Nicaragua, lettera aperta ai partiti e alle organizzazioni del Forum di São Paulo

Alla fine di questo mese di giugno, su iniziativa del Partido dos Trabalhadores di Lula, anche per celebrare la vittoria di quest’ultimo alle presidenziali brasiliane dell’autunno scorso, si riunirà nella metropoli brasiliana il Forum de São Paulo, un'entità che riunisce vari partiti di sinistra e di estrema sinistra del subcontinente latino-americano e dei Caraibi. Tra questi partiti c’è anche il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, il partito del presidente nicaraguense Daniel Ortega. Alcuni autorevolissimi oppositori del regime di Ortega hanno indirizzato al Forum questa “lettera aperta”.

Redazione

In relazione all’incontro del Forum a Brasilia, dal 29 giugno al 2 luglio 2023:
Noi, firmatari di questa lettera, che abbiamo partecipato alla lotta contro la dittatura di Somoza e abbiamo amato una rivoluzione che ha risvegliato tante speranze nel mondo; che ci identifichiamo con gli ideali democratici e di giustizia sociale raggiunti dalla sinistra democratica, dalle istituzioni e dalle forze progressiste, ci rivolgiamo ai partiti e alle organizzazioni del Forum di São Paulo per denunciare il regime di terrore del Nicaragua, che quotidianamente viola tutte le libertà civili, annienta la democrazia e la giustizia e sottopone il popolo a un’oppressione peggiore di quella imposta dalla precedente dittatura.
Daniel Ortega e ciò che resta del Fronte Sandinista si presentano come di sinistra e antimperialisti, ma, contrariamente a queste proclamazioni, molti anni fa hanno iniziato un processo di abbandono dei loro principi, attraverso la corruzione, le alleanze con le peggiori forze di destra del paese, il rafforzamento di un modello neoliberale che aumenta le già enormi disuguaglianze e la miseria della popolazione, e la concentrazione del potere politico ed economico nella sua famiglia e nei suoi più stretti collaboratori.

Nell’aprile 2018, dopo che le squadre antisommossa hanno aggredito anziani che protestavano contro le riforme della previdenza sociale, gruppi di studenti universitari sono scesi in strada e nei campus universitari, venendo repressi con i proiettili dalla polizia, che in tre giorni ha ucciso 56 persone, crimini accertati dalle organizzazioni per i diritti umani giunte nel paese a maggio, le prime a farlo da quando Daniel Ortega è tornato al potere nel 2007.
I manifestanti si sono mobilitati massicciamente, chiedendo democrazia, giustizia, riforme elettorali e l’allontanamento dal potere di Daniel Ortega e di sua moglie, la vicepresidente Rosario Murillo; hanno eretto barricate e blocchi stradali, che sono stati demoliti settimane dopo dalla polizia e dalle forze paramilitari nella cosiddetta “Operazione pulizia”. La IACHR (la Commissione interamericana per i diritti umani) ha documentato che in queste operazioni il numero dei morti è salito a 355, ci sono stati 2.000 feriti, 770 arrestati che hanno affrontato procedimenti giudiziari senza garanzie e più di 200.000 rifugiati che hanno cercato scampo in altri paesi.
Alla narrazione del governo, secondo cui si sarebbe trattato di un “fallito colpo di stato finanziato dall’imperialismo statunitense”, si contrappongono i rapporti delle organizzazioni internazionali che hanno documentato e denunciato le innumerevoli violazioni dei diritti umani e sottolineato i crimini contro l’umanità commessi dalle autorità nicaraguensi, rapporti recentemente ratificati dal Gruppo di esperti nominato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (qui il rapporto, in spagnolo).


Da allora, il Nicaragua vive in uno stato di assedio de facto, senza libertà di manifestazione, di riunione, di organizzazione, di espressione, di informazione o di associazione. Tutti i partiti politici di opposizione, i media indipendenti, le oltre 4.300 organizzazioni civili che difendono vari diritti (femministe, ambientaliste, sindacali, per la diversità sessuale, per l’infanzia, per la comunità e per i centri di assistenza agli anziani e ai disabili) sono stati chiusi.
Numerosi centri sono stati invasi, trasformati in uffici governativi e i loro beni sono stati confiscati, compreso l’edificio de “La Prensa”, un giornale che esiste da 96 anni e che aveva resistito alla precedente dittatura. Si è arrivati all’estremo di chiudere l’Accademia nicaraguense della lingua, l’Accademia nicaraguense delle scienze e persino la Croce Rossa nicaraguense.

Nel 2019, attraverso una legge di amnistia (che ha lasciato impuniti molti crimini commessi dallo stato), sono stati rilasciati molti prigionieri politici. Questo ha generato l’aspettativa che nel 2021, anno elettorale, gli accordi assunti nel dialogo del 2019 sarebbero stati rispettati, che avrebbero creato un Consiglio elettorale indipendente e che le elezioni si sarebbero svolte con garanzie.
Nel giugno 2021, il regime ha ordinato l’arresto di tutti i candidati dell’opposizione e di decine di leader politici e sociali, commentatori e giornalisti. Per perpetuarsi al potere, Ortega ha utilizzato la tattica un tempo prerogativa della famiglia Somoza, eliminando l’opposizione e realizzando una farsa con coloro che hanno accettato di stare al gioco.
Così, nel 2021 si è proclamato eletto per la terza volta consecutiva, ottenendo il 75% dei voti e nel 2022 si è aggiudicato il 100% dei sindaci. Le agenzie specializzate hanno stimato alle elezioni un’astensione superiore all’80%.

Nel 2022, lo stato di polizia ha continuato a rafforzarsi nel paese e gli oltre 300 prigionieri politici sono rimasti sottoposti a tortura e violazione dei loro diritti elementari: tenuti in isolamento, senza visite regolari, senza poter leggere, scrivere o impegnarsi in qualsiasi forma di distrazione. Condizioni estreme di isolamento sono state applicate all’eroina Dora María Téllez e alla femminista Tamara Dávila. Sono stati imprigionati anche sacerdoti e il vescovo Rolando Alvarez. Il generale in pensione Hugo Torres, eroe della lotta sandinista, è morto in carcere, come prigioniero politico.
Nessun prigioniero politico ha ceduto alla coercizione e al ricatto. La pressione nazionale e internazionale per la libertà di tutti è stata decisiva, tanto che il 9 febbraio 2023 Ortega e Murillo hanno rilasciato 222 persone e le hanno inviate negli Stati Uniti. Lo stesso giorno, in modo incostituzionale e neofascista, li hanno privati della loro nazionalità. Il giorno seguente, per aver rifiutato di andare in esilio, il vescovo Alvarez è stato condannato a 26 anni e rinchiuso di nuovo in una cella per detenuti altamente pericolosi.

Sei giorni dopo, altri 94 nicaraguensi sono stati privati della nazionalità e dei diritti politici, dichiarati traditori del paese e latitanti dalla giustizia, ed espropriati dei loro beni e delle loro pensioni, tra cui scrittori come Sergio Ramírez e Gioconda Belli, giornalisti come Carlos Fernando Chamorro, il vescovo Silvio Báez, difensori dei diritti umani come Vilma Núñez, ex comandanti come Luis Carrión e Mónica Baltodano e femministe come Sofía Montenegro.
La repressione contro la Chiesa cattolica è folle ed evidenzia la volontà di eliminarla dal Nicaragua. Questo ha portato all’esilio di decine di sacerdoti, tra cui 18 sacerdoti privati della loro cittadinanza nicaraguense. Hanno confiscato tutte le loro proprietà e i loro mezzi di comunicazione, annullato le loro organizzazioni di sostegno sociale, espulso gli ordini religiosi e occupato le scuole parrocchiali. Oltre a spiarli, hanno vietato le loro celebrazioni e bloccato i conti bancari di tutte le diocesi.
Cinque anni dopo, la narrazione bugiarda del “tentativo di colpo di Stato” utilizzata da Ortega e Murillo è stata disvelata. Ortega è il peggiore dei dittatori neoliberali. Con le sue politiche e le sue aggressioni cerca di rafforzarsi al potere e di renderlo ereditario per i propri figli, come fecero i Somoza. Nulla giustifica che si continui a subire la loro repressione.

Per questo chiediamo ai partiti e alle organizzazioni che compongono il Forum di São Paulo di denunciare e condannare il regime di terrore in Nicaragua, che è incompatibile con i principi di una sinistra che pretende di essere un’alternativa alle ingiustizie del mondo in cui viviamo. Non si può essere antimperialisti annientando tutta la società civile e sopprimendo tutte le libertà. Vi chiediamo solo di alzare la voce a favore dei diritti umani in Nicaragua e per i 70 prigionieri politici rimasti, e che chi è al governo lo faccia anche nelle organizzazioni in cui ha dei rappresentanti, come le Nazioni Unite, l’OSA-Organizzazione degli Stati Americani e la CEPAL-Commissione Economica Per L’america Latina.
Noi sottoscritti facciamo parte dei prigionieri politici che hanno trascorso quasi due anni in carcere, facciamo parte di coloro che sono stati esiliati, privati della nazionalità e repressi dal regime di Ortega per aver denunciato le sue atrocità.

 

15 giugno 2023

Firmiamo dall’esilio:

Sergio Ramírez Mercado, ex Vicepresidente della Repubblica, scrittore, denazionalizzato

Gioconda Belli, poetessa, denazionalizzata

Dora María Téllez, storica, ex comandante della guerriglia, ex prigioniera, denazionalizzata

Luis Carrión Cruz, economista, ex comandante della rivoluzione, denazionalizzato

Mónica Baltodano, sociologa, ex comandante della guerriglia, denazionalizzata

Ernesto Medina, ex rettore dell’Università di León, denazionalizzato

Carlos Fernando Chamorro, giornalista, direttore del sito di informazioni “Confidencial”, denazionalizzato

Sofia Montenegro, giornalista e femminista, denazionalizzata

Oscar René Vargas, scrittore, sociologo ed economista, ex detenuto, denazionalizzato

Julio Cesar López Campos, politologo, ex direttore della RRII FSLN, denazionalizzato

Azahalea Solís, avvocata costituzionalista e femminista, denazionalizzata

Irving Larios, economista, ex prigioniero, denazionalizzato

Héctor Mairena, avvocato, denazionalizzato

Patricia Orozco, giornalista e femminista, denazionalizzata

Haydeé Castillo, sociologa, denazionalizzata

a cura di Fabrizio Burattini

Foto schermata forodesaopaulo.org/

Abbiamo parlato della rivoluzione sandinista in Nicaragua in questo numero di MM+.



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