Laicità: un concetto fantasma nei programmi elettorali

Nessuna forza politica nomina la difesa dello stato laico e della laicità come priorità da difendere e diffondere.

Monica Lanfranco

Celebrare il dissenso: c’è molta densità nella scelta del titolo dell’incontro delle menti più attive nel mondo sulla laicità e la libertà di espressione.

Perché il dissenso non è solo opposizione, lotta e critica: è anche, e soprattutto, libertà, arte, musica, gioia e, appunto, celebrazione della differenza e dell’indipendenza dalle limitazioni imposte dalle religioni usate come arma contro l’autodeterminazione.

L’incontro internazionale Celebrating Dissent si svolge da qualche anno a Colonia, in Germania, in continuità con l’eredità della Secular conference realizzata fino al 2018 a Londra; per l’edizione del 2022, nei due giorni 20 e 21 agosto, Colonia ha ospitato da 30 paesi 50 speakers, in maggioranza donne e molti giovani, con la partecipazione di attiviste e attivisti appartenenti a 25 organizzazioni e gruppi, accanto a esposizioni di mostre fotografiche e performance di artiste e artisti contro i fondamentalismi, nemici giurati della libera espressione e della provocazione artistica.

Nei sette panel si è discusso di Islam e religioni, blasfemia, libertà di espressione e parola, diritti umani, diritti delle donne e velo. Il CD2022, scrivono le associazioni che hanno organizzato l’incontro, molto atteso e seguito dalla stampa internazionale e da sempre snobbato dai media italiani, è il più grande e importante raduno di ex-musulmani, liberi pensatori e intellettuali che sostengono la libertà di pensiero. Organizzata da Freethought Lebanon e dal Council of Ex-Muslims of Britain, questa conferenza, si legge al sito, “mette al centro il fatto incontestabile che innumerevoli atei, non credenti ed ex-musulmani continuano a subire persecuzioni in tutto il mondo, che includono minacce di esclusione sociale, discriminazione economica, abusi fisici ed emotivi, oppressione legale, violenza di genere e persino la morte. Nonostante ciò ogni critica all’Islam viene considerata islamofobia da buona parte della sinistra regressiva, mentre ogni rifugiato o musulmano viene dipinto come una minaccia dall’estrema destra. Il sostegno agli ex musulmani, tuttavia, è una questione di diritti umani. La difesa della libertà di coscienza e di espressione include il diritto di essere liberi e di criticare l’Islam e la destra religiosa. Inoltre, la xenofobia e il bigottismo anti-musulmano disumanizzano e mettono in pericolo tutti coloro che sono considerati ‘altri’, compresi gli ex-musulmani. Oggi più che mai è fondamentale mettere in evidenza e rafforzare le persone e le organizzazioni che proteggono i diritti dei non credenti dell’Islam, sfidano le leggi sull’apostasia e sulla blasfemia e affrontano la xenofobia. Come la destra religiosa, anche i laici devono fare rete e coordinare gli sforzi a livello globale per ottenere un cambiamento”.

Grazie alla partecipazione di Charlie Hebdo, che ha dedicato ampio spazio nel giornale all’evento, con le caricature e gli interventi delle attiviste e attivisti tra cui Maryam Namazie, Richard Dawkins, Nadia El Fani, Pragna Patel, Marieme Helie Lucas, Nina Sankari e Inna Scevkenko è stato pubblicato integralmente il comunicato finale dell’incontro, un documento significativo nel quale si legge:

“Rivendichiamo la nostra libertà dalla religione, dalla superstizione. Rivendichiamo la nostra libertà di amare e vivere come vogliamo, di essere creativi e di godere dei benefici del progresso scientifico e umano. Affermiamo il nostro diritto di agire con ragione e coscienza. L’apostasia e la blasfemia sono diritti fondamentali protetti dalla libertà di religione o di credo e dalla libertà di espressione e si fondano sull’universalità dei diritti che si applicano a tutti gli esseri umani ovunque.

Le nostre libertà dipendono dal diritto all’ateismo, all’apostasia e alla blasfemia; dal diritto di essere liberi dalla religione e di criticare l’Islam e qualsiasi altra religione.

Respingiamo l’apostasia, la blasfemia e le leggi religiose come gravi violazioni dei diritti e chiediamo la loro immediata abolizione. Rifiutiamo la destra religiosa di ogni tipo. Il governo dei teocrati è la fine e l’antitesi della politica democratica, della libertà di pensiero e di espressione e dei diritti fondamentali, in particolare delle donne e delle minoranze etniche, sessuali e religiose. Rifiutiamo e condanniamo la xenofobia, il bigottismo e il razzismo contro i non credenti e i credenti. Rifiutiamo la cultura dell’annullamento, l’intolleranza moralista e la difesa paternalistica delle “sensibilità ferite” che mirano a mettere a tacere i blasfemi e a sopprimere il discorso razionale.

Rifiutiamo la criminalizzazione del diritto d’asilo e rivendichiamo il diritto alla protezione per coloro che fuggono dalle persecuzioni. L’asilo è un diritto umano riconosciuto dalle leggi internazionali e nazionali. I governi hanno il dovere di proteggere chi fugge dalle persecuzioni. Affermiamo che la libertà di espressione (purché non inciti alla violenza) è un fondamento dei diritti umani e del progresso. È una necessità, in particolare per coloro che sfidano i potenti, il sacro e il tabù. Affermiamo che la lotta che si sta svolgendo oggi nel mondo non è uno scontro di civiltà, ma uno scontro tra teocrati da una parte e secolaristi dall’altra. Vogliamo vivere in un mondo in cui i credenti e i non credenti siano rispettati come esseri umani, ma in cui le credenze possano essere messe in discussione e persino derise senza paura. Un mondo in cui il dubbio e il dissenso siano considerati parte integrante della ricerca umana della verità, piuttosto che espressioni da censurare e mettere a tacere con il pretesto di sentimenti offensivi o di ‘islamofobia’. Vogliamo vivere in un mondo in cui la laicità, la separazione della religione dallo Stato, dalla legge, dall’istruzione e dalle politiche pubbliche, sia considerata un principio fondamentale e un diritto umano, parte integrante della realizzazione delle nostre libertà”.

Sono affermazioni che dovrebbero, (ma non lo saranno), essere tenute in conto anche in Italia in vista delle prossime elezioni, perché nessuna forza politica nomina la difesa dello stato laico e della laicità come priorità da difendere e diffondere: l’autodeterminazione e la libertà delle donne, in particolare sulle scelte riproduttive, affettive e sessuali, è infatti strettamente legata alla salvaguardia della laicità. Lo sanno bene le donne in Ungheria, Polonia, Stati Uniti, dove sta trionfando il cattolicesimo più oscurantista, e quelle in Afghanistan e nei paesi dove l’islam è legge, nei quali non portare il velo significa violenza, galera e persino la morte.



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