Mario Gozzini, l’uomo del dialogo

Dialogo, etica e laicità: così si potrebbe sintetizzare la biografia umana e politica di Mario Gozzini, intellettuale e politico cattolico nelle file del Pci da indipendente, con cui è stato senatore per tre legislature consecutive. Come portatore di modalità nuove di interazione tra politica e società civile, ponendo al centro il dialogo tra cattolici e laici, Gozzini è stato un indiscusso protagonista dell’idea di libertà e pluralismo nella storia d’Italia del XX secolo. Lo ricordiamo pubblicando la conclusione di un recente saggio uscito per Marietti1820.

Giambattista Scirè

Se si prova a tracciare un bilancio della sua decennale attività come indipendente di sinistra, protagonista della pattuglia cattolica in un’azione che ha avuto nella laicità il suo principale fulcro culturale, nel compromesso storico la sua bussola ideale e nell’alternativa democratica il suo reale obiettivo politico, si deve subito puntualizzare che Mario Gozzini è stato una figura decisamente ingombrante.
Come tutti i soggetti complessi, la sua attività politica è stata caratterizzata da luci e ombre. L’indipendente di sinistra Gozzini non ha rappresentato solo un pezzo di élite intellettuale prestato alla politica, come qualcuno potrebbe essere portato a credere, e non è stato nemmeno simile a quei compagni di strada del Pci negli anni dell’immediato dopoguerra. Non è stato un ‘tecnico’, in senso stretto, professionista esperto di un mestiere che ha messo le sue competenze al servizio della collettività, e tanto meno è stato un ‘notabile’, come qualcuno inizialmente provò a dire, polemicamente, parlando della figura dell’indipendente di sinistra. È stato, certamente, il tramite in parlamento di persone, gruppi e associazioni che avevano fatto un percorso di ‘frontiera’, nella storia repubblicana, e che stavano provando a costituire un nuovo ceto politico che, alla fine di quell’esperienza parlamentare, non riuscì più ad avere, se non marginalmente, alcuna rappresentanza nella politica istituzionale.
Gozzini mise a disposizione del Partito comunista, da indipendente, e, più in generale, del parlamento e del paese, le proprie svariate competenze di studio e di approfondimento scientifico con potenzialità di sbocco politico-legislativo – come si è avuto modo di dire – davvero enormi.
La sua caratteristica peculiare (come, peraltro, di altri suoi colleghi indipendenti di sinistra) è stata di fare politica senza curarsi troppo delle mediazioni cui era costretto, invece, il lavoro quotidiano del professionista di partito o del dirigente burocrate. Gozzini non aveva bisogno di mandare messaggi o segnali alla sua dirigenza o agli altri schieramenti parlamentari. Con maggiore elasticità e mobilità si è trovato a ricercare e sperimentare nella vasta area di operatori, movimenti, soggetti sociali, attività di volontariato e solidarietà, riviste culturali, forme di rappresentanza varia di ecologismo, pacifismo, femminismo, immigrazione, minori, aree e forze che, di fatto, intendevano rimanere esterne e autonome rispetto al raggio di azione e di intervento dei partiti intesi in senso stretto. In poche parole, Gozzini è stato portatore di modalità nuove e storicamente più adeguate di interazione tra politica e società civile, ponendo al centro il dialogo tra cattolici e laici, i diritti civili e umani, la lotta alla corruzione e la questione morale in un mondo sempre più globale.
In sintesi, Gozzini ha rappresentato un valore aggiunto per la sinistra italiana intesa in senso classico, essendo in grado di assicurare il consenso fuori dai voti cosiddetti di ‘appartenenza’, cioè legati ai tesserati o ai sostenitori, essendo stato capace di intercettare, piuttosto, i voti cosiddetti di ‘opinione’, dei simpatizzanti, cioè di coloro che non erano obbligatoriamente nell’area politica del partito di riferimento in senso stretto, letterale, o di classe[1]. Paradossalmente, l’eccessiva indipendenza di elaborazione e proposta di Gozzini rispetto al Pci ha finito col rendere la sua azione, e in parte quella del suo gruppo parlamentare, un corpo quasi estraneo rispetto al partito di riferimento e, quindi, non gli ha permesso di incidere come avrebbe potuto e voluto in termini legislativi. Il suo ruolo è rimasto sempre legato e irretito dentro una cultura politica, comunque, di opposizione, che non permetteva adeguati contributi in direzione di una alternativa politica, di alternanza, da sinistra, al governo del paese. Per far ciò sarebbe servita, invece, una omogeneità di progetto politico che non c’era, come ha dimostrato l’eccessiva eterogeneità e conflittualità delle posizioni all’interno del suo gruppo, soprattutto nel periodo finale. Di certo, limiti e difetti a parte, i progetti ideali e culturali prima, e le azioni politiche e sociali concrete dopo – come si è visto bene in queste pagine – fanno indubbiamente di Gozzini un indiscusso protagonista del dialogo, dell’idea di libertà e pluralismo, della laicità nella storia d’Italia del XX secolo.
Per provare a scolpire, in una sorta di compendio, quanto si è appena narrato, può essere illuminante riportare il contenuto di una lettera, inviatagli nel 1994 dal suo grande amico Alfonso di Nola, al quale Gozzini aveva fatto dono del libro Oltre gli steccati, poco prima che morisse: “La tua fu una scelta politica condotta certamente in un profondo travaglio e secondo le linee di una decisa onestà. Riconosco anche, al di là delle linee, le figure che ti furono vicine nella dura impresa di una professione di onestà politica in tempi che, già negli anni trascorsi, erano inquinati dal malcostume e dalla prepotenza dei violenti e degli idioti. Certo sai bene che non ho alcuna fiducia in questo partito trasformista della cosiddetta “sinistra” e ritengo che costoro abbiano contribuito all’inesorabile logoramento delle mete utopiche nelle quali ho sempre creduto come a motivi fondamentali dell’essere storico. Né credo di dover prestare fiducia all’attuale papa, immerso nel marasma di intrighi di bassa politica, di interessi bancari, di temporalismo fazioso e inutile, dimentico per sempre dei valori evangelici. Capisco che queste posizioni, che pure circolano in mezzo ai molti giovani che vedo, sono inficiate dalla carenza di realismo storico e di adattamento machiavellico alle circostanze concrete. Ma, pur rispettando profondamente persone di adamantina buonafede come te, lasciami perseverare, verso il finale traghetto, nel mio immaginario utopico e nell’aspro rifiuto di tutti i compromessi che sono le conquiste della nuova politica”[2].
Gozzini morì il 9 gennaio 1999, agli sgoccioli dello scorso millennio. A sottolineare il suo adamantino rigore morale, manifestato in più occasioni nel corso della sua vita, si può chiudere questa biografia con gli stralci di due lettere che egli inviò – rispettivamente nell’aprile 1987 e nel marzo 1990, prima di voltare l’ultima pagina della sua intensissima esistenza – al segretario nazionale del Partito comunista italiano, Alessandro Natta, quando decise di rimettere il mandato di parlamentare, e al segretario della Federazione provinciale fiorentina (nonché futuro sindaco della città), durante il travagliato passaggio dal Pci al Pds, che gli aveva proposto di candidarsi per il consiglio comunale come protagonista simbolico, fuori dagli schemi della logora e vecchia logica di appartenenza partitica, del rinnovato partito della Sinistra italiana.
Caro Natta, esprimendo anzitutto la mia profonda riconoscenza al partito che per tre volte mi ha eletto al senato, ti comunico la mia ferma intenzione di non accettare una quarta candidatura. Ecco le motivazioni: 1. È bene che il mio seggio vada ad altro compagno più giovane ed efficiente di me; 2. Ritengo complessivamente non ripetibile l’esperienza della Sinistra indipendente della IX legislatura: contrasti logoranti, insanabili, fino alla sfiducia reciproca, emersi all’esterno anche in votazioni politicamente molto rilevanti; di questa situazione mi sento corresponsabile; 3. La mia presenza in parlamento dette evidenza e rappresentanza all’area dei cristiani non democristiani che si riconoscevano nel Pci. È un fatto, da riconoscere, e da analizzare, senza rimuoverlo, che quest’area si è in gran parte allontanata. La mia rappresentatività ne viene messa in discussione. Sia chiaro, non ho affatto l’intenzione di abbandonare il campo. Il Pci rimane per me l’unica possibilità che la politica sia organizzazione della speranza, non soltanto quel mercato impazzito cui si è ridotta”[3].
Qualche anno dopo, Gozzini elencò le ferme ragioni della sua indisponibilità a fare da stampella o paravento a un progetto nel quale, evidentemente, non credeva affatto:
1. Personali private: età, stanchezza, impegni, libri da scrivere; 2. Personali politiche: nessuna conoscenza diretta e approfondita dei problemi della città, sarebbe una candidatura da notabile (o reduce) destinato a fare tappezzeria e non mi piace; 3. Politiche oggettive: nessuna partecipazione alla stesura del programma (mancano i tempi) che dovrei accettare a scatola chiusa anche nella forma; mia antica contrarietà a programmi lunghi e diluiti come la novella dello stento; questione indipendenti: rapporto ormai insufficiente e precario; a livello locale è improponibile quello che avviene in parlamento; ritengo la chiusura dei gruppi dirigenti un fatto negativo anche ai fini della nuova formazione politica; o la si rompe sul serio o la svolta non servirà, non bastano le liste aperte, ossia con indipendenti cooptati all’ultimo momento; nel 1976 la mia candidatura aveva un carattere politico preciso: far emergere il voto cattolico nel Pci, rompere il conformismo contrario; oggi, scomparse tutte le ragioni di principio e giustificazione di tale conformismo, non avrebbe alcun vero significato”[4].
Se sul piano culturale la sua presenza sui giornali, nelle riviste, nella casa editrice, nella scuola, nell’università, nelle associazioni, nelle fondazioni, negli istituti, nei centri studi, nei cenacoli, durante il corso del XX secolo è stata costante; se sul piano religioso e teologico il suo pungolo dentro il mondo cattolico è stato continuo; se sul piano politico e sociale la sua azione di proposta legislativa è stata martellante (basta consultare gli atti parlamentari e si vedrà quanta attività, in termini di disegni di legge, emendamenti, lavori in commissione, egli ha svolto nel corso delle diverse legislature); se sul piano del dialogo tra i due mondi comunista e cattolico il suo ruolo è stato di primissimo piano, da assoluto protagonista, occorre, da ultimo, spendere qualche parola sul piano della sua umanità e della sua fede.
Non è usuale incontrare una persona che viva il rapporto umano in modo così sincero e spontaneo come fece Gozzini in vita sua, come non è affatto facile incontrare una persona che viva la fede in modo così impegnativo, individualmente e collettivamente.
Gozzini ha sempre colpito gli interlocutori per la profonda lealtà umana che metteva nei rapporti e nelle relazioni interpersonali. Era una persona di rara capacità di ascolto, sempre disponibile a intervenire direttamente e soprattutto spontaneamente, facendosi carico di aiutare gli altri, in particolare gli ultimi, cioè quanti avessero problemi o difficoltà. Ha sempre evitato, nel corso della sua vita, di considerare la religione come uno strumento di condizionamento politico. La religione era per lui una realtà interiore, personale, non pubblica o politica. Non ci fu mai una sola azione politica e sociale da parte sua che fosse connotata politicamente come un gesto da cattolico. Ha sempre affrontato tutte le questioni politiche con una fede fervente e rocciosa, ma evitando sempre di dichiarare che il contenuto di una sua azione culturale o politica dipendesse dalla religione che professava.
Se si vuole tracciare, infine, un bilancio della sua azione complessiva va subito detto che Gozzini, nel corso della sua vita, non ha mai nascosto gli aspetti negativi della realizzazione del comunismo ortodosso, a partire dall’umanesimo ateistico fino all’edificazione dello stato totalitario, ma questi aspetti – da lui sempre rifiutati e criticati – non hanno mai rappresentato un motivo sufficiente per arrestare la ricerca del dialogo per la collaborazione tra credenti e non credenti, tra cattolici e comunisti. L’iniziativa e la responsabilità del dialogo alla prova, come ebbe a specificare nell’introduzione al libro che ne fa da manifesto programmatico[5], era partita dai cattolici (i comunisti lo invocavano da tempo), dei quali egli evidenziava l’impreparazione, in particolare nel mondo della Dc e dell’associazionismo organizzato, ma anche della chiesa, confermando così, ancora all’indomani del concilio e del primo centro-sinistra, la sua diffidenza sul livello di maturità del cattolicesimo italiano. Dall’altra parte, verso il Pci, le sue riserve non erano tanto dirette alle residue tracce di stalinismo e di rigidità ideologica (che pure c’erano), quanto alla mancanza di una visione programmatica di lungo periodo, soprattutto sui temi della critica alla civiltà occidentale, al processo di trasformazione delle strutture sociali e dei comportamenti individuali e collettivi, che doveva, a suo avviso, essere innervato da una tensione innovativa e da una carica utopica e rivoluzionaria più profonde.
Le strade del dialogo, come sappiamo, incontrarono numerose resistenze, destinate a intralciarlo o comunque a rallentarlo, a partire dalle spinte anti-conciliari nella chiesa, all’affermarsi della linea dorotea nella Dc, alle stesse estremizzazioni dei gruppi del dissenso, che spesso non giovarono alla collaborazione tra i due mondi. Al di là di questo, va dato atto che Gozzini, attraverso il suo intervento culturale, politico, teologico, ha contribuito da assoluto protagonista a un notevole progresso sul terreno della laicità, non solo nella vita della chiesa (vicende ante e post conciliari) e del mondo cattolico (superamento dell’unità politica dei cattolici), non solo nella struttura del Pci (statuto e pluralismo), ma, più in generale, nelle complesse dinamiche dell’intera società italiana (divorzio, aborto, carceri, concordato).
In questo senso Gozzini ha messo in pratica il “dialogo alla prova”, non solo teorizzandolo nei suoi scritti, non solo tramutandolo in fatti politici nell’azione parlamentare, ma soprattutto vivendolo in prima persona nella realtà quotidiana di confronto con il diverso, con una profonda dose di bontà e disponibilità verso gli altri.
Si potrebbero usare tre termini – dialogo, etica, laicità – nel senso di contaminazione e mescolamento delle idee al fine di una laica collaborazione volta al miglioramento della società – per sintetizzare l’intero percorso e il senso di questa biografia storica.
[1] Il fenomeno non è stato ancora studiato adeguatamente in Italia; esiste uno studio interessante, che fornisce una panoramica delle caratteristiche e del comportamento culturale e politico degli indipendenti americani, i quali, in realtà finiscono con l’essere assimilabili, in termini di voto, ai militanti (cf. B. Keith [a cura di], The Myth of the Independent Voter, University of California Press, Berkeley-Los Angeles 1992).
[2] Cf. lettera di A. Di Nola a M. Gozzini del 17 marzo 1994, in IGT, FG, cartella 88, C-D.
[3] Cf. lettera di M. Gozzini ad A. Natta, aprile 1987, in IGT, FG, cartella 91, N-P.
[4] Cf. lettera di M. Gozzini a L. Domenici del 29 marzo 1990, in IGT, FG, cartella 88, C-D.
[5] Cf. M. Gozzini (a cura di), Dialogo alla prova: cattolici e comunisti italiani, Vallecchi, Firenze 1964, pp. VIII-X, 5-11.



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