Multa per i “Griffin” su Gesù: siamo uno Stato laico o una teocrazia?

62.000 euro di sanzione dell’Agcom alla Disney per una puntata della serie animata i “Griffin” sulla nascita di Gesù. Com’è possibile accettare che in uno Stato laico il sentimento religioso possa divenire un bavaglio alla libertà d’espressione?

Daniele Caluri

È giustamente balzata agli onori della cronaca nazionale la notizia della multa di 62.000 euro comminata dall’Agcom alla Walt Disney per la messa in onda su Fox di una puntata (peraltro vecchia di anni) della serie “I Griffin”. L’accusa si fonda su quel curioso reato – ancora esistente nel nostro ordinamento giuridico – di “offesa al sentimento religioso”, perché avrebbe ironizzato sulla Sacra Famiglia e sulla nascita di Gesù, e proviene nientemeno che dal vicepresidente del Senato Roberto Calderoli e da Daniele Belotti, parlamentare della Lega.

A chiosa del blitzkrieg contro la perfida emittente il senatore Simone Pillon ha avuto il guizzo di commentare “si tratta di un segnale chiaro: l’educazione dei bambini, specialmente su temi sensibili come la religione o la morale sessuale spetta ai genitori, e non ai messaggi ideologici dei big media o delle lobby”. Basta una blanda analisi del testo, di quelle da terza liceo, per decodificare il messaggio che anima il fervore del Pillon, il quale sembra dare per scontato che riguardo a religione e morale sessuale tutte le famiglie la pensino necessariamente come lui e i suoi compagni di ventura. Con buona pace dei fedeli ad altre confessioni, degli atei, degli studenti che hanno scelto di non avvalersi dell’IRC, o semplicemente dei bambini che crescono in seno a famiglie non interessate a problemi religiosi e che magari proprio dalle loro famiglie sono stati informati circa le favole degli adulti, la procreazione e la sessualità in generale.

Pillon sceglie le espressioni “lobby” e “big media” perché di facile presa, in uno zeitgeist che vede contrapporre acriticamente all’aggettivo “big” qualsiasi realtà sospetta di complotti ai danni della cittadinanza, trame oscure, piani segreti per un nuovo ordine mondiale.

Fa sorridere – con rabbia, naturalmente – che esponenti di uno dei partiti maggiormente coinvolti in episodi di intolleranza e razzismo verbali nei confronti dei musulmani in genere, si ritrovino a comportarsi in modo preoccupante come esponenti radicali di quel mondo: sembrerebbe quasi che la loro furia intollerante sia figlia di una malcelata invidia, per non poter agire anche loro con il rigore, la ristrettezza di vedute e la violenza che caratterizza i più feroci fra i fondamentalisti islamici.

Ancora una volta è necessario ribadire come la fede sia un fatto privato, e in questo senso degna di rispetto. Ognuno nel segreto della sua dimora è libero di credere in Dio, Allah, Buddha, Odino, Sgt. Pepper o Wolverine, se trova conforto in un qualsiasi credo per superare le mille difficoltà dell’esistere. Ma com’è possibile accettare che in uno Stato laico – laico, non una teocrazia – il sentimento religioso possa divenire un bavaglio alla libertà d’espressione? Perché di questo, in fondo, si tratta, dal momento che non c’è alcuna coercizione nella fruizione de “I Griffin” (o di qualsiasi altra forma espressiva o d’intrattenimento): se qualcuno trova sgradevole un episodio, cambierà canale e non seguirà più la serie, ben sapendo che altri come lui faranno lo stesso. Il problema è che saprà anche che ci saranno persone che invece apprezzeranno quel tipo di satira, e ne approfitteranno magari per parlarne serenamente in famiglia, scherzandoci su anche coi figli. È questo che il fedele intollerante non può accettare; è l’idea che il suo sistema di valori morali e religiosi sia universale, e pertanto automaticamente esteso a tutti, a tal punto dal dover essere protetto dalle leggi dello Stato.

Questa cosa non può più andar bene e risulta antistorica, nell’importante processo di secolarizzazione tuttora in corso.

In ragione di ciò, fa ancor più piacere segnalare “Ceci n’est pas un blasphème”, il Festival delle arti per la libertà d’espressione contro la censura religiosa che si terrà dal 17 al 30 settembre al PAN di Napoli, che ospiterà le opere satiriche di numerosi artisti, italiani e non, che operano in vari campi espressivi. L’iniziativa è stata ideata da Emanuela Marmo a supporto della campagna internazionale “End Blasphemy Laws” e, anche alla luce degli accadimenti di casa nostra, mi pare più che mai opportuna.



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