La tortura di “Mario”, gli azzeccagarbugli della Regione Marche e la maleducazione dell’arcivescovo Paglia

“Continuano a condannarmi a una vita di torture”. È carità cristiana impedire il diritto al suicidio assistito per porre fine ad atroci sofferenze?

Paolo Flores d'Arcais

“Mario” non è il suo nome vero, è un nome di copertura. Vera, verissima, atroce, è invece la sua sofferenza. 43 anni, da undici tetraplegico a seguito di un incidente, “Mario” non ha più una vita, ma una “vita” di tortura. Quando la Corte Costituzionale, il 22 novembre 2019, con la sentenza numero 242, depenalizza parte della legge fascista che puniva l’assistenza al suicidio, “Mario” è convinto che la liberazione dalla tortura possa essere vicina. Ma per 14 mesi la Regione Marche e l’ASUR (Azienda Sanitaria Unica Regione Marche) fanno finta che la sentenza della Corte non ci sia stata e “continuano a condannarmi a una vita di torture” (così “Mario” in uno straziante video).

“Mario” ha scelto di morire: “Mi dispiace dovermi congedare dalla vita”

Ci vorranno due diffide legali, e due sentenze definitive del Tribunale di Ancona, perché “Mario” ottenga il parere del Comitato etico dell’ASUR, che riconosce il suo diritto al suicidio assistito poiché ricorrono tutti i criteri enunciati dalla Corte Costituzionale. Ma l’ASUR e il Comitato Etico si rimpallano il dovere di accertare, secondo l’ordinanza del Tribunale, “se le modalità, la metodica e il farmaco prescelti siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile”. Il farmaco prescelto è il Tiopendone sodico, la quantità 20 grammi, la modalità l’endovena, ma ASUR e Comitato Etico rifiutano di stabilire l’idoneità della procedura (qualsiasi specializzando in anestesia è in grado di rispondere, e fornire eventuali alternative).

“Mario”, di fronte a queste vigliacche tortuosità che fanno impallidire le mostruosità giuridiche del manzoniano Azzeccagarbugli, dopo aver inutilmente scritto “quanto dovrò ancora aspettare per la verifica del farmaco ordinata dal tribunale di Ancona? Mi state condannando a soffrire ogni giorno di più, a essere torturato prima del suicidio assistito che, dopo le verifiche del Comitato etico, è un mio diritto, come dice la Corte Costituzionale (…) Ora basta, chi deve si prenda le sue responsabilità. Il vostro comportamento è di una gravità assoluta, mi state costringendo a soffrire, mi state torturando”, e stante le feroci orecchie da mercante che riceve in risposta, ha fatto quello che in realtà la Procura avrebbe dovuto fare di propria iniziativa, visto che la notitia criminis era di pubblico dominio: “Ho denunciato per il reato di tortura nei miei confronti l’azienda sanitaria delle Marche e il comitato etico”.

Ci sarà, almeno questa volta, il famoso “giudice a Berlino”? Perché, chi immagina che la parola “tortura” sia anche minimamente eccessiva per le sofferenze che da undici anni, e in progressivo crescendo, assediano e sommergono il corpo di “Mario”, si soffermi a riflettere almeno settantasette volte sette. Legga una sola delle descrizioni che “Mario” ha fatto delle sue giornate di dolori, delle sue ore di spasimi, dei suoi minuti di angosce, metta in funzione i neuroni dell’empatia e provi a sentire sulla propria carne quelle sofferenze senza speranze, quegli strazi cui subentrano solo altri strazi, quei minuti disumani che si vorrebbe fossero gli ultimi e a cui invece seguiranno altri minuti, e ore, e giorni…

Su queste stesse pagine, questa estate, sul tema del fine vita, invitavo l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia della Vita, a un dibattito pubblico, anche in vista del prossimo referendum (o ce lo scipperanno?). Ci conosciamo da decenni, di rapporti amichevoli e di stima, ma Vincenzo ha preferito la maleducazione, che non è davvero nelle sue corde, pur di non dover avanzare argomenti, che evidentemente latitano. E a Giovanni Fornero, autore di un poderoso e ponderoso volume su “Indisponibilità e disponibilità della vita” (Utet), ha fatto rispondere da Fabrizio Mastrofini, dell’ufficio stampa.

Vincenzo, davvero hai così poca fede nei tuoi argomenti? E davvero ti sembra carità cristiana impedire a “Mario” di porre fine alla sua tortura? Ecco perché ti rinnovo l’invito a un confronto pubblico: perché di dialogo, e non di dogmi, abbiamo bisogno. Non fuggire.

 

Paolo Flores d’Arcais, filosofo e direttore di MicroMega, è autore di “Questione di vita e di morte” (Einaudi 2019)



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