L’ombra di Dobbs: in Alabama gli embrioni criocongelati sono considerati “bambini”

La Corte Suprema dell’Alabama si è espressa: gli embrioni crioconservati sono da considerarsi persone, tanto quanto lo sono i bambini già nati. Si tratta di un passo decisivo verso la totale negazione del diritto all’aborto, in quanto si riferisce anche ad embrioni che si trovano fuori dall’utero nel momento in cui sono “uccisi”.

Elisabetta Grande

Si avverano le più cupe previsioni successive alla sentenza Dobbs v. Jackson con cui, nel giugno del 2022, la Corte Suprema federale degli Stati Uniti ha abolito il diritto delle donne statunitensi ad interrompere la propria gravidanza. Non soltanto ben 21 Stati americani hanno ormai circoscritto o abolito il diritto all’aborto, giungendo a volte, come nel caso del Texas -già illustrato sulle pagine di questa rivista– a costringere i medici ad aspettare che la salute delle donne intenzionate ad abortire si deteriori al punto che nessuno dubiti della necessità dell’intervento. La sentenza della Corte Suprema dell’Alabama di venerdì 16 febbraio si è spinta oltre, attribuendo personalità giuridica all’embrione crioconservato, in quanto equiparabile a un bambino non nato. Adita per decidere se tre coppie, i cui embrioni congelati erano stati manomessi e -caduti per terra- erano andati distrutti, avevano diritto di utilizzare una fattispecie che prevede il risarcimento dei danni punitivi a favore dei genitori di un minore deceduto: la Corte ha risposto di sì. “Il Wrongful Death of a Minor Act si applica a tutti i bambini, anche quelli non nati, indipendentemente da dove si trovano”, anche se “sono fuori dall’utero nel momento in cui sono uccisi”, ha affermato la Corte. Non solo quindi il feto nel ventre della gestante è un “unborn child” – come già era accaduto con la sentenza Dobbs – e non più “potential life” come in Roe o in Casey (le decisioni che, com’è noto, avevano sancito il diritto di abortire), con tutte le implicazioni emotive e ideologiche che quel mutamento terminologico porta con sé. Perfino l’embrione criocongelato lo è, ciò che comporta precise conseguenze giuridiche, che per ora vengono limitate al piano civile – cioè al risarcimento del danno, già però punitivo (potenzialmente quindi molto consistente) – ma che aprono pericolosamente la strada a nuovi interventi a più ampio raggio.
Riconoscere la personalità all’ “unborn child”, al “bambino” non ancora nato, significa infatti schiudere il varco alla possibilità di sanzionare penalmente non soltanto il medico che procura l’aborto, ma anche la donna che lo richiede o che lo pratichi su se stessa autonomamente. O ancora a normative che impediscano alle donne di interrompere la propria gravidanza in Stati in cui ciò è lecito.  E’ stata questa per esempio la proposta presentata, per ora senza successo, in Missouri, dove si voleva introdurre un principio di difesa a tutela del feto concepito nello Stato o portato in grembo da una donna ivi residente, che consentisse di punire chiunque – anche fuori dal Missouri – avesse praticato su di lei l’aborto. Attribuire personalità al feto potrebbe anche significare costruire un possibile conflitto di interessi fra gestante e feto fin dal momento del concepimento. Durantte la gravidanza infatti, Ella potrebbeessere obbligata – a pena di una sanzione penale o di vedersi privata della genitorialità – a non bere alcoolici, a seguire prescrizioni dietetiche o mediche ritenute idonee a tutelare il benessere del nascituro, a posticipare dopo il parto una chemioterapia in quanto potenzialmente dannosa per l’“unborn child”, a effettuare un taglio cesareo anche contro la sua volontà. È questa, peraltro, la strada già inaugurata da diversi Stati in relazione all’uso di droga da parte della donna incinta, nonostante tutti i dati attestino quanto l’approccio punitivo provochi una maggiore mortalità, sia tra gestanti che tra bebè, perché le donne criminalizzate non si rivolgono più agli ospedali per le cure prenatali e per il parto. Nel novembre 2019, in California, una donna  che aveva fatto uso di sostanze stupefacenti durante la gestazione e aveva poi dato alla luce un bambino morto, era stata accusata di omicidio. In Stati come il Tennessee è sanzionato penalmente l’uso di droga da parte delle gestanti che danno alla luce un bebè con sindrome da astinenza. In Mississippi un pubblico ministero (donna) per anni ha utilizzato una norma che punisce come abuso nei confronti di un figlio la sua intossicazione – indipendentemente dal fatto che abbia conseguenze fisiche dannose – per punire con il carcere le donne che fanno uso di stupefacenti durante la gravidanza, anche se il loro bebè nasce perfettamente sano (pur se positivo al test anti-droga).
Dare protezione all’embrione prima che si sia fissato al collo dell’utero, come ha fatto la sentenza della Corte Suprema dell’Alabama, può poi ovviamente significare anche vietare la pillola del giorno dopo o la spirale (IUD).
Ciò che già ora è comunque del tutto evidente è l’eterogenesi dei fini prodotta da una sentenza come questa. I potenziali genitori o, per meglio dire, i proprietari dei embrioni crioconservati andati distrutti, otterranno certamente un alto risarcimento da parte del centro di medicina riproduttiva che conservava gli stessi, ma la decisione rende estremamente probabile che il desiderio di avere dei bambini sia loro precluso. Sebbene la Corte Suprema dell’Alabama non abbia ancora affermato che l’inseminazione artificiale in vitro è illegale o che non si possono congelare gli embrioni, considerare sul piano giuridico un microscopico gruppo di cellule al pari di un bambino rende simili affermazioni logicamente assai probabili. In fondo sarebbe strano immaginare di poter impunemente congelare un essere umano! Il rischio di subire condanne civili come quella appena patita, o addirittura di vedersi inflitte condanne penali, farà dunque chiudere i centri di medicina riproduttiva presenti in Alabama e la vittoria odierna delle tre coppie di aspiranti genitori si trasformerà così in una sonora sconfitta, tanto per loro quanto per tutte le coppie che in Alabama, pur desiderandoli, non riescono ad avere figli.
CREDITI FOTO: ANSA-ZUMAPRESS / Thomas Krych



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