No all’Autonomia differenziata, dal pessimismo dell’intelligenza all’ottimismo della volontà

L’intervento di Marina Boscaino l’8 maggio per l’incontro in Senato “Quale Repubblica dopo l’Autonomia differenziata”?

Marina Boscaino

La parola che mi viene in mente qui oggi è responsabilità. La grande responsabilità che abbiamo di rispondere della Costituzione italiana come cittadine e cittadini, associazioni e comitati, sindacati e formazioni politiche. Di difenderne i principi, su tutti i primi 12, intransigentemente orientativi rispetto a tutta l’architettura seguente, quella del ’48 – si intende – non scempiata dai tentativi di manomissione più o meno riusciti, che si sono susseguiti nel corso degli anni. La riforma del Titolo V, seguita dalla revisione dell’art.81, sono stati tra i casi più drammatici.
Mi viene poi in mente Piero Calamandrei, che nel 1955 afferma: “È stato detto giustamente che le costituzioni sono anche delle polemiche. Questa polemica, di solito è una polemica contro il passato, contro il passato recente, contro il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime”. Di solito contro il passato, dice.

Oggi la Costituzione del ’48 – quella che promuove partiti, sindacati, associazione, partecipazione delle cittadine e dei cittadini – è un atto di accusa senza precedenti nei confronti del presente, di quello che siamo diventati e che ci apprestiamo a diventare: il Paese in cui  attraverso la determinazione di Livelli Essenziali delle Prestazioni (I Lep) per mano di una sedicente “cabina di regia” e una Commissione, entrambe nominate dal governo, senza coinvolgimento del Parlamento, organo apicale della democrazia parlamentare.
Ciò significa che la più sconvolgente riforma dello Stato sociale e dei diritti universali verrà promossa e decisa tenendo fuori il popolo sovrano. Vuol dire che – attraverso il Ddl Calderoli – verranno stipulate intese (patti simili a contratti privati) tra governo e regioni, ancora una volta senza coinvolgimento del Parlamento. E la potestà legislativa esclusiva su un numero straordinario di materie che riguardano l’esistenza di donne e uomini sarà prerogativa regionale, ovvero della componente della Repubblica più lontana da cittadine e cittadine. Non sentiamo, dunque, tutte e tutti noi, il peso di una responsabilità che fa girare la testa, tanto è grande?

Vogliamo e possiamo essere complici della devastazione dell’unità della Repubblica, delle conquiste dei lavoratori, delle lavoratrici e delle donne, che già hanno subito e stanno subendo ferite indelebili a causa della pandemia, di una guerra insensata come tutte le guerre (una guerra che dovremmo ripudiare), dell’aumento smisurato delle diseguaglianze, di diritti universali già minati nel loro essere esigibili in egual misura da tutte e tutti grazie all’eversiva riforma del Titolo V e a decenni di egemonia dell’economia rispetto alle esistenze delle persone?
Noi dei Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata, l’unità della Repubblica, l’uguaglianza dei diritti, che da 5 anni ci battiamo con l’unico scopo di arginare e sconfiggere questo scellerato progetto sentiamo sulle nostre spalle tutto il peso di questa responsabilità. Ma sappiamo anche molto bene che – da soli – non si va da nessuna parte. Troviamo coraggio e determinazione – qui ed ora -di stringere un patto: siamo sull’orlo del baratro.

Un baratro che minaccia tutte e tutti: cittadine e cittadini (che vedranno determinati i propri diritti sulla base del certificato di residenza), associazioni e comitati (perché la resa all’arbitraria legge del più forte non potrà che demotivare, aumentare a dismisura lo spazio dell’individualismo, dell’“io speriamo che me la cavo”), sindacati (attaccati addirittura sul contratto collettivo nazionale, oltre che sulle conquiste ottenute nella stagione delle lotte), partiti ed associazioni politiche (destinati alla solitudine desolante, nel progressivo annullamento degli spazi di democrazia che l’autonomia differenziata determinerà; e il presidenzialismo è alle porte).
Il principio dell’“uguaglianza nella diversità” – per Lelio Basso virtù sovrana della democrazia – sta per essere sostituito da diritti diversi in base al ceto di appartenenza. Il compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli sta per lasciar posto alla immobilizzazione di destini e diritti sociali e civili per norma definita da coloro che da ciò trarranno vantaggio. Lo Stato che spendeva per garantire in ugual misura la salute dei cittadini, considerandola un bene primario, sta per lasciare il posto definitivamente alla sanità privata, che dalla malattia trae profitto. La scuola della Repubblica, spina dorsale del Paese, lascerà il posto al culto delle piccole patrie.

Che aspettiamo, allora? Di cosa abbiamo paura? Cosa abbiamo da perdere, se non la nostra dignità, se non uniamo le forze, allarghiamo il fronte attraverso formazione, informazione, studio, mobilitazione contro il nostro comune avversario, il progetto esplicitato nel Ddl Calderoli?
La cancellazione del co.3 dell’art 116 è da sempre una nostra proposta, anche se in questa legislatura stentiamo a trovare una sponda. Chiediamo da tempo unità di intenti e coesione nelle Camere, cosa che ancora stentiamo a vedere concretamente. Mi rivolgo alla vicepresidente Castellone, che ringrazio per aver consentito questo nostro incontro e dunque al M5S, ma anche a eventuali rappresentanti di partiti politici qui presenti: chiediamo un ostruzionismo netto, a partire dal Senato dove – pur conoscendo gli ostacoli frapposti dall’essere il ddl collegato al Bilancio – sono a nostro avviso di particolare importanza le pregiudiziali di costituzionalità del ddl Calderoli, che contrastano gli artt 2, 3, 5 e 119 della Carta. La contestazione, poi, della scelta di un disegno di legge ordinario per definire le competenze legislative del Parlamento. Tali elementi potrebbero in futuro costituire motivo di appello al Presidente della Repubblica ed elemento utile per gli stessi possibili ricorsi alla Corte Costituzionale.

La vostra azione di contrasto all’interno delle istituzioni sarà seguita e sostenuta da fuori con tutte le nostre forze e la nostra energia. Voi dentro e noi fuori: è qui ed oggi che speriamo di stabilire un’alleanza virtuosa che, sola, può dare un segnale di coesione privo di tentennamenti e ambiguità.
L’incontro di domani (9 maggio ndr.) tra la presidenza del consiglio e le forze di opposizione per cominciare a discutere di riforme istituzionali dovrebbe far registrare un pronunciamento chiaro rispetto al percorso Calderoli: le pratiche democratiche dovrebbero riguardare tutte le riforme istituzionali e non solo il presidenzialismo; noi faremo la nostra parte anche in quella battaglia.
Infine questa è una lotta che deve coinvolgere l’intero Paese. Fatevi promotori – con i  sindaci, le associazioni, i sindacati, le cittadine e cittadini – di un grande movimento di massa – dal Nord al Sud del Paese, perché tutte e tutti (soprattutto i più svantaggiati) saranno colpiti dai diritti differenziati. Aiutateci ad allargare il fronte di coloro che da tanto tempo stanno denunciando il pericolo, che ora è imminente.
Solo così invieremo al governo il chiaro messaggio che pagherà un prezzo molto alto, se deciderà di andare avanti per questa strada.



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