Migrazioni: la disumanità istituzionale si scontra con la solidarietà civile

Gli accordi disumani tra governo italiano e Tunisia non frenano i flussi migratori: da quando è stato siglato il memorandum, gli sbarchi sono aumentati del 38%. Anche sulle Alpi i numeri degli attraversamenti raggiungono picchi quasi senza precedenti. Chi si oppone alla disumanità istituzionalizzata che accomuna le Alpi e il Mar Mediterraneo, viene punito, come gli attivisti del movimento “No Border”.

Mosè Vernetti

Gli accordi disumani tra governo italiano e Tunisia non frenano i flussi migratori: da quando è stato siglato il memorandum, gli sbarchi sono aumentati del 38%. A Lampedusa approdano decine e decine di imbarcazioni al giorno e ci sono attualmente 4000 profughi fermi nei centri sull’isola. Anche sulle alpi i numeri degli attraversamenti raggiungono picchi quasi senza precedenti.
Il 7 agosto il confine italo-francese tra Claviere e Monginevro ha strappato l’ennesima vita. Moussa, giovane guineano, aveva poco più di 20 anni ed è morto durante l’attraversamento mentre scappava dai droni delle autorità francesi. Nel sentiero percorso dalle persone migranti per raggiungere la Francia, che tocca altitudini fino ai 2400 metri, le temperature possono essere letali sia in estate che in inverno. Tuttavia, a uccidere, in questa valle come nel resto del paese, e nelle barriere extra-europee per i flussi migratori, è l’indifferenza. La stessa indifferenza che anima il silenzio di politica e società civile rispetto ai continui naufragi nel Mediterraneo, come quello avvenuto il 9 agosto causando 41 vittime, che si aggiungono alle 1800 circa del 2023. Un silenzio che unisce il paese da Nord a Sud: dai violenti respingimenti della polizia francese a Ventimiglia, alle morti dei braccianti nel foggiano come Famakan Dembele, ventottenne di origine Maliana trovato morto il 7 agosto dopo una giornata di lavoro.
«Le stragi in mare, le deportazioni nei lager libici, le sofferenze atroci sul confine italo-francese sono l’apice di un sistema di violenza razzista che si scaraventa sulle persone migranti. Ciò che stupisce è non solo il cinismo di chi assume queste decisioni, ma anche la debolezza delle reazioni di chi si oppone. I fermi delle ONG per salvataggi multipli ci mostrano un mondo alla rovescia: chi salva vite anziché essere sostenuto viene bloccato e multato. A questo mondo alla rovescia bisogna resistere», mi dice Don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea, parlando degli ultimi fermi delle navi che salvano vite umane in mare.
Da ormai diversi anni il confine transalpino tra Claviere e Monginevro è diventato una drammatica alternativa al passaggio da Ventimiglia, sia per le persone che arrivano dalla rotta balcanica, sia per chi risale lo stivale da Sud. Siamo in una valle adiacente alla Val di Susa, teatro di conflitti sociali da decenni. Via di passaggio e migrazione da secoli, e oggi tassello della libera rete di circolazione per i cittadini dei paesi Shengen. In questa valle lo stato continua ad investire ingenti risorse pubbliche per un progetto infrastrutturale considerato dai locali dannoso per l’ambiente e per le persone. Sono passati ormai decenni, e lo sforzo per imporre la circolazione delle merci con nuove infrastrutture, si contrappone all’impedimento della circolazione di esseri umani.

Intanto il confine continua ad uccidere. Nel 2018 Amnesty International ha denunciato violazioni sistematiche dei diritti di rifugiati e migranti al confine tra Claviere e Monginevro. Dopo soltanto due giorni di ispezione, l’organizzazione per la difesa dei diritti umani ha riscontrato il respingimento illegale di 26 persone, e la mancata presa in carico di 8 minori che si erano dichiarati tali alla polizia. Negli anni il territorio è stato sempre più militarizzato e il clima repressivo è andato crescendo a danno delle persone migranti e delle persone solidali che hanno cominciato a costruire una rete di supporto, data la carenza di protezioni da parte dello Stato. In questo scenario chi cerca di raggiungere l’Europa settentrionale passa il confine con i mezzi pubblici da Torino: prima il treno regionale per Oulx, poi la navetta che porta a Claviere, a poche centinaia di metri dal confine. Sono integrati nei servizi e comunemente accettati come persone solo finché consumatori paganti. Da poco tempo rimangono solo le navette italiane: due al giorno che portano i passeggeri fino a Claviere. Fino all’anno scorso esisteva anche un servizio fornito dalle autorità francesi, pensato per i connazionali che dai centri abitati prossimi al confine necessitavano di una connessione diretta con il TGV che da Oulx porta a Parigi due volte al giorno. Anche in quel caso, i migranti respinti dalla Gendarmerie di confine, pagavano la navetta finanziando questo servizio e il medesimo Stato che, illegalmente, li rispedisce sistematicamente in Italia. «Le navette per Oulx per i passeggeri del TGV diretti a Parigi sono state tolte non appena a Briancon si è insediata la nuova amministrazione di destra. Le usavano soltanto i migranti», mi confida un tassista francese delle valli.
Mi trovavo a Oulx esattamente un giorno prima della morte di Moussa, intento a prendere la navetta per Claviere. Oulx è l’ultima località dove attualmente queste persone trovano un luogo accogliente che li possa rifocillare e preparare, come possibile, al valico delle Alpi. Proprio accanto alla stazione dei treni si trova il Rifugio Fraternità Massi, attivo dal 2018. «I numeri sono ormai in aumento da più di un mese. Le persone che raggiungono il rifugio di Briancon, con cui siamo in costante contatto, sono spesso più di 300 contro i 70 letti a disposizione. Il nostro rifugio è sempre stracolmo, spesso alcune persone sono costrette a dormire per terra, e alcune siamo costretti a rimandarle alla Croce Rossa e alla protezione civile di Bussoleno», mi racconta Silvia Massara, parte del braccio operativo del Rifugio. «Il nostro rifugio» aggiunge, «è l’ultima struttura accogliente attiva, dal momento che le occupazioni fatte in passato, dai movimenti No Tav e No Borders, sono state tutte sgomberate». E conclude: «con l’aumento dei passaggi, naturalmente aumentano anche i respingimenti di gruppo, pratica illegale ormai consolidata da parte della gendarmerie d’oltre confine».
Negli stessi giorni della morte di Moussa si è tenuto a Claviere il campeggio solidale della rete “Passamontagna”, al termine del quale, tradizionalmente, viene organizzata una marcia di disobbedienza per valicare il confine al fianco dei migranti sotto la luce del sole. Quest’anno, tuttavia, le forze dell’ordine erano preparate, e il passaggio collettivo è fallito. “Sabato più di 500 persone sono partite dall’accampamento allestito a Claviere per arrivare alla prossima tappa, in Francia. I gendarmi in antisommossa, schierata su tutti i sentieri, hanno bloccato il passaggio con lacrimogeni e bombe stordenti”, dichiara la rete in un comunicato a seguito della manifestazione.
L’arrivo a Claviere è effettivamente suggestivo: un comune turistico di 80 anime, che per l’occasione ospita, nella piazzetta della chiesa, circa 6-7 camionette di Polizia e Carabinieri. Il paesino è militarizzato. A 200 metri dalla chiesa, vicino ad un bar per sciatori affacciato alla partenza di una seggiovia, una vivace comunità di turisti spensierati si affianca ai migranti seduti che aspettano il crepuscolo per incamminarsi. I primi intraprendono piacevoli trekking in alta quota tra l’Italia e la Francia. I secondi, muniti di un passaporto sbagliato, lo devono fare di notte. Perché il velo di indifferenza sugli occhi di chi cerca di godersi le vacanze è efficace quanto gli strumenti utilizzati dalla polizia di frontiera per rilevare la temperatura corporea di chi, come Moussa, si incammina di notte verso impervi sentieri di montagna con alle spalle mesi o anni di viaggi sfiancanti.

Chi si oppone alla disumanità istituzionalizzata che accomuna le Alpi e il Mar Mediterraneo, viene punito. Come Emilio Scalzo, storico attivista NoTav da tempo impegnato a portare solidarietà ai migranti di passaggio tra la Valsusa e il Brianconnese, accusato di violenza contro pubblico ufficiale in seguito ad una manifestazione del 15 maggio 2021 tra Claviere e Monginevro. Scalzo è stato estradato in Francia e recluso per circa due mesi nel carcere francese di Aix Luynes. Adesso si trova in Italia, e il processo è ancora in atto. Da quando milita nel gruppo “No Borders” ha accompagnato 286 persone tra i sentieri di montagna che portano in Francia.
«Il discorso della legalità qua in valle ha dei connotati un po’ particolari», inizia Scalzo mentre lo intervisto telefonicamente. «Per me è stato facile iniziare a militare al fianco degli ultimi della terra. Queste persone hanno individuato le nostre Alpi per attraversare il confine francese, come comunità NoTav ci siamo interrogati su come porci. La terra è di chi la difende e di chi la ama, non è di chi la distrugge o la inquina: sulle nostre montagne abbiamo il dovere di proteggere gli esseri umani che le attraversano».
A differenza del lavoro che porta avanti il Rifugio Fraternità Massi, le azioni di solidarietà dei movimenti sociali della valle sono considerati illegali: nel tempo si sono susseguite numerose occupazioni che miravano a offrire servizi di supporto ai migranti che lo stato non garantisce. «La prima occupazione è stata Chez Jesoulx. Poi c’è stato Gesu è Risorto, nella casa cantoniera di Oulx. Poi abbiamo occupato la ex dogana di Claviere, ma eravamo nel pieno dei decreti sicurezza di Salvini, è durata pochissimo. Dopo lo sgombero del Rifugio Autogestito Yalla, a Cesana, abbiamo iniziato a metter su dei campeggi al confine, cercando di fornire il necessario alle persone che si incamminavano». Ognuna di queste iniziative è stata soppressa dalle autorità. «Eppure Don Chiampo, il gestore del Rifugio Fraternità Massi di Oulx», continua Scalzo, «ha testimoniato a nostro favore durante il processo per l’occupazione della Casa Cantoniera. Ha dichiarato che senza il nostro intervento il loro rifugio sarebbe imploso, e che le morti su questa tratta sarebbero aumentate drasticamente».
Il supporto reciproco quindi, tra chi non si arrende all’indifferenza, esiste. Nonostante le divergenze sul metodo, la natura della solidarietà ha la stessa matrice. Lo stesso vale per i solidali oltre confine. «I ragazzi francesi sono fantastici, e fino a poco tempo fa erano molto più organizzati di noi», mi confida Scalzo, che continua sottolineando che «fino a quando amministrava il vecchio sindaco la loro struttura occupata più grande, che teneva centinaia di persone, era tollerata e considerata un servizio umanitario vitale dall’amministrazione stessa. Con il nuovo sindaco l’hanno chiusa».
Aiutare i migranti a superare i confini è considerato reato, ma la posizione di Scalzo è molto netta a riguardo. «Aiutiamo semplicemente questi disperati a non morire congelati nel tragitto, che ha strappato troppe vite. Qualcuno doveva portarli. Se è un reato aver aiutato degli esseri umani, se ne facciano una ragione: è la legge ad essere disumana. Chi ha viaggiato con me è arrivato vivo. Se una persona sta affogando in mare la si deve salvare, e la montagna è come il mare”.
Intanto a Claviere la neve è arrivata con largo anticipo e centinaia di persone in viaggio si sono trovate all’improvviso ad affrontare temperature mortali. Dalle montagne al mare l’Italia continua a tener viva un’idea di legalità ogni giorno più lontana da un’universale concezione di giustizia e umanità.
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CREDITI FOTO Migranti in attesa di essere imbarcati su nave Dattilo della Capitaneria di porto che farà rotta verso Messina e Reggio Calabria a Porto Empedocle, 19 agosto 2023. ANSA/ Concetta Rizzo



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