L’Ue ha bisogno di un’infrastruttura pubblica per i farmaci

Nelle prossime settimane il parlamento europeo sarà chiamato a votare sulla creazione di una “European Medicines Facility”, un’infrastruttura pubblica europea per farmaci, vaccini e ricerca biomedica che avrebbe il compito di stabilire le priorità sanitarie dell’Ue nell’interesse pubblico. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.

Ylenia Sina

Garantire un accesso “tempestivo ed equo” e a prezzi accessibili ai farmaci, soprattutto quelli per le malattie rare, spesso tralasciati dalle industrie farmaceutiche perché poco remunerativi.  Incentivare ricerca e innovazione. Dietro ai termini tecnici con cui si presenta, il dibattito in corso in queste settimane al Parlamento europeo, chiamato a votare il Rapporto sulla Proposta di Direttiva e Regolamento da parte della Commissione sulla revisione della legislazione farmaceutica europea, parla a tutti i cittadini dell’Unione. La bozza di Rapporto, che verrà votato la prossima settimana in commissione ENVI (la Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare) e poi ad aprile in seduta Plenaria del Parlamento, al momento include anche la creazione di una European Medicines Facility che avrebbe il compito di stabilire le priorità sanitarie dell’Ue nell’interesse pubblico. Una proposta che ricalca quella di un’infrastruttura pubblica europea per farmaci, vaccini e ricerca biomedica che il Forum Disuguaglianze e Diversità propone dal 2019 e che negli anni è stata sostenuta da numerose personalità del mondo scientifico. Tra loro anche il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, chiamato per “chiara fama” all’Università degli Studi Milano, al quale abbiamo chiesto di esprimersi in merito alla proposta e al quadro in cui si inserisce.
Nelle prossime settimane il parlamento europeo si esprimerà sulla proposta di revisione della legislazione farmaceutica che disegnerà l’Europa dei prossimi anni in tema di ricerca biomedica e produzione di farmaci. Questo percorso nasce, in parte, dalla consapevolezza che le priorità dell’industria farmaceutica non sono sempre allineate con gli obiettivi di salute pubblica. Condivide questa analisi? Perché e come le istituzioni europee dovrebbero occuparsene?
Il problema è impostato in modo impeccabile. L’obiettivo dell’industria farmaceutica è purtroppo quello di remunerare gli azionisti ma dovrebbe essere anche quello di lavorare nell’interesse dei pazienti. Dobbiamo dare grandi meriti all’industria farmaceutica, perché mai come in questo periodo ha individuato soluzioni straordinarie per malattie mai affrontate prima. Però a questo si associano costi non compatibili con un’attività che si rivolge al pubblico. E allora dobbiamo fare in modo che l’Europa funga da moderatore di questa attività, che è straordinaria. Pensiamo che senza i vaccini nel 2021 sarebbero morte 20 milioni di persone in più. Il profitto che è seguito per l’industria farmaceutica però non è stato proporzionato. Gli investimenti pubblici, soprattutto da parte di Stati Uniti e Germania e anche un po’ dall’Unione Europea, Norvegia, Canada, Singapore e Cina, sono stati enormi e i governi non hanno avuto nessun ritorno.
Nella bozza di Rapporto sulla legislazione farmaceutica è stata inserita anche la creazione di una European Medicines Facility che ricalca la proposta di infrastruttura pubblica europea avanzata dal ForumDD fin dal 2019, che lei ha sostenuto. Cosa potrebbe rappresentare per l’Europa la sua creazione?
Ho contribuito a dare corpo a questa proposta fin dall’inizio perché, a mio avviso, si tratta di un’infrastruttura indispensabile, come l’Agenzia spaziale europea o il Cern, che permetterebbe all’Europa di destinare alla ricerca sui farmaci finanziamenti dedicati, non straordinari rispetto alle disponibilità europee, anche con l’ambizione di produrre farmaci essenziali e per le malattie rare. Credo che una simile infrastruttura sarebbe importante anche per l’industria, perché costituirebbe un incentivo a innovare sempre di più e rappresenterebbe un calmiere per i prezzi che, a volte, non sono solo ingiustificati ma addirittura impensabili. Per esempio, certe malattie rare prima incurabili oggi sono curate con farmaci che danno risultati entusiasmanti ma a costi che nessun governo, nessun servizio sanitario e nessuna assicurazione, è in condizioni di affrontare. Tutto questo potrebbe finire se ci fosse una struttura europea che si occupa di questi farmaci, naturalmente collaborando con l’industria. Sono convinto che un sistema più aperto e trasparente aprirebbe anche per l’industria un mercato che oggi le è precluso.
In questo quadro, quale dovrebbe essere, secondo lei, il ruolo dell’industria farmaceutica?L’industria dovrebbe collaborare, consentendo per esempio che alcuni passi avanti possano essere acquisiti senza limitazioni dovute alla proprietà intellettuale che li rende, nei fatti, non disponibili. L’industria non può rendere sempre accessibili a tutti farmaci essenziali, o meglio, non lo vuole fare sempre. Un’infrastruttura europea che, oltre a occuparsi di produrre direttamente questi farmaci con sistemi più semplici, più trasparenti e meno costosi li mette a disposizione di tutti quelli che più ne hanno bisogno, rende in un certo senso anche l’industria stessa più aperta a popolazioni di pazienti che tradizionalmente sono lontani dal mercato.
Secondo lei l’Europa è pronta per un simile passo?
Sul piano teorico si possono produrre dei magnifici documenti, poi però le cose bisogna realizzarle e per questo ci vuole qualcuno che ci creda. Serve che uno degli Stati Membri la faccia diventare la sua proposta, faccia in modo che il settore pubblico, il mondo accademico e quello dell’industria si convincano della sua bontà e la porti avanti. Ci vogliono persone speciali per realizzare delle grandi idee. E questa è una grande idea che potrebbe essere rivoluzionaria per il mondo dei farmaci. Però è importante che l’Europa dia ai suoi cittadini il segnale fortissimo di volersi occupare in prima persona dell’esigenza di rendere i farmaci un bene da distribuire in modo equo, giusto e accessibile dal punto di vista economico per i governi. Il costo del farmaco non può essere determinato dall’industria che cerca di spuntare con una trattativa con i singoli governi e con le varie agenzie del farmaco il prezzo migliore. Lo sviluppo dei farmaci necessita di investimenti enormi però ci vuole anche qualcuno che sia capace di quantificarlo questo investimento, che può anche fallire, e di dare all’industria la possibilità di un ritorno economico giusto, attraverso l’esclusività e quindi attraverso i brevetti. La presenza di un’agenzia europea in grado di produrre i suoi farmaci e di distribuirli gratuitamente a chi ne ha bisogno può funzionare come punto di riferimento.*
L’autrice fa parte dell’Ufficio comunicazione Forum Disuguaglianze e Diversità”. All’intervista ha contribuito anche Martina Gazzo.


CREDITI FOTO: ANSA-ZUMAPRESS / Leandro Chemalle



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