La nuova occupazione della Rai: l’ortodossia, che orrore

I problemi dell'appropriazione della Rai da parte di questo governo sono due: uno, il mancato rispetto del criterio degli ascolti, se non proprio del pluralismo e due, la trasformazione che subirà la cultura "bassa" della tv.

Mauro Barberis

Ieri il governo Meloni, mentre annaspava sulla scena europea, ha compiuto un’altra mossa largamente annunciata: l’occupazione della Rai. Si dirà: ma spartirsi i posti lo facevano anche gli altri, si chiama spoil system, spartizione del bottino, che c’è di così scandaloso se lo fanno pure loro? I problemi, così a naso, sono almeno due. Il primo è che l’occupazione della Rai – servizio pubblico pagato per due terzi con il canone – dovrebbe rispettare almeno gli ascolti, se non proprio il pluralismo. Specie in un quadro dell’offerta televisiva in cui il competitor della Rai, Mediaset, è da sempre il megafono del centrodestra. I casi Amadeus, Fazio e Annunziata, invece, mostrano che alla destra-destra, a differenza del centro-destra, non importano neppure gli ascolti: figurarsi il pluralismo.

Il secondo problema è più complesso, perché riguarda la cultura: parola che al solo pronunciarla, una volta, induceva qualcuno a metter mano alla pistola. Ma tranquilli: non si parla qui della grande cultura di destra del Novecento, della quale i vari Scruton e de Benoist, oggi invocati dalla destra-destra, sono solo stanchi ripetitori. Dopo l’apocalisse nazifascista, oltretutto, i grandi di destra sono sopravvissuti soprattutto grazie alla peggiore cultura di sinistra. Basti pensare al decisionismo di Carl Schmitt attribuito a Craxi: come oggi il Gramsci teorico dell’egemonia viene riscoperto a destra. Con una sola costante, evidentemente: qualsiasi idea va bene, purché sia anti-liberale.

Agli intellettuali organici di destra e di sinistra, allora, bisognerebbe forse spiegare – ma temo che molti lo sappiano già sin troppo bene – che non è la cultura “alta”, come il Dante scippato dal ministro Sangiuliano, a fare la differenza, ma quella “bassa”: la moda, i media, persino Sanremo. La destra fa dunque benissimo, dal suo punto di vista, a occupare la Rai: anzi, è l’unica condizione perché la cultura di destra esista. Solo che anche le spartizioni bisogna saperle fare; con gli intellettuali di destra che si ritrovano a fare gli opinionisti in Rai, si rischia di produrre solo la transumanza degli spettatori verso l’Isola dei Famosi.
A proposito di boomerang: miei colleghi che sino a ieri scrivevano su temi come legge e libertà, oggi pubblicano libretti con la parola “presidenzialismo” nel titolo, salvo precisare all’interno che in realtà intendono il premierato. Con la differenza che mentre il presidenzialismo almeno c’è, ed è in crisi ovunque, il premierato, con il nome del leader scritto sulla scheda elettorale, non c’è da nessuna parte: solo Meloni e Renzi credono che esista. A queste condizioni, dunque, diventa inutile cercare opinionisti di destra-destra: quei pochi sono facilissimi da imitare, sarei capace anch’io.
L’ortodossia, che tristezza: sapere già quel che uno dice prim’ancora che abbia aperto bocca. Presto diventerà inutile pure la satira, che già ora boccheggia: in effetti, i personaggi satireggiati ormai fanno più ridere di quelli che li satireggiano. Si pensi solo al post, di cui è inutile menzionare l’autore, che commentando l’alluvione in Romagna dice: prima vi lamentavate che non pioveva, ora che piove troppo, ma cosa volete? Magnifico: Crozza non avrebbe fatto meglio. Solo che, di questo (s)passo, quelli della mia generazione si troveranno a rimpiangere i tempi in cui, su tre assunti in Rai, uno era democristiano, l’altro comunista, e il terzo bravo.

 

Foto Wikipedia | Laky 1970



Ti è piaciuto questo articolo?

Per continuare a offrirti contenuti di qualità MicroMega ha bisogno del tuo sostegno: DONA ORA.

Altri articoli di Mauro Barberis

Javier Milei, il neo-eletto presidente dell’Argentina, non così è dissimile da Donald Trump. Dalla crisi climatica alla pandemia, nega tutto.

L’appello chiede l’immediato cessate il fuoco a Gaza, il rispetto del diritto internazionale violato prima da Hamas e poi da Netanyahu, e anche la tutela, negli stessi atenei italiani, della libertà d’informazione e discussione.

Una riforma per l'elezione diretta del presidente del Consiglio è già stata respinta al referendum del 2016, verità che non piace al governo.

Altri articoli di Blog

Una storia feroce ma con uno sguardo pieno di meraviglia sull’universo, dove spirito, natura, ribellione si uniscono in nome della libertà.

L’entourage della premier Giorgia Meloni non ha niente da invidiare al cast della serie “La famiglia Addams”. Ecco a voi i Meloni-Addams.

La normalizzazione dell’aggettivo “maschile” quando si parla di violenza sulle donne è ancora lontana. Meno minuti di silenzio e più aggettivi scomodi.