Nell’indifferenza pseudoaccogliente avanza l’islam fondamentalista

I segni della diffusione della versione più conservatrice dell'islam sono sempre più forti. La destra reagisce con provvedimenti razzisti, mentre la sinistra fa finta di niente.

Cinzia Sciuto

Rientrata da pochi giorni a Francoforte dopo un’estate trascorsa in Italia, un’immagine mi colpisce. Alla fermata del tram madre e figlia, entrambe coperte dal velo islamico, si affrettano per prendere il mezzo che sta per ripartire. La bambina non ha più di 8 anni. Sotto l’hijab (un modello disegnato apposta per bambine piccole) indossa un abaya, l’abito lungo fino ai piedi, che le rende piuttosto faticoso salire di corsa sul tram. Immagini come queste sono sempre più frequenti nelle città europee: nelle scuole – anche quelle elementari – è sempre meno raro incontrare bambine con il velo, per strada abaya e niqab (il velo che copre tutto il viso lasciando scoperti solo gli occhi) sempre più comuni.
Non ho nessun timore a dire che l’immagine di quella bambina mi ha turbato, e ho cercato di capire il perché. Mi è allora venuto in mente un dialogo che ho avuto quest’estate con una giovane mamma di un bimbo di un anno e una bambina di tre. Eravamo in uno di quei parchi acquatici con piscine e scivoli. A un certo punto la giovane mamma che era con me mi dice “guarda quante ce ne sono”, indicando alcune donne in abbigliamento islamico, qualcuna in burkini, altre con la tunica fino ai piedi, con accanto i mariti e i figli in costume da bagno. “Comunque a me non danno fastidio, eh. Facessero quel che vogliono. Mi chiedo solo: con questo caldo come fanno?”, aggiunge mentre allatta serenamente il figlio più piccolo.
Questo breve scambio mi ha reso palese quanto la discussione attorno alla presenza e alla diffusione dell’islam sia completamente distorta e ruoti attorno a paradigmi e categorie che ci fanno perdere di vista il nodo della questione. La bambina di 8 anni che cercava di arrampicarsi sul tram nel suo abaya mi ha forse dato “fastidio”? Certo che no! Però, dicevo, mi ha turbato. Perché? Perché è un segno visibile della sempre maggiore diffusione della versione più fondamentalista dell’islam, e questo mi turba. Dovremmo forse fare finta di non vederli, questi segni? Il fatto che una ideologia misogina e patriarcale si diffonda sempre di più è cosa che non ci riguarda (e quando dico “ci” intendo a noi donne, a noi femministe, a noi persone di sinistra, non a noi “occidentali”, qualunque cosa questo significhi)? O che ci riguarda solo quando c’è da reagire al razzismo della destra?
Di recente a Monfalcone la sindaca leghista ha annunciato provvedimenti per vietare il bagno con i vestiti, burkini incluso. Per tutta risposta alcuni cittadini hanno organizzato una protesta gettandosi in mare vestiti: tutti allegramente e spensieratamente in acqua con magliette e pantaloncini senza provare il minimo disagio al pensiero che quella che per loro era una parentesi alla fine della quale avrebbero appeso i loro bei vestiti ad asciugare e sarebbero tornati ai loro comodi costumi da bagno, per molte donne è una gabbia di cui non possono liberarsi a piacimento. Molte di queste donne non hanno scelta, e questo anche quando formalmente sono liberissime e fisicamente non c’è nessuno che le costringe. Quella bambina che a 8-10 anni indossa abaya e hijab, che libertà avrà mai nella vita di scegliere? L’attivista iraniana Masih Alinejad nel suo libro Il vento fra i capelli racconta di come si sia sentita nuda la prima volta che si tolse l’hijab dopo una vita passata con il capo coperto, e infatti per un po’ di tempo indossò un cappello prima di decidersi a lasciare libera la sua foltissima chioma. Questo è uno dei motivi per cui l’associazione femminista tedesca Terre des Femmes ha promosso una campagna per introdurre un divieto dell’hijab per le bambine, per tentare di garantire loro un minimo spazio di crescita e libertà.
Di fronte alle immagini di queste bambine, o delle donne che sono costrette (se non dai loro uomini dall’ideologia nella quale sono cresciute) a fare il bagno nelle loro lunghe tuniche, il punto non è dunque se “ci danno fastidio” o meno, ma chiederci che cosa quelle immagini ci dicono della nostra società. E quello che ci dicono è che un’ideologia conservatrice e misogina, nascondendosi dietro il velo del rispetto delle culture e delle religioni, sta prendendo sempre più piede, fra le scomposte reazioni razziste da un lato e l’indifferenza pseudoaccogliente dall’altro.
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CREDITI FOTO Flickr | Roel Wijnants

 



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