata sul modello del supermercato. In quest’ultimo ci si domanda, “Chi potrà mai consumare tutta questa merce?”, così come entrando nella prima: “Chi leg­gerà mai tutti questi libri?”. La risposta è la medesima: nessuno, poiché una parte con­sistente di ciò che si vede prima o poi finirà al macero o, nella migliore delle ipotesi, in un magazzino. Spesso la musica diffusa, informe, è la stessa per librerie e supermercati. Anche le tecniche di vendita sono identiche. I clas­sici (gli alimenti di base) possono pure essere lasciati in uno scompartimento non troppo in vista, giacché tanto il cliente li troverà a ogni modo. Bene in mostra sono invece i prodotti più nuovi, quelli appena immessi sul mercato, dall’aspetto lucido, invitante. Presso la cassa è infine il regno dell’acquisto impulsivo (con edizioni mini­me, ma anche articoli di cancelleria).

Il nostro lettore, dunque, come riuscirà a destreggiarsi? A scuola gli hanno parlato di Verga e D’annunzio, ad esempio, senz’altro entrambi migliori della gran maggioranza degli autori odierni. E se però egli volesse insistere nel suo desiderio, quello di sfo­gliare oggi un classico dell’avvenire? In un mondo (occidentale) in sovrapproduzione permanente – non solo di merce e informazioni, ma anche di libri – sarà egli condan­nato a darsi alla pubblicità più efficace, oppure esiste, se non un canone, almeno qual­che punto di riferimento?

Proviamo a valutare alcune soluzioni. Affidarsi a una casa editrice? Ma i tempi degli editori alla Calvino sembrano scaduti (e da poco è purtroppo scomparso anche Rober­to Calasso) e le case editrici debbono, per sopravvivere, inserire pure nelle loro più il­lustri collane autori e autrici certo di più agevole lettura, ma anche meno validi e, in qualche caso, vera e propria paraletteratura, per impiegare un termine ormai in disuso ma utile, e che forse andrebbe riesumato. E se invece si tentasse di seguire passo pas­so un certo poeta o narratore di comprovata qualità? Ma il nostro lettore vuole appun­to trascendere il già conosciuto, il già letto: intende – temerario! – scoprire qualcosa di nuovo, anzi: di nuovo e splendido.

L’Accademia Reale di Svezia assegna annualmente il premio Nobel a una scrittrice o a uno scrittore che nel corso della loro carriera si siano particolarmente distinti. Le scelte dell’Accademia possono senz’altro aiutare il nostro lettore a orientarsi nella in­tricata letteratura contemporanea. Nel corso dei decenni, infatti, il premio Nobel ha saputo versatile affrontarla ora con intento descrittivo e ora prescrittivo, cioè dimo­strandosi talvolta retroguardia e talaltra avanguardia. Ha colto in tempo sia il lungo processo di disgregazione del romanzo (tuttora in corso), che la frantumazione del pa­norama letterario in molteplici centri indipendenti tra di loro, consapevolezza rag­giunta forse appieno attraverso l’ingrossarsi di quel fiume carsico ch’era ed è la let­teratura post-coloniale, di cui l’Accademia, da Soyinka (insignito nel 1986) a Gurnah (insignito l’anno scorso), è stata in grado di comprendere e valorizzare la portata. Non solo. Si è premiato lo sperimentalismo più audace (si pensi a Pinter, ad Handke), si è perfino riusciti ad allargare il concetto di letteratura (con Dario Fo, con Dylan) e si è resistito anche a certe squillanti, assillanti ma mendaci Sirene provenienti dall’editoria e dai media (lasciando per esempio Murakami senza premio, almeno fino a ora). Secondo il nostro punto di vista, auspicabile è che in futuro l’Accademia operi sempre più in veste di avanguardia – magari tornando a considerare, come già in passato, papabili al premio anche i filosofi (e Slavoj Žižek sarebbe un perfetto candi­dato) – limitando il suo ruolo descrittivo ai grandi esponenti d’una generazione, come ultimamente fu Philip Roth o adesso è, ci verrebbe da dire, Kundera.

Per quanto utile, al fine di districarsi fra la letteratura contemporanea il Nobel non è però ancora un mezzo sufficiente, e ciò per due ragioni principali. Anzitutto bisogna sottolineare come nel tempo si siano anche fatte scelte non oculate, con mancate meritatissime assegnazioni e premi consegnati a chi non li valeva, forse, fino in fon­do. Occorre infatti rammentare che l’Accademia esercita, ma soprattutto subisce pres­sioni politiche, che talvolta sfociano in veti incrociati, per via di appartenenze ideolo­giche o nazionali, i quali fanno sì che, fra due candidati egualmente meritevoli, pre­scelto sia infine un terzo che lo è meno. In secondo luogo, il Nobel per i nostri scopi non risulta bastevole strumento perché si esprime troppo raramente: una sola volta all’anno. La letteratura contemporanea, invece, ha carattere torrenziale, è caotica e mai cheta come le moltiplicantisi metropoli del globo, per cui quando una dorme l’altra già veglia, e il movimento non si arresta mai. Essa deborda, esplode in novelle sorgenti laddove meno ce la si sarebbe attesa, e gli scrittori d’Italia e d’Australia, del Sudafrica e della Norvegia, del Canada e del Perù hanno ormai un comune substrato culturale, sotto cui ne sta un altro, più ampio, più profondo, più fertile, differente in ogni luogo: e così le loro opere si rassomigliano e son tutte diverse al tempo stesso.

Con il presente scritto MicroMega inaugura uno spazio che, per come inteso, intende per l’appunto rivelarsi lo strumento di cui sopra si lamentava la mancanza: una mappa, per muovere attraverso il mondo totalmente inedito che è, sovente, per il pubblico italiano la letteratura d’oggi. Quale nome porterà? Mappa del nuovo mondo, dal titolo d’un celebre componimento del poeta caraibico Derek Walcott, Nobel nel 1992 e fra i massimi esponenti del già cita­to post-colonialismo. Di volta in volta si sottoporranno all’attenzione della lettrice e del letto­re un’opera a testa per una scrittrice e per uno scrittore, ciascuna recensione non oltre le cinquecento parole, per consentire una fruizione il più possibile diretta e intensa. Le autrici e gli autori selezionati saranno o premi Nobel o candidati al Nobel (per co­modo si impiegherà tale concetto, seppure assai vago, poiché la lista dei veri candida­ti è segreta) entro e oltre l’anno crinale 2000. Seguendo con l’esplorazione, la mappa progressivamente assumerà forma.

Ci si spingerà pertanto dentro una foresta spesso totalmente vergine, sconosciuta, per­sino a volte non ancora neanche immaginata. A fatica nel suo corpo ci si apriranno sentieri e nel corso del tempo, si spera, essi procederanno abbastanza da riuscire a sfociare su altri spalancati in precedenza, mentre alcuni percorsi dovranno giocoforza venire sconsigliati, perché malagevoli, ambigui, pericolosi. Magari addentrandosi per questa selva ci si imbatterà in stupefacenti, esotiche epifanie: forse, circondato da fel­ci e palmeti, bianco e polveroso nella luce abbagliante del mattino, apparirà lo schele­tro di un gigantesco galeone spagnolo, nel cui ventre biondeggia una fitta distesa di fiori, così come l’indimenticato García Márquez vagheggiava. Il viaggio sarà dunque un costante sospingersi al di là, un continuo indagare il non noto, vale a dire – e la lettrice, il lettore debbono bene saperlo, prima di accettare il nostro invito al viaggio – non ciò che risolve, ma al contrario ciò che complica, non ciò che assolve, ma piuttosto ciò che pungola, non ciò che rassicura, ma ciò che inquieta. E d’altronde – si invidino, si compatiscano quelli che possono permettersi di credere il contrario – l’arte, la letteratura non certo è venuta fin qui per portare la pace, è venuta a portare la spada.

Mappa del nuovo mondo: Tomas Tranströmer / Alice Munro



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