Liberiamoci del patriarcato

In occasione della Giornata internazionale della donna pubblichiamo l'editoriale che aprirà il volume 2/2024 di MicroMega intitolato "Liberiamoci del patriarcato", in libreria dal 21 marzo.

Cinzia Sciuto

“Il femminicidio non è un delitto passionale, ma di potere, è un omicidio di Stato”. Con queste parole Elena Cecchettin ha fatto in modo che la vicenda di sua sorella Giulia, uccisa dall’ex fidanzato lo scorso 11 novembre, non finisse per essere solo l’ennesimo caso di femminicidio, in una sorta di triste ma ineluttabile destino, per farla invece emergere come fatto politico. Elena ha riattualizzato così quella che forse è la più grande lezione del femminismo: il personale è politico. Il morboso senso di possesso che Filippo Turetta nutriva per Giulia Cecchettin non era una questione privata, intima, personale, nella quale il resto della società non doveva immischiarsi, ma una faccenda politica. Una faccenda che ci riguarda tutti perché non è il frutto di una mente malata ma il sedimento stratificato di secoli di oppressione, misoginia, violenza. In una parola, di patriarcato.
Una parola che subito dopo il femminicidio di Giulia è tornata prepotentemente a circolare e che è diventata il bersaglio principale della enorme manifestazione dello scorso 25 novembre, quando una vera e propria marea di donne ha invaso il Circo Massimo di Roma. Una marea variegata, disordinata, scomposta, vivace, talvolta anche contraddittoria al suo interno, ma che aveva molto chiaro il nemico da nominare: quel patriarcato, appunto, che in troppi, troppo frettolosamente, danno per morto ma che invece pervade ancora subdolamente – e quindi forse più pericolosamente – le nostre vite, le nostre relazioni.
Certo, nel nostro Paese sotto il profilo strettamente legale, il sistema patriarcale è stato – lentamente e comunque solo molto di recente – smantellato pezzo per pezzo. Ma il patriarcato non è un istituto giuridico che basta abolire sulla carta per cancellare. È una struttura di “lunga durata” costituita da elementi culturali, sociali, economici, giuridici, religiosi in un intreccio che le donne in tutto il mondo hanno iniziato relativamente da poco a sciogliere e la cui sconfitta definitiva non si concretizzerà in una trionfale marcia verso il Progresso, ma sarà il risultato della faticosissima lotta quotidiana, fatta di passi avanti e pericolosi contraccolpi, che stiamo conducendo e che ci mette in discussione anche nella nostra vita intima, nelle nostre relazioni personali. Una lotta che oggi si svolge anche, anzi forse soprattutto, in Paesi come l’Iran dove la violenza della repressione della libertà femminile è tuttoggi fermamente ancorata a ferrei dispositivi di legge.
Fra le novità positive da registrare dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin e a seguito della presa di parola pubblica di sua sorella Elena c’è anche una sempre più diffusa assunzione di responsabilità maschile. Finalmente più voci di uomini si sono levate distinguendosi dal consueto e inutile “gne gne” di coloro che non sanno dire altro che: “Sì, ma non tutti gli uomini…”. A costoro ha dato una grande lezione proprio il padre di Giulia che al suo funerale ha pronunciato poche ma incisive parole: “Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali. Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto”.
Mentre scriviamo queste righe altre donne stanno morendo per mano dei loro compagni o ex. I numeri dei primi mesi del 2024 non fanno registrare nessun calo significativo dei femminicidi. Ma questo non significa che nulla è cambiato. Le telefonate al 1522 per esempio sono di molto aumentate dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin. A chiamare sono donne, spesso giovanissime, vittime di stalking, molestie, violenze di vario grado, ma anche (e sempre di più) amiche, sorelle, madri e padri che iniziano a preoccuparsi, finalmente, già ai primi segnali di una relazione violenta.
I nemici delle donne, della loro libertà, sono agguerriti e tenteranno in tutti i modi di far tornare indietro le lancette della storia, ma lo smottamento sotto le gambe del patriarcato è inarrestabile e le donne porteranno avanti la loro lotta fino alla fine.*

* QUESTO TESTO È L’EDITORIALE CHE APRE IL VOLUME 2/2024 DI MICROMEGA, IN LIBRERIA DAL 21 MARZO. LEGGI IL SOMMARIO COMPLETO.



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