La sinistra italiana e la responsabilità della guerra in Ucraina

La sinistra continua inutilmente a scavare nel passato per cercare le colpe di altri nella guerra che Putin ha portato in Ucraina.

Pancho Pardi

Una parte cospicua della sinistra italiana, o in ogni caso quella che più di altre è in grado di esprimersi nel dibattito pubblico, dall’inizio della guerra portata dalla Russia in Ucraina è quotidianamente al lavoro per attenuare le responsabilità russe e ingigantire le colpe dell’occidente (USA, NATO, Europa). Questa opera di disinformazione comincia fin dal titolo: guerra russo-ucraina, o addirittura guerra ucraina; mentre è la guerra della Russia contro l’Ucraina. L’opera di persuasione pubblica è presto uscita dalla timidezza iniziale: l’Ucraina meritava sostegno finché era indifesa e brutalizzata. Ma soprattutto a partire dal contrattacco ucraino, si è sviluppata in un crescendo rossiniano a salvaguardia sostanziale degli aggressori. Tra non molto ci verrà detto apertamente che il povero Putin è criticabile solo per eccesso di difesa. Ha messo a ferro e fuoco un paese intero, lo ha costretto all’esodo, ha deportato i suoi cittadini, si è impadronito dei minori, ha distrutto città e infrastrutture, ha minato e avvelenato le campagne, ha provocato inondazioni artificiali, ha mandato a morire centinaia di migliaia di coscritti russi per un inutile metro di steppa e si propone di mettere definitivamente in ginocchio un paese finora indomabile, solo perché è stata rifiutata la sua proposta di pace. La sua proposta di pace!
Tutta la storia di questa aggressione ignominiosa deve, secondo questa sinistra, essere rivissuta attraverso la lente della neoverità. La guerra non è cominciata nel 2022 con quell’ingresso grottesco dal confine bielorusso di forze speciali che avevano il compito di catturare e uccidere il presidente ucraino e così decapitare il governo legittimo. Né col fallimento imprevisto dell’avanzata che ha imbottigliato sterminate colonne di carri armati in fila indiana sull’unica strada percorribile in mezzo campi impraticabili per il fango. Né con le stragi di civili inermi come a Bucha.

No, secondo la vulgata la guerra è cominciata molto prima. Citatissimi ricercatori e analisti americani sulle tracce a ritroso nel tempo sono risaliti fino a quando, 1999, Clinton deluse le speranze della Russia alla ricerca di una coesistenza paritaria dopo il crollo dell’URSS, proprio nel momento più delicato in cui la Russia ambiva a vedere confermato e riconosciuto il suo rango di potenza mondiale. Clinton ha certo mancato di cautela diplomatica e avrebbe potuto dissimulare la iattanza del vincitore. Ma il punto crudo della situazione era questo: nient’altro che il crollo del tutto endogeno dell’URSS aveva distrutto il suo rango di potenza mondiale. Il collasso aveva in tempi rapidissimi scollato dalla Russia tutti gli stati suoi satelliti attorno all’Europa. Repubblica Democratica Tedesca, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia. Solo il crollo dell’URSS ha umiliato la Russia. Liberi dal controllo sovietico, con varietà di atteggiamenti e intenzioni, i satelliti si avvicinarono all’Europa. Bisognava dirgli di no? Restate con la madre Russia? Ora si sostiene che sono stati colonizzati dalla NATO. Ma la realtà è che da decenni non vedevano l’ora di andarsene. E perfino quelli che come l’Ungheria e domani la Slovacchia nutrono sentimenti filorussi si guardano bene dal ricadere nella soggezione: molto più comodo fare la quinta colonna in Europa. Dopo la diaspora delle repubbliche socialiste sovietiche che cosa restava alla Russia del rango di potenza mondiale? Non l’economia, drogata dall’oligarchia gangsteristica: solo il petrolio e la Bomba. E la durezza dell’imperio nei confronti dei paesi ancora sottoposti, testimoniata dalle efferatezze della guerra in Cecenia e dalla rapidità dell’invasione in Georgia. E dall’annessione della Crimea, su cui l’occidente espansionista non ha detto parola. Cecenia, Georgia, Crimea: tutte prove della volontà di pace di Putin? Incoraggiata dal silenzio, la Russia esige la sottomissione dell’Ucraina. La carta dell’ONU, i dispositivi del diritto internazionale affermano senza ambiguità il diritto all’integrità territoriale e all’indipendenza dell’Ucraina. La volontà di potenza della Russia su di essa è sostenuta, fin dalle prime dichiarazioni ufficiali all’atto dell’invasione, solo dal ricatto nucleare.
Ora, parlare di pace senza garantire all’Ucraina integrità, indipendenza e risarcimento totale dei danni subiti significa solo chinare il capo davanti alla minaccia nucleare. Se le manifestazioni per la pace non riescono a garantire i diritti dell’Ucraina, e anzi fanno mancare ad essa l’aiuto necessario, saranno soltanto puntello alla volontà di potenza dell’impero asiatico, neosovietico in tutta la sua struttura dirigente KGB, compresa l’ecclesiastica.

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CREDITI FOTO: Flickr | Fotomovimiento



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