La libertà accademica come valore e pratica nelle università: l’esperienza di Scholars at Risk

Dalla Bielorussia alla Turchia, studenti e docenti vengono espulsi dalle università, arrestati e imprigionati. Per proteggere la libertà accademica anche in Italia è nato un nodo della rete internazionale Scholars at Risk.

Ilaria Berti, Francesca Helm, Claudia Padovani

Bielorussia, Turchia, Iran, Egitto, sono solo alcuni contesti vicini all’Italia dove la libertà accademica è sotto attacco da anni da parte di regimi repressivi; paesi in cui studenti e docenti vengono espulsi dalle università, arrestati e imprigionati. Come proteggere la libertà accademica e quale sia la responsabilità del mondo accademico sono questioni sempre più dibattute in Italia e nel contesto europeo e internazionale. In questo panorama, e per dare risposte concrete alle sfide in atto, è stato costituito due anni fa il polo italiano della rete internazionale di Scholars at Risk, che opera in 40 paesi del mondo coinvolgendo oltre 500 realtà di alta formazione.

La sezione nazionale di SAR Italia è una partnership tra istituti di istruzione superiore, centri di ricerca, associazioni accademiche che opera nella cornice di Scholars at Risk. Presentata ufficialmente all’Università di Padova il 19 febbraio 2019, su iniziativa dell’università patavina e di quella di Trento, SAR Italia mira a promuovere la libertà accademica come valore e come diritto fondamentale; a sostegno della libertà di espressione e opinione di chi fa ricerca; per la protezione dei diritti fondamentali di insegnamento e condivisione dei saperi; e per la libertà di associazione e movimento di studiosi e studiose a livello globale, ma anche nei loro contesti locali. Dalle quattordici realtà inizialmente aderenti, SAR Italia è cresciuta velocemente e oggi conta un totale di 28 membri, oggi impegnati in tre differenti aree di azione, ciascuna essenziale per affrontare le sfide della libertà accademica sul piano dei valori ma anche delle pratiche quotidiane.

Prima fra queste aree di azione è la protezione: SAR Italia, anche grazie al sostegno di fondazioni, amministrazioni locali ed enti finanziatori internazionali (ad esempio Scholar Rescue Fund), si preoccupa di ospitare studiosi e studiose in fuga da persecuzioni e violenze nei loro paesi, accogliendoli presso dipartimenti dove essi possano proseguire le proprie attività di ricerca. Attualmente sei studiosi/e sono ospitate da atenei italiani, che per fare tesoro dell’esperienza stanno elaborando strumenti a supporto di queste iniziative di ospitalità. Fra questi strumenti un ‘vademecum’ che fornisce indicazioni e linee guida su aspetti burocratici e amministrativi, ma anche legati all’attività di accompagnamento e ‘mentoring’ degli ospiti, e alla loro sicurezza. Per rafforzare le capacità di ospitare presso gli atenei italiani studiose e studiosi a rischio, si è anche elaborato un programma nazionale di borse di studio che SAR Italia intende negoziare con le autorità nazionali; e nella stessa direzione si stanno avviando collaborazioni a livello regionale fra università, enti pubblici e fondazioni bancarie, in particolare nel Triveneto e in Toscana.

Seguono attività di ricerca e la formazione, quali l’organizzazione di conferenze annuali, seminari per docenti e ricercatori, ‘Speaker Series’ che offrono ai ricercatori ospitati occasioni di confronto scientifico, e al contempo costituiscono momenti importanti affinché il pubblico italiano possa acquisire maggiore consapevolezza delle circostanze specifiche in cui la libertà accademica viene violata. Per rafforzare queste attività SAR Italia opera attraverso gruppi di lavoro e di ricerca su tematiche quali i diritti umani, le libertà in ambito universitario in contesti a rischio, dall’Egitto all’Iran, e sulle politiche di accoglienza nel nostro paese.

Infine l’area che nell’ultimo anno ha impegnato la rete italiana al di sopra delle aspettative: l’advocacy. Ovvero l’organizzazione e la partecipazione ad azioni a sostegno di singoli studiosi minacciati nei loro paesi d’origine, e spesso imprigionati e condannati con accuse fasulle e pretestuose (terrorismo, attentato alla sicurezza dello Stato); come pure a sostegno di situazioni che coinvolgano realtà universitarie e comunità accademiche in senso ampio, come nei recenti casi dell’Università Boğaziçi in Turchia e della repressione seguita alle elezioni del 2020 in Bielorussia, che hanno colpito duramente la comunità accademica.

Di queste situazioni, fra le molteplici iniziative, si occupano gli ‘Students advocacy seminars’ e le ‘cliniche legali’, che alcuni membri di SAR Italia organizzano coinvolgendo una parte essenziale della comunità accademica: gli studenti. Con loro si svolgono attività di ricerca, si preparano casi da portare davanti a Comitati internazionali per la tutela dei diritti umani, si creano e realizzano azioni mirate e campagne, si sviluppano collegamenti con altre realtà attive per la protezione dei diritti di ricercatori e ricercatrici: organizzazioni come Amnesty International, altri gruppi di studenti, membri del Parlamento italiano ed europeo. Tutto questo attraverso una collaborazione stretta – in gran parte resa possibile, partecipativa e vivace grazie ad un uso innovativo delle tecnologie digitali – fra le realtà italiane, l’ufficio europeo di SAR che si occupa di advocacy, e il prof. Adam Braver (Roger Williams University negli Stati Uniti) coordinatore dei SAR Student Advocacy Seminars a livello internazionale.

Nell’anno accademico 2019 – 2020, il Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali dell’Università di Padova in collaborazione con il network internazionale Scholars at Risk ha organizzato il suo primo seminario a Padova. Gli studenti del corso di laurea magistrale in “European and Global Studies” si sono occupati dei casi di due studiosi illegalmente detenuti in Iran: Ahmadreza Djalali e Niloufar Bayani.

Ahmadreza Djalali, medico e docente iraniano esperto di medicina delle catastrofi, accusato di spionaggio e collaborazione con Israele e per questo condannato a morte dal governo dell’Iran nel 2016, è stato per anni sostenuto dalla comunità accademica internazionale anche attraverso lettere stilate da diversi Premi Nobel e da reti di protezione dei diritti umani, da Amnesty International a SAR stessa. La sua situazione rimane gravissima, poiché è stato condotto in isolamento nel novembre 2020 in attesa dell’esecuzione della sentenza capitale, e in isolamento è rimasto fino ad oggi, senza che le autorità Iraniane fornissero alcuna risposta alla molteplicità di appelli sollevati per la sua scarcerazione.

Niloufar Bayani, biologa e attivista iraniana, esperta collaboratrice con il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, attiva in Iran con la Persian Wildlife Heritage Foundation, arrestata nel 2017 e condannata anch’essa per spionaggio a dieci anni di carcere con un processo tenutosi a porte chiuse. Anche nel suo caso la comunità internazionale si era già espressa, in particolare con il coinvolgimento di associazioni accademiche rilevanti.

A sostegno dei due studiosi gli studenti hanno deciso di condurre delle campagne di advocacy principalmente tramite piattaforme online, anche a causa della condizione pandemica che ha ristretto qualsiasi possibilità di agire nel campus universitario ad esempio organizzando presidi. Hanno lavorato sulle pagine Wikipedia degli studiosi, fondamentali fonti di informazione per persone interessate che effettuino ricerche online, riportando anche i diversi interventi a supporto dei due studiosi da parte di istituzioni quali il Parlamento Europeo e il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Dopo aver integrato la pagina di Wikipedia in lingua inglese, nel caso del Dottor Djalali gli studenti si sono anche occupati di tradurre le informazioni in altre lingue – quelle dei componenti del gruppo: tailandese, italiano e ucraino – al fine di renderle più facilmente fruibili in diversi paesi. Hanno poi organizzato un incontro online, il 30 giugno 2020, dal titolo “Mobilitiamoci per la Libertà Accademica” per sollecitare l’opinione pubblica italiana ed esercitare una certa pressione sulle istituzioni; incontro che ha visto la partecipazione del Senatore Luigi Manconi, fondatore dell’organizzazione “A Buon Diritto Onlus”, e di Annunziata Marinari, referente della sezione italiana di Amnesty International. Al contempo gli studenti hanno stabilito contatti con membri del Parlamento italiano, in particolare con la Senatrice Elena Cattaneo, sostenitrice dell’etica della ricerca e della libertà accademica, e da tempo attenta alla situazione del Dottor Djalali. Infine gli studenti si sono concentrati sui social network, attraverso l’uso di “hashtag” appositi come #freeahmadreza e #freeniloufar, cambiando la propria immagine del profilo con un’apposita cornice da loro disegnata, creando un “flash mob” dedicato. In particolare a sostegno di Niloufar Bayani gli studenti hanno deciso di amplificare le voci esistenti anche attraverso l’uso di linguaggi diversi, contattando un’artista che ha sviluppato un’immagine ad hoc di Bayani, che, insieme allo slogan “No MA or PhD prepares for jail or persecution”, servisse a favorire la condivisione di informazioni sulla sua prigionia e storia. Per creare un ponte fra lo spazio globale dell’azione online e il contesto locale, gli studenti hanno scritto un articolo sul magazine dell’Università, Il Bo LIVE, e partecipato ad un’intervista per il blog University News, entrambi pubblicati nel luglio 2020.

Le diverse aree di azione di SAR Italia impegnano soggetti diversi nelle nostre università: docenti, studenti, personale tecnico e amministrativo, dirigenti delle Relazioni Internazionali, spesso gli stessi rettori e, sempre più, anche la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), che con SAR Italia ha avviato un proficuo percorso di collaborazione. Vediamo il valore della libertà accademica prendere forma presso i nostri atenei, invitati a rispondere a sfide quasi quotidiane. L’ultima fra queste la diffusione dell’appello congiunto stilato dalle tre università europee presso le quali il Dottor Djalali ha lavorato – l’Università del Piemonte Orientale, la Libera Università di Bruxelles e il Karolinska Institute svedese – e fatto circolare il 26 aprile 2021 in occasione del quinto anniversario del suo arresto. Tutti possono contribuire oggi: #SaveAhmadreza e #Free Ahmadreza.



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