Riunire tutte le sinistre: Mélenchon come Mitterand nel 1972?

La Francia torna al voto per le legislative il prossimo giugno. Che possibilità ci sono per l’Unione delle sinistre di imporre a Macron una coabitazione con Mélenchon primo ministro?

Marco Cesario

PARIGI. C’è aria di storia in quel di Parigi. C’è profumo di maggio francese che non è solo quello dei pavés lanciati sul Boulevard Saint Germain contro una polizia che solo qualche anno prima aveva represso nel sangue la rivolta degli algerini gettandone i corpi nella Senna. Il maggio di cui si evocano gli onori non è solo quello degli studenti asserragliati nella Sorbona e delle fughe dalle cariche poliziesche nelle librerie del Quartiere Latino per sancire il primato della cultura su quello della repressione e della violenza. “Abbiamo dimostrato di saperci riunire sull’essenziale: convergere su un progetto comune per cambiare la vita delle persone”. Poche ore dopo il voto del Consiglio Nazionale del Partito Socialista, che ha sancito l’accordo con La France Insoumise di Mélenchon e la nascita della Nouvelle Unione Écologique et Sociale (NUPES), una formula storica conosciuta ai più viene evocata da Pierre Jouvet.

“Cambiare la vita” era infatti il nome del programma del Partito Socialista di François Mitterrand, lo slogan del “Programma comune” dell’Unione della Sinistra del 1972 che preparò la clamorosa vittoria del maggio del 1981. Cinquant’anni dopo, lo slogan appare non solo nelle parole dei dirigenti de La France Insoumise ma anche in quelli del Partito socialista. Impossibile non vederci una comunità d’intenti, una regia politica che fa riferimento ad un momento storico della Francia: il primo raduno della sinistra, formalizzatosi nel famoso Congresso di Épinay del 1971, l’appuntamento politico che avrebbe cambiato per sempre le sorti del paese transalpino. Se Mitterand non avesse osato quel grandioso progetto politico, un po’ utopico ma iscritto precisamente nella storia dei movimenti politici di Francia, non sarebbe mai riuscito a vincere quelle elezioni e la Francia non sarebbe oggi forse il paese europeo che conosciamo, ovvero quello con maggiori protezioni sociali e maggiori garanzie e diritti ai lavoratori. L’impronta socialista di Mitterand si sente ancora oggi nei gangli dell’amministrazione e nei meandri della società civile francese ed è in questa stessa storia politica che Mélenchon ha deciso di muoversi per far fare un passo da gigante alla Francia ferita dal macronismo rampante, un misto di ultraliberismo condito con la retorica buonista dell’europeismo spicciolo.

Oggi, paradossalmente, la figura federatrice di Mitterrand permette ad una sinistra disunita e in via di decomposizione di ritrovare un’unità insperata. Ma ciò è possibile perché Mélenchon dopo le presidenziali, con il Partito Socialista spazzato via dagli elettori, ha sentito che il vento era a favore, che il 22% (oltre 7,7 milioni di elettori) sono il più grande risultato mai raggiunto in carriera. Ora o mai più si è detto guardando anche agli impietosi numeri delle altre forze di sinistra. Mitterand è dunque nelle parole ma anche nella strategia politica a lungo termine. Alcuni non esitano a collegare alcuni elementi del programma stesso di NUPES a proposte un tempo difese dall’ex presidente socialista: “Nel 1981, nelle 110 proposte di François Mitterrand, c’era la pensione a 60 anni. Siamo fedeli al socialismo quando lottiamo per il pensionamento a 60 anni”, ha detto il deputato Alexis Corbière. Non sono un caso queste affermazioni perché anche nella diversità d’intenti l’azione federatrice di Mélénchon è tracciata sulla falsariga di quella di Mitterand.

Come scrive su Nouvel Obs Pascal Riché, nel pantheon di Jean-Luc Mélenchon ci sono diversi eminenti personaggi storici: Filippo il Bello, Robespierre, Hugo, Marx, Jaurès e Mitterrand. A volte si ispira all’uno e a volte all’altro. Quando difende la sovranità nazionale contro l’Europa, prende in prestito da Filippo Il Bello che prendeva le distanze dal papato. Quando esalta il popolo di fronte alle oligarchie, imita Robespierre, opponendo la virtù – l’interesse generale – alla corruzione – gli interessi particolari. Quando critica la “miseria” e il declino della mortalità infantile in Francia, ricorda Hugo. Quando parla di disuguaglianze, di povertà, di privilegi ricorda Marx ma oggi la sua bussola sembra essere Mitterrand, l’uomo che ha riunito la sinistra alla fine degli anni Settanta.

Prima di lui, solo Mitterrand era riuscito ad unire tutta la sinistra, portandola alla vittoria nel maggio 1981. Ma c’è una grande differenza tra la situazione di oggi e quella della Francia della fine degli anni Settanta. Il centro di gravità dell’unione della sinistra, il Partito Socialista, era all’epoca al centro dell’arco politico della sinistra. Mitterrand in quegli anni aveva il Partito Radicale alla sua destra e il PCF alla sua sinistra. Oggi il baricentro del partito dominante, LFI, è a sinistra della sinistra. La radicalità è forse nella direzione della storia, viste le sfide ecologiche, sociali e democratiche e la guerra in Ucraina. Ad Aubervilliers, sabato scorso, Mélenchon ha aperto il suo discorso citando il poeta Eluard: “Non c’è possibilità, ci sono solo appuntamenti”, ed elencando gli appuntamenti precedenti ha elencato uno ad uno i passaggi storici più importanti della storia della sinistra francese: “Cartello delle Sinistre, Fronte Popolare, Liberazione, Maggio 1968, Programma Comune”. Mélenchon è dunque consapevole della profondità storica di ciò che sta per realizzare e pronto, dunque, a “tessere di nuovo il filo” dell’unione della sinistra”, come ha detto lui stesso. Il primo passo pero’ è quello di imporre una coabitazione al presidente, come fece Jospin. Costringere la politica di Macron a scendere a patti con il programma della sinistra unita. Impresa non facile, ma possibile. Servirebbe a stemperare i rigori del macronismo e preparare la strada alla corsa all’Eliseo nel 2027.

Certo, per raggiungere quest’obbiettivo ci vogliono i numeri ed è per questo che al di là dell’ambizioso progetto Mélenchon deve fare i conti anche con una realtà politica non facile. Che possibilità ci sono per l’Unione delle sinistre di imporsi alle legislative? Questa coalizione sarà in grado di fare della sinistra la principale forza di opposizione? Resisterà alla prova del tempo, nonostante i numerosi punti di disaccordo? Queste sono le domande alle quali per ora nessuno sa rispondere perché la stessa idea di riunire tutte le sinistre sembrava già opera da folli alcuni mesi. Mélénchon ha poi spesso abituato il pubblico al piglio un po’ nazional-populista, al decisionismo politico. Per riuscire nel suo intento dovrà essere ancora più federatore e meno accentratore. Passare dall”“Io” al “Noi”. Le possibilità poi che Emmanuel Macron non ottenga la maggioranza non sono così facili. L’elettorato francese può essere tortuoso ma non ha mai negato, nei sei decenni della Quinta Repubblica, a un presidente appena eletto almeno una maggioranza di seggi all’Assemblea Nazionale. E questo potrebbe essere uno scoglio insormontabile per Mélenchon. Altre regole legate alle elezioni legislative potranno favorire il presidente Macron, ovvero la trappola del doppio turno: secondo un sondaggio di Harris Interactive, al primo turno la sinistra come gruppo unico potrebbe raccogliere il 33% dei voti, mentre il blocco centrista sarebbe allo stesso livello. Ma al secondo turno, questo porterebbe Macron a ottenere quasi 300 seggi e la sinistra soltanto un centinaio.

La bassa affluenza alle urne poi potrebbe giocare a favore di Emmanuel Macron perché il suo elettorato – “più anziano e più ricco” – è quello che più partecipa a tutte le elezioni. Quello di Mélenchon non lo è necessariamente, almeno sulla carta. Ma le sorprese sono sempre possibili, la retorica altisonante e l’apertura verso i temi ecologici, le dichiarazioni su pacifismo, disarmo, acqua pubblica, pianificazione ecologica, salario minimo a 1400 euro, le critiche all’unilateralismo filoatlantico potrebbero mobilitare un gran numero di giovani durante le legislative. E se Mélenchon potrà imporsi come primo ministro allora la strada per l’Eliseo, come cinquant’anni prima quella di Mitterand, potrebbe essere già tracciata anche se costellata di infinite trappole.

Credit Image: © Alexis Sciard/IP3 via ZUMA Press



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