Una catena umana per salvare Assange circonderà il Parlamento inglese

L’8 ottobre la grande manifestazione a Londra per liberare il giornalista australiano.

Rossella Guadagnini

Una catena umana per salvare Julian Assange circonderà il Parlamento di Londra l’8 ottobre per chiedere la liberazione del fondatore di Wikileaks, da tre anni detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, detta la “Guantanamo di Londra”. È un altro capitolo della clamorosa saga giudiziaria che ha suscitato interrogativi e dubbi in Europa e nel mondo sui confini tra libertà di stampa e sicurezza nazionale dei paesi, che rischia di mettere nuovi limiti alla possibilità di informare l’opinione pubblica sull’operato dei governi.

L’incriminazione di Assange per spionaggio e cospirazione riguarda lo svelamento di segreti di Stato attraverso migliaia di file diffusi dall’organizzazione da lui fondata Wikileaks, in particolare sui crimini di guerra compiuti dai soldati statunitensi durante i conflitti in Iraq e in Afghanistan.

L’orario d’inizio della manifestazione è previsto per le 13: è atteso un gran numero di partecipanti nella capitale britannica fin dalla prima mattina, non solo attivisti, ma anche comuni cittadini, provenienti da luoghi distanti del Regno Unito e dall’estero. Ci saranno alcune interruzioni di viaggio sulla rete ferroviaria, a causa dello sciopero fissato per sabato. Un team di steward alla stazione di Westminster indirizzerà le persone verso il posto da occupare nella catena.

“Quando tutti saranno arrivati -spiegano gli organizzatori- sarà ora di unire le braccia: le sirene dei megafoni e le trombe daranno il segnale. Un altro segnale suonerà per chiudere la protesta”, dopo che Stella Moris Assange, avvocata 38enne sudafricana, moglie dal marzo scorso del giornalista australiano, e altri intervenuti avranno rilasciato dichiarazioni alla stampa.

Julian Assange ha presentato, tramite i suoi avvocati, istanza di ultimo appello presso l’Alta Corte di Londra contro il decreto di estradizione negli Usa, autorizzato il 17 giugno scorso dalla ministra degli Interni inglese Priti Patel. Se verrà estradato negli Stati Uniti rischia una condanna a 176 anni di carcere che significherebbe, in pratica, la sua condanna a morte.

Per il fondatore di Wikileaks -accusato di aver rivelato al mondo le prove di atti di criminosi di cui ha responsabilità il governo americano- non ha avuto valore neppure la tutela del Primo Emendamento della Costituzione statunitense, che afferma: “Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o della stampa”.

Il giornalista è stato incolpato in base all’Espionage Act, una vecchia legge del 1917, usata negli ultimi anni anche da Trump (quando era alla Casa Bianca) contro le spie e per perseguire i responsabili di fughe di notizie e i ‘whistleblower‘, come sono chiamati i funzionari pubblici che denunciano irregolarità interne al sistema. Questa normativa stabilisce che è illegale la raccolta di informazioni, fotografie o copie di documenti relative alla difesa nazionale con l’intento di usarle contro gli Stati Uniti o nell’interesse di altre nazioni.

Gli avvocati di Julian Assange – a loro volta – hanno fatto causa alla Cia accusandola di aver spiato gli incontri con il loro cliente, mentre era rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Nel ricorso si chiama in causa una società di sicurezza privata, la Uc Global, ed il suo responsabile, per aver illegalmente registrato i colloqui per consegnarli all’agenzia di spionaggio americano, allora guidata da Mike Pompeo.

Numerose le iniziative in appoggio ad Assange da parte di organismi come Amnesty International e gli appelli per la sua liberazione: dall’inviato speciale dell’Onu contro la tortura Nils Melzer al Premio Nobel per la Pace Adolfo Maria Pérez Esquivel. L’analista informatico Edward Snowden, americano naturalizzato in Russia, ha sostenuto che “Assange è un prigioniero politico”. Solidarietà e mobilitazioni hanno attraversato il pianeta, dall’Europa all’Australia, dove vive il padre di Assange, John Shipton, e il fratello Gabriel.

In Italia, si sono svolti eventi di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, organizzati dai principali organismi della stampa, a partire dalla Fnsi, Ordine dei giornalisti e sindacati, preoccupati per le conseguenze che un verdetto negativo potrebbe avere sulla libertà di informazione e i diritti umani.



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