La Saga di SoyGiorgia continua

La sacra saga tolkeniana di SoyGiorgia della Garbatella continua. Con i funerali di Berlusconi il sipario è calato sul primo tempo. Ed è appena iniziato il secondo.

Michele Martelli

Riflettiamo un po’. Per la famiglia Addams meloniana al governo, simbolicamente quelli in onore di Berlusconi sono stati, più che funerali di Stato, i funerali dello Stato, dello Stato democratico, a cui hanno partecipato con pia masochistica devozione anche le forze (?) di minoranza, tranne i 5S, e le più alte cariche dello Stato, a cominciare dal presidente Mattarella. Perché celebrare con funerali statali, lutto nazionale e chiusura delle Camere la dipartita di colui, il fu Caimano, che ha tentato per oltre vent’anni di sfasciare, dal governo e dai banchi dell’opposizione, la Repubblica a colpi di coda roteante e di fauci spalancate?

La storia è stranota. Prima l’acquisizione, con laute tangenti, del predominio nel cosiddetto quarto potere (tv, editoria, stampa, pubblicità), favorito dall’idiota smobilitazione culturale di massa dell’ex-Pci del poco «Achille» Oc(c)hetto e di quello inciucista neoatlantista e bellicista del tutt’altro che «Massimo» D’Alema. Poi la «discesa in campo» per salvare «la roba» e quindi le vittorie propagandistico-elettorali, facilitate dal possesso di stampa e tv. Risultati? Raffiche di decreti-leggi ad personam per garantirsi le proprietà e salvarsi dai processi, discredito del Parlamento (compravendita di senatori e «Ruby Rubacuori nipote di Mubarak», a ricordo di Incitatus, il famoso cavallo che l’imperatore Caligola volle senatore), attacchi violenti alla magistratura («esseri antropologicamente inferiori») nel vano tentativo di sottometterla. Dunque una chiara strategia di stravolgimento della Costituzione, in nome del primato autoritario del potere esecutivo.
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Ma il testimone è stato raccolto da SoyGiorgia, già giovanissima ministra della corte di Re Arcù, underdog come B. nanerottolo ex-cantante di crociera che si vantava di «essersi fatto da solo» (e chi volete che lo facesse, la madre mafia?). Essendo in parte fallita l’impresa berlusconiana di trasformare la Repubblica italiana in un inglorioso Regno di Arcore, e dopo aver approvato decreti-leggi e delibere parlamentari poco edificanti, come quella su Ruby-Incitatus, Sorella Giorgia, con la fiamma della buon’anima che gli arde in core, organizza le sue ardite truppe famigliari, con cognati, cugini e fratelli, tra cui, i più in vista, Fratellino Italo e Fratellone Guido, per la conquista diretta del Sacro Graal.

E ci riesce. Il Caimano, pericoloso «ricattatore» da vivo (Giorgia «supponente, prepotente, arrogante ecc.»), da appena morto si tramuta, santificato, in Nume tutelare del governo in carica. Che poco dopo i funerali e i pianti greci approva in fretta e furia il decreto Nordio sulla cancellazione dell’abuso d’ufficio, il controllo delle intercettazioni e il preavviso d’arresto (5 giorni prima, il tempo per scappare e inquinare le prove): «la riforma che Berlusconi voleva». Ovvero la «schiforma» che volevano e vogliono delinquenti, mafiosi, corruttori e corrotti d’ogni risma, purché altolocati e in colletti bianchi inamidati.

È dunque iniziato il secondo tempo della saga di SoyGiorgia, già gelosa custode dell’eredità «fascista» di Almirante, e oggi anche di quella «sfascista» di Berlusconi. Il quale si vantava di aver sdoganato, cioè finalmente costituzionalizzato, i seguaci di Almirante (quello di «Repubblica bastarda»), e i secessionisti di Bossi (quello di «Roma ladrona»). Falso. In realtà con l’ingresso a Palazzo Chigi dei post-fascisti e dei leghisti il Caimano ha posto la premessa per le due più grosse minacce alla Costituzione: 1) la torsione presidenzialista, ossia l’incubo dell’Uomo solo al comando, o della Donna sola, perché no? Il femminismo, tanto odiato dal centro-destra, per eterogenesi dei fini potrebbe addirittura premiare SoyGiorgia, incoronandola quale «Prima Donna della Provvidenza» di un italico millenario e fantastico «Regno di Mezzo»; 2) l’autonomia regionale differenziata (avviata già nel 2001 dalla scellerata riforma di centro-sinistra del Titolo Quinto, nell’illusione di ammansire la bestia del secessionismo leghista), che sarebbe con tutta evidenza lo spezzatino nordista e razzista della Repubblica una e indivisibile.

Due minacce alla Costituzione, che sono anche due punti programmatici centrali dell’attuale governo che, per entrare in carica, sulla Costituzione ha dovuto tuttavia solennemente giurare. Se ne ricorda? O è stato un giuramento dell’età giurassica? Comunque, la saga di Meloni continua. E l’opposizione che cosa «oppone» se non divisioni, frammentazioni, qualche sparuta dimostrazione di piazza e un quasi-nulla programmatico, in uno stato di sonno semiletargico? L’accordo, seppure ancora da precisare, sul salario minimo legale è buona cosa, ma troppo poco. Occorre molto di più. Occorre la difesa radicale dei meno abbienti, dei diritti civili e sociali, della libertà di informazione e di critica, delle istituzioni democratiche e dell’integrità della Costituzione.

Foto Governo italiano, Presidenza del consiglio dei ministri  



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