La strage di Brandizzo e la ricerca di un capro espiatorio

Su Brandizzo si stanno assumendo i lavoratori come capro espiatorio, responsabili al posto di Trenitalia, lo Stato e tutti noi. Perché conviene a tutti.

Mauro Barberis

Come pendolare di Trenitalia, e come cittadino italiano, mi unisco al cordoglio per i cinque lavoratori morti a Brandizzo. Senza dimenticare, però, gli altri 559 uccisi di lavoro, e non solo sul lavoro, dall’inizio dell’anno: almeno due al giorno. Però, è sufficiente liberarsi la coscienza così? Ho letto un po’ di giornali, ieri mattina, e non ce n’era uno, di destra o di sinistra, che non additasse come responsabili, oltre ai due lavoratori sopravvissuti, Rete Ferroviarie Italiane, per cui lavorava il tecnico a oggi principale indagato, la ditta di manutenzioni SiGiFer, da cui dipendeva il caposquadra degli operai: ma anche il sistema degli appalti e delle manutenzioni, cui si deve uno su cinque degli incidenti mortali in rete.
Il sottoscritto, invece, vorrebbe estendere la propria solidarietà ai due lavoratori indagati: prevedo infatti, da giurista, che finiranno per pagare per tutti. Allo stato, in effetti, pare che il tecnico avesse chiesto per due volte alla stazione di Chivasso il permesso di iniziare i lavori, e che gli fosse stato negato. Circostanza che finirà per esentare da ogni responsabilità RFI, cioè Trenitalia. Come avverrà, a maggior ragione, per la ditta privata (sub)appaltante, da cui dipendevano squadra e caposquadra. Dunque, i due che si sono salvati, solo perché non girati come gli altri dalla parte opposta all’arrivo del treno, pagheranno per tutti.

E pagheranno non solo penalmente: oltre a subire un lungo processo e una dura condanna, rivivranno quell’incubo tutta la vita. Mettiamo pure che i giudici non si fermino a loro ed estendano la responsabilità a Trenitalia e alla ditta appaltante, magari a titolo di dolo eventuale, cioè per non aver previsto quanto avrebbero dovuto prevedere. Persino in quel caso, finirà per pagare qualcuno in più, magari qualche dipendente di Trenitalia incaricato di dare in appalto lavori che una volta svolgevano altri dipendenti, beninteso facendole pagare stipendi e contributi più alti di quelli pagati dalle ditte appaltanti.
René Girard lo chiama sacrificio, e ne fa la base della società: si assume qualcuno a capro espiatorio, e gli si fanno pagare colpe che, nella catena delle responsabilità, risalgono a tutti. Nel nostro caso, dagli operai, che a mezzanotte avranno ben voluto cominciare i lavori prima possibile, al caposquadra e alla ditta privata, che avrebbe pagato indennità salate se non avesse finito i lavori quella notte, sino al tecnico e a tutta Trenitalia, che ha adottato il sistema degli appalti per risparmiare anche sulla sicurezza, sino allo Stato italiano, cioè a tutti noi, che abbiamo conferito il quasi-monopolio dei trasporti su ferro a Trenitalia.
Non sto dicendo che siamo tutti responsabili, sicché nessuno lo è. Sto dicendo che il sacrificio di uno o più capri espiatori conviene a tutti. Perché esista un ordine, occorre che qualcuno paghi, meglio se in proporzione alle proprie responsabilità: altrimenti ognuno farebbe quel che vuole, e le stragi sarebbero la regola, non l’eccezione. Conviene a noi tutti persino che muoia un ragazzo di ventidue anni, il quale prendeva, sì e no, ottocento euro di stipendio al mese per mettere a repentaglio la propria vita.
Ecco, magari conviene meno che, mentre Amazon traccia qualsiasi gadget, Trenitalia concentri il 25% dei propri treni sull’alta velocità, mentre nell’altro 75% si viaggia come animali, non c’è un sistema automatico che blocchi i tratti dove si lavora, e cinque altri capri espiatori ci lasciano la pelle per tutti noi.

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CREDITI FOTO: I familiari dei cinque operai travolti da un treno mentre stavano eseguendo lavori di manutenzione sui binari a Brandizzo partecipano al corteo silenzioso organizzato da Cgil, Cisl e Uil a Vercelli, 4 settembre 2023. ANSA/ROBERTO MAGGIO



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