La violenza contro le donne: estirpare le radici culturali

Due femminicidi in pochi giorni riportano il tema della violenza contro le donne al centro del dibattito. Un fenomeno che ha forti radici culturali, difficili da estirpare. Spetta a tutti noi, e agli uomini in particolare, il dovere di farlo.

Cinzia Sciuto

Il femminicidio è di solito una morte lenta, che inizia ben prima della coltellata o del colpo di pistola che fermano il cuore della vittima. Inizia con il desiderio di controllo della vita dell’altra che si manifesta in tanti, spesso piccoli, dettagli sui quali non solo la vittima stessa ma noi tutti spesso sorvoliamo. E sempre, sempre, le violenze contro le donne, di cui il femminicidio è solo l’estrema e più agghiacciante manifestazione, si concretizzano in un contesto di relazione sbilanciata e asimmetrica. Un’asimmetria che oggi non sempre si esprime nel più classico dei modi, con la donna in una palese posizione di inferiorità per esempio economica (anche se i dati ci dicono che molte donne che non denunciano i compagni violenti sono anche da questi economicamente dipendenti). È sempre più spesso un’asimmetria di ruoli e di posizioni che si infiltra anche nelle relazioni apparentemente più paritarie. Quella asimmetria che induce a chiedere a una professionista in viaggio di lavoro “e i bambini?”, domanda che a nessun uomo è mai stata posta e che innesca un sottile e inconscio senso di colpa per aver abbandonato il ruolo che madre natura ti ha assegnato.

Quella asimmetria che si rivela nella scelta di molte donne di lavorare part-time, scelta che automaticamente plasma la vita di coppia e di famiglia attorno al ruolo familiare della donna. E potremmo continuare con mille altri esempi. Attenzione: nessuna singola tessera di questo mosaico da sola è importante, quello che conta è l’insieme che si costruisce e che restituisce un quadro di sbilanciamento di potere e asimmetria a favore degli uomini nel loro complesso, che neanche l’elezione di una presidente del Consiglio (che non a caso vuole farsi chiamare al maschile) riesce a scalfire.

Ed è su questa asimmetria che gioca un ruolo cruciale la nostra cultura e l’intera società, perché è un’asimmetria strutturale, che ogni coppia si porta appresso da secoli. Scardinarla è un lavoro complicato, sociale prima ancora che individuale.
Affrontare questo fenomeno che cala su ogni donna un pesante velo di angoscia è compito a più livelli. Ciascuno di noi può fare qualcosa, nel proprio più o meno piccolo spazio relazionale. Insegnare alle donne l’autostima, l’amore di sé, la capacità di intercettare immediatamente i segnali di una aggressività latente, il rifiuto di qualunque atteggiamento di soggezione o sottomissione ai desideri altrui. Insegnare agli uomini il rispetto dell’autonomia dell’altra, l’amore come dono di sé e non come possesso, l’accettazione della simmetria dei ruoli, la rinuncia al riconoscimento e al prestigio sociale, che spesso passa anche per atteggiamenti aggressivi e svilenti nei confronti delle donne.

È una battaglia di lungo periodo, che naturalmente ha bisogno anche di interventi legislativi immediati ed efficaci per contenerne gli effetti più devastanti. Una battaglia che chiama in causa in primo luogo gli uomini, e innanzitutto coloro che non si sentono chiamati in prima persona: siete voi che potete dare un contributo essenziale a disinnescare le cause profonde della violenza contro le donne. Voi che potete smetterla di dare il vostro piccolo o grande contributo alla cultura del possesso, che potete cogliere ogni occasione per disinnescarla svelando l’inclinazione aggressiva e svilente che c’è dietro una stupida battuta o dietro comportamenti considerati “innocui”. Per fermare la violenza prima che sia troppo tardi.

 

Immagine Facebook | Tg3 Maria Teresa Palamà per il Tg3 delle 14:20 del primo giugno 2023



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