Naufragio di Cutro: le autorità italiane e Frontex hanno omesso i soccorsi

Un'inchiesta denuncia le reali responsabilità del naufragio avvenuto a Steccato di Cutro tra il 25 e il 26 febbraio, in cui hanno perso la vita 94 persone migranti - tra cui 35 bambini. In una imbarcazione in cui solitamente troverebbero posto 16 persone, si stima ce ne fossero dieci volte tante, di cui 140 dall'Afghanistan e 20 dal Pakistan.

Redazione

Vari articoli apparsi in questi mesi sulla stampa italiana hanno evidenziato ombre nella ricostruzione degli eventi di Cutro da parte dell’Italia, su cui anche la Procura di Crotone ha aperto un’indagine. Proprio ieri, il procuratore ha disposto verifiche e accertamenti che coinvolgono le sedi di Frontex, Guardia di finanza e Guardia costiera. All’indomani di tali fatti, Lighthouse e i cinque media partner (Domani, Süddeutsche Zeitung, Le Monde, El País e Sky News) divulgano un’inchiesta internazionale che fornisce nuovi dettagli sul ruolo svolto da Frontex, a partire da un documento riservato che si è rivelato determinante nel mettere in luce due significative incongruenze, riguardanti da un lato la valutazione delle condizioni del meteo, e dall’altro il reale numero di chiamate satellitari tracciate dall’imbarcazione.

Nella sua pubblicazione, Domani parte ricostruendo i momenti iniziali della vicenda: “La sera del 25 febbraio l’aereo di ricognizione di Frontex ‘Eagle’ 1 ha captato alcune telefonate che dalla barca chiamavano verso la Turchia e ha rilevato la nave a circa 40 miglia dalle coste italiane con una velocità di navigazione di 6 nodi”.
Secondo i dati raccolti, alle 22.26 il velivolo, oltre ad avvistare la Summer Love, individuava una “significativa risposta termica” e “altri segni” che indicavano la presenza di tante persone sottocoperta. Frontex aveva inoltre già comunicato l’assenza di sufficienti giubbotti salvagente. La raccolta di tali dati, trasmessi “in tempo reale anche alle autorità italiane”, avveniva circa 6 ore prima che l’imbarcazione s’infrangesse a pochi metri dalle coste calabresi.

Da questo momento, però, come scrivono Abbas Azimi, Sara Creta e Youssef Hassan Holgado di Domani, “iniziano le omissioni nei racconti di ciò che è accaduto”. “Dopo il naufragio, l’Agenzia europea ha affermato nel suo comunicato di non aver potuto continuare a monitorare la Summer Love perché l’aereo di ricognizione ‘Eagle 1’ era a corto di carburante. Non risulta tuttavia nessuna comunicazione pubblica sulle pessime condizioni meteorologiche. Inoltre, Frontex ha riferito di aver captato solo una chiamata verso la Turchia nell’area prima di avvistare la Summer Love, mentre in realtà il numero è più alto. Un’ulteriore indizio sulla possibile presenza di migranti a bordo, visto che la rotta migratoria che dalle coste turche porta all’Italia è sempre più battuta dai trafficanti”.
Le autorità italiane decideranno di disporre un’operazione di polizia, e non di Ricerca e soccorso (Sar), che scatterà invece in seguito al naufragio.

Contatta dai cronisti, come riporta ancora l’articolo di Domani, Frontex ha dichiarato: “Non è compito dell’Agenzia coordinare le operazioni di soccorso e stabilire se un evento possa considerarsi Sar o di polizia”. Inoltre la Summer Love “non era in difficoltà quando l’abbiamo osservata l’ultima volta”. Sollecitata sul perché non abbia inviato nuovamente Eagle 1 a pattugliare l’area dopo il rifornimento, sapendo le cattive condizioni meteo, Frontex ha risposto: “In quel momento non c’era nessun altro aereo disponibile”.

“Il naufragio di Cutro appare uno dei peggiori della storia recente, ma sin dal primo momento le ricostruzioni fornite dalle autorità italiane e da Frontex non combaciavano, quindi sapevamo che qualcuno non stava raccontando la verità. D’altronde il sovraffollamento di una imbarcazione così come le cattive condizioni del meteo sono di per sé segnali di pericolo che, stando alle norme di Frontex e dell’Italia, devono far scattare un’operazione Sar e non di polizia. Col nostro lavoro quindi- continua- abbiamo voluto ricostruire la storia di quella notte: i sopravvissuti e i famigliari delle 94 vittime hanno il diritto di conoscerla”.
Van Dijken osserva ancora: “I naufragi che si registrano nel Mediterraneo sono un tragico esempio dell’impatto negativo delle politiche migratorie dell’Italia e dell’Europa. Le autorità si concentrano sull’arrestare le persone o fermare le partenze, invece di dare protezione a chi fugge dalle guerre o è in situazioni di rischio. Come giornalisti, dobbiamo vigilare su chi governa o riveste incarichi di responsabilità, per pretendere che la giustizia intervenga laddove sono stati commessi errori. Questo è quello che abbiamo fatto oggi”.

 

Foto Twitter | Croce Rossa



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