La laicità è una cosa seria

La destra polemizza con un preside per aver indetto un giorno di chiusura della scuola in concomitanza con la fine del Ramadan. Polemiche strumentali di impronta identitaria che nulla hanno a che fare con la laicità.

Cinzia Sciuto

Mancavano un po’ le polemiche strumentali di Salvini &c. su islam e dintorni. L’occasione l’ha data una scuola primaria Iqbal Masih di Pioltello, in provincia di Milano, che – nel pieno delle sue prerogative – ha stabilito un giorno di chiusura in concomitanza con la fine del Ramadan il prossimo 10 aprile. Il 40% degli alunni della scuola, infatti, appartiene a famiglie musulmane e negli scorsi anni in quella giornata in classe non si presentava quasi nessuno, da qui la saggia decisione di evitare di far perdere un giorno di scuola a tutti: piccolo spostamento di calendario, anticipo di un giorno dell’inizio della scuola e problema risolto. Si chiama pragmatismo.
Le scuole hanno sempre fatto scelte del genere, spesso e volentieri in concomitanza con festività religiose cattoliche o paracattoliche: ai miei tempi, in cui l’autonomia scolastica neanche c’era, le scuole si inventavano sistematicamente l’urgente necessità della derattizzazione per giustificare uno-due giorni di chiusura a Carnevale. Oggi non hanno più bisogno di inventarsi scuse del genere, l’autonomia consente loro di “spostare” alcune giornate nel calendario, a patto che vengano garantiti i 200 giorni di lezione.
Il fronte laico farebbe bene a non cadere nelle trappole identitarie di Salvini e di altri paladini dei “valori, dell’identità e delle tradizioni del nostro Paese”, tutte cose che nulla hanno a che fare con la laicità dello Stato, e molto invece con meschine rivendicazioni identitarie. Il paradigma laico è tutto il contrario del paradigma identitario. Dal punto di vista laico, il problema non è una scuola che si “pieghi” ai dettami di una religione che non piace a Salvini, ma una scuola pubblica in cui la religione/le religioni vengono ossequiate con la riverenza che si riserva di norma a un’autorità: una scuola tappezzata di crocefissi, una scuola in cui preti e vescovi fanno visite pastorali e benedizioni, una scuola in cui si fa catechismo (ché tale è l’insegnamento della religione cattolica, con buona pace di tutti quelli che lo considerano un insegnamento “innocuo” e anche di tutti quegli insegnanti di religione che nella prassi tentano di rendere meno confessionale l’IRC).
Insomma, dal punto di vista laico – che dovrebbe poi essere il punto di vista della nostra Repubblica da quando nel 1984 ha rinunciato ad avere una religione di Stato – le religioni dovrebbero semplicemente stare fuori dalla scuola, o al massimo entrarci come oggetto di studio e analisi critica. Perché la laicità è una cosa seria, non una boutade identitaria.

EDIT: Subito dopo la pubblicazione di questo articolo abbiamo appreso che il solerte ministro dell’Istruzione Valditara ha chiesto per interposto Ufficio Scolastico Regionale una verifica sulla decisione della scuola e parallelamente ha parlato dei risultati formativi che in quella scuola sarebbero inferiori alla media. Ora, caro ministro Valditara, verrebbe da chiederle: ma che c’azzecca? Che molte nostre scuole abbiano dei problemi di deficit formativi lo sappiamo da tempo, come anche che le scuole con una alta percentuale di bambini di origine straniera debbano affrontare sfide e difficoltà in più. Ma cosa c’entra tutto questo con la polemica in questione? Tanto più che non viene tolto nessun giorno di scuola ma semplicemente “spostato”? Alle sparate di Salvini ci siamo abituati, e poi lui è ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Valditara invece è responsabile di quello che una volta si chiamava ministero della “Pubblica” Istruzione, e che oggi andrebbe forse ribattezzato ministero dell’Istruzione identitaria.

CREDITI FOTO: Uscita degli alunni della scuola primaria dell’Istituto Comprensivo Iqbal Masih, 18 Marzo 2024. ANSA/ANDREA CANALI



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