“Rifondiamo una nuova idea di rappresentanza”. In piazza il 5 novembre per la giustizia sociale e ambientale

La rete di associazioni promotrici della manifestazione del prossimo inizio novembre “Non per noi ma per tutte e tutti” ha presentato la sua piattaforma di rivendicazioni sociali per l’uguaglianza sociale, ambientale e l’inclusione.

Federica D'Alessio

Una manifestazione di piazza, il prossimo 5 novembre a Roma, per raccogliere la società civile attorno a una piattaforma di contenuti stringenti contro le disuguaglianze e l’esclusione, per la giustizia ambientale e sociale. “Non per noi, ma per tutte e tutti”, hanno intitolato l’iniziativa gli aderenti all’appello, sottoscritto finora da più di cinquecento sigle fra associazioni civiche, centri studi, sindacati, realtà del territorio, case delle donne, presidi antimafia, parrocchie e comitati. Alcuni rappresentanti delle principali realtà promotrici – Forum Disuguaglianze e Diversità, Rete dei Numeri Pari, FIOM-CGIL, Casa internazionale delle donne di Roma fra le altre – hanno presentato il percorso politico della manifestazione lo scorso 10 ottobre presso la Federazione Nazionale Stampa Italiana a Roma, costruito attorno a una piattaforma ambiziosa e puntuale nell’analisi dei problemi sociali e nell’indicazione di alcune soluzioni. “Un progetto che non si lega alla legislatura che sta per cominciare o al Governo che verrà, ma è cominciato da ben prima, da ancora prima che cadesse il Governo Draghi”, ha spiegato a MicroMega Andrea Morniroli, co-coordinatore insieme a Fabrizio Barca del Forum Disuguaglianze e Diversità. “Perché la realtà è che sui temi che sono oggetto della nostra attenzione – il lavoro, la transizione ecologica, la cura – non abbiamo visto nei fatti grandi differenze fra i governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Pensiamo al Jobs Act o allo smantellamento progressivo dei servizi sanitari territoriali. Per noi, all’origine di questo progetto c’era proprio l’idea che qualunque sia il governo occorre ripristinare un’attenzione politica su tutto ciò”.

Morniroli ha presentato la piattaforma della manifestazione insieme a un ampio parterre di leader e portavoce di varie realtà associative: Giuseppe De Marzo, coordinatore nazionale della Rete dei Numeri Pari, Maura Cossutta presidente della Casa Internazionale delle Donne, Alice Basiglini di Baobab Experience, Michele Azzola, segretario generale CGIL di Roma e Lazio, Don Luigi Ciotti presidente di Libera e Gruppo Abele con un videomessaggio, Michele De Palma, segretario Generale della FIOM-CGIL nazionale, Walter De Cesaris, segretario nazionale Unione Inquilini, Federico Dolce, portavoce di Diem25, Loretta Mussi dei Comitati per il ritiro di ogni Autonomia Differenziata, Elena Mazzoni di Transform!Italia oltre al costituzionalista Gaetano Azzariti dell’associazione Salviamo la Costituzione.

Il punto di partenza del percorso, come si legge fra le rivendicazioni, è la “drammatica situazione che si è generata nel nostro Paese negli ultimi due anni, dove all’aumento delle disuguaglianze causato dalle politiche di austerità imposte dall’Europa, si è sommato l’impatto della pandemia e infine la guerra. Questo a fronte di timide risposte spesso inefficaci da parte dei Governi che si sono succeduti. La politica considera evidentemente ‘accettabile’ la condizione materiale ed esistenziale in cui vive la maggior parte delle persone nel nostro Paese: 5,6 milioni di persone in povertà assoluta e 8,8 milioni in povertà relativa; 4 milioni di lavoratori e lavoratrici povere; 8 contratti di lavoro su 10 precari; 3 milioni di giovani NEET; dispersione scolastica al 13%; analfabetismo di ritorno oltre il 30%; 10 milioni di persone non riescono più a curarsi e una persona su tre è a rischio esclusione sociale. Tutto questo mentre dal 2008 a oggi il numero dei miliardari è passato da 12 a 51 e tra marzo 2020 e novembre 2021 il valore dei patrimoni dei super-ricchi è cresciuto del 56%”.

Le proposte sono articolate in più punti. Rafforzamento del reddito di cittadinanza sulla base delle indicazioni della commissione scientifica presieduta da Chiara Saraceno, riforma del welfare e attenzione al diritto all’abitare, come pilastri sociali europei; istituzione di un salario minimo che concida con i minimi contrattuali e non diventi sostitutivo dei contratti di lavoro nazionali, per la restituzione di dignità al lavoro e a chi lavora. Riconversione – non semplicemente “transizione” – ecologica equa e ad alta densità di lavoro, cioè pianificata e pubblica, partecipata, inclusiva verso i lavoratori e le lavoratrici. Utilizzare, come presidio democratico fondamentale, il metodo della co-programmazione e della co-progettazione, rafforzando la partecipazione dei soggetti sociali alle scelte che riguardano la loro stessa vita, allo scopo fondamentale di contrastare l’astesionismo elettorale e politico da un lato, la penetrazione mafiosa da un altro lato, sulla base di quanto stabilito dalla sentenza 131/2020 e dal codice del Partenariato Europeo.

Sempre a proposito di presidio democratico e partecipativo, la piattaforma propone l’istituzione da parte degli enti locali delle Consulte cittadine sui beni confiscati, allo scopo di promuovere pratiche rigenerative di welfare di comunità e mutualismo, oltre che di memoria condivisa. Dalla piattaforma della manifestazione arriva anche un deciso stop alle politiche di Autonomia differenziata, altro punto su cui le differenze fra destra e sinistra si sono assottigliate in modo inquietante nel corso degli anni: “Per il ritiro di ogni proposta e disegno di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata, che mina l’unità della Repubblica e aumenta le diseguaglianze nella fruizione dei diritti, e per l’apertura di un grande dibattito pubblico su un tema sostanzialmente secretato”.

Infine, la piattaforma del 5 novembre mette al centro la necessità dell’accoglienza e della solidarietà verso le persone immigrate. “Mettere fine alla politica di esternalizzazione delle frontiere e ai respingimenti su procura a partire dal Memorandum Italia-Libia, dire No alla criminalizzazione della solidarietà che colpisce chi raccoglie le persone in mare e salva loro la vita applicando contro di loro il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Privilegiare l’accoglienza diffusa e prevenire l’emarginazione sociale, ristabilire lo stato di diritto per i boat driver, oggi accusati ingiustamente di scafismo e detenuti nelle carceri italiane”.

L’abbondanza di contenuti è tale che potrebbe costituire a buon diritto l’abbrivio programmatico di un nuovo soggetto politico. Ma, spiega Morniroli a MicroMega, “la priorità oggi non può essere costruire un programma per un partito che non c’è. È piuttosto rivedere la nostra idea di rappresentanza. Quel fermento, quel formicolio sociale di civismo attivo, educativo, ambientale, sulla base del lavoro che c’è nel Paese profondo, che è molto più avanti della politica, che ha saperi concreti perché centrati sulla realtà, mentre spesso la politica discute delle rappresentazioni della realtà, se deve dare un mandato lo deve dare a sé stesso. Noi abbiamo il dovere di trovare le forme per creare aggregazioni che restituiscano densità a queste esperienze, facendo un salto dalla sperimentazione alla pratica ordinaria. Se poi questo dovesse significare un mattone per un nuovo partito, non è questo l’obiettivo. Né della manifestazione, né tantomeno del Forum Disuguaglianze e Diversità di cui sono parte”. Autorappresentanza, insomma. Quella che è mancata per tanti anni in questo Paese, scalzata da una politica leaderistica che si è affidata all’uomo carismatico. “La grande capacità del civismo attivo, in passato, è stata quella di creare densità di temi e azione nella società; una densità tale che obbligava la politica a tenerne conto. Da quando abbiamo cominciato a confondere le posizioni con i posizionamenti, abbiamo perso di peso. Dobbiamo ripristinare autonomia, competenza e radicalità.” Una considerazione che è anche autocritica, più volte ripresa nel corso della conferenza stampa anche da Maura Cossutta della Casa internazionale delle donne e da Elena Mazzoni di Transform!Italia: l’autoreferenzialità della parte più radicalmente a sinistra di questo Paese è un problema con cui fare i conti, a maggior ragione nel momento in cui il disagio sociale si allarga al punto che gli operatori del terzo settore, i ricercatori non ne sono investiti soltanto in virtù del loro lavoro per le fasce più deboli ma in prima persona, nella loro stessa vita. “Dobbiamo uscire dalla cerchia del ‘lavoro di avanguardia per gli ultimi’ in cui ci siamo chiusi negli ultimi anni”, riflette Morniroli. “Parlare con le comunità attorno a noi, comunità fortemente vulnerabili. Dobbiamo parlare con le persone che non sono andate a votare o che sono andate a votare a destra, perché si riconoscono di più in un’idea di sociale corporativa e identitaria come quella promossa dalla destra. Questi settori che un tempo erano i destinatari della politica di sinistra e oggi non lo sono più”.



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