Cinque domande sulle destre radicali europeo-occidentali

Nel saggio “L’Europa in camicia nera. L’estrema destra dagli anni Novanta a oggi” (Meltemi) lo storico Elia Rosati analizza radici e tendenze ideologiche del “fascismo del terzo millennio”. Per gentile concessione dell’editore ne proponiamo un estratto.

Elia Rosati

Il tema della destra radicale europeo-occidentale è stato oggetto in questi quarant’anni di importanti studi in tutto il mondo e di un numero infinito di reportage, articoli e inchieste giornalistiche, tanto da risultare spesso allo sguardo mainstream un tema ben analizzato e, agli occhi dell’opinione pubblica, qualcosa di profondamente sviscerato.

Di conseguenza questo stesso argomento, forse, è stato troppo usato per suggestive e/o scandalistiche ricostruzioni massmediatiche che alle volte, più che scoperchiare verità o cercare ossessivamente “scheletri negli armadi”, avrebbero fatto meglio a consultare una buona bibliografia. Tuttavia da più di un decennio, complice la crisi finanziaria, si è affermata la necessità storico-politologica di fare un po’ di ordine e provare a mettere a sistema le analisi fatte in modo multidisciplinare, tirando le somme e strutturando un giudizio storico non più provvisorio anche se, obbligatoriamente, in continuo aggiornamento.

Questo non significa che non esista un substrato storico o una continuità biografica con i fascismi nei paesi europei-occidentali, ma solo che esistono fattori decisamente più importanti nello sviluppo delle destre radicali negli ultimi trent’anni in questo specifico contesto territoriale.

Dall’altra parte, come ampiamente categorizzato, esistono sicuramente delle linee e/o delle tendenze ideologiche trasversali a più contesti nazionali, ma questo, spesso, è determinato più da schieramenti, vicinanze o sinergie costruite come risposta a dinamiche sovranazionali: dall’impatto sociale della globalizzazione alla riarticolazione del modo di produzione capitalistico, dalle nuove gerarchie culturali e geopolitiche alla nascita, per quello che ci interessa, di blocchi ancora dall’incerto futuro come l’Unione Europea.

Lo stesso Mussolini nel dare corpo faticosamente a una visione politica del mondo nel 1919 scriveva che “il fascismo è una mentalità speciale di inquietudini, di insofferenze, di audacie, di misoneismi, anche avventurosi, che guarda poco al passato e si serve del presente come di una pedana di slancio verso l’avvenire” e nello stesso articolo diceva anche una cosa molto chiara: “Quel rifugio di tutti gli eretici, quella chiesa di tutte le eresie che è il fascismo” (1). Una sintesi involontaria ma attuale, non nel senso di un fascismo eterno e/o inestirpabile, ma nell’idea di una reazione, una risposta alla realtà del tempo in cui si vive e fatta da contenitori politici, coalizioni guerriere, case comuni e/o chiese ideologiche sincretiche. Una chiave di lettura forse da riconsiderare anche oggi, a partire da domande nuove e sentieri interrotti di sempre più stringente attualità.
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