No vax, no pass, no science

Per contrastare la diffusione di atteggiamenti antiscientifici è necessario agire sul piano culturale per fare comprendere meglio cosa sia la scienza: sembra strano, ma pochi lo sanno.

Silvano Fuso

Il Green pass è stato definito perfino una “fascistata arcaica”. Toni simili si sono ripetutamente sentiti nelle varie manifestazioni di piazza contro il recente provvedimento del Governo che entrerà in vigore il 6 agosto. Addirittura sono stati fatti paragoni tra le limitazioni imposte a chi non è vaccinato e le leggi razziali ai danni degli ebrei. Paragoni che hanno fatto giustamente indignare la Senatrice Liliana Segre e l’intera Comunità ebraica.

Sono stati abbondanti gli slogan del tipo: “Meglio morire da liberi che vivere da schiavi”, “Mascherine, vaccini e repressione: questa la vostra liberazione” e l’immancabile accusa di “Dittatura sanitaria”.

Al di là delle strumentalizzazioni politiche che hanno molto caratterizzato queste manifestazioni e l’eccessivo spazio mediatico che sicuramente è stato loro concesso (per fortuna si tratta di un’esigua minoranza nel paese, anche se rumorosa) può essere utile cercare di comprendere che cosa le animi.

I no vax e i no pass (e bene tenere distinte le categorie che non necessariamente coincidono) sono caratterizzati da una profonda diffidenza e ostilità nei confronti delle istituzioni. Si tratta di movimenti che si presentano come antagonisti nei confronti di ciò che essi identificano con il potere. Potere che, a loro parere, è rappresentato non solo dagli organi dello Stato, ma anche dalla classe medica, dalle industrie farmaceutiche e, in generale, dalla scienza. Tra i vari slogan apparsi nelle manifestazioni ve n’è stato uno particolarmente significativo in tal senso che affermava “Io sono il medico di me stesso”.

L’identificazione della scienza come centro di potere ha radici profonde e il fenomeno dei no vax e dei no pass è solo l’ultima delle sue manifestazioni. Molti sono i segnali che da decenni mostrano una diffusa diffidenza e inquietudine nei confronti del sapere scientifico. Limitandosi al campo medico, basti ricordare la popolarità della cosiddetta CAM (Complementary and Alternative Medicine), di efficacia mai dimostrata, e il mito secondo il quale tutto ciò che è naturale è buono, mentre ciò che è creato dall’uomo (e quindi dalla scienza) è inevitabilmente dannoso.

Non è un caso che l’opposizione ai vaccini sia particolarmente diffusa proprio tra coloro che si affidano alle medicine alternative e ai rimedi naturali (ciò vale anche per i medici: basti ricordare che molti omeopati sono no vax e che uno dei principali attivisti e influencer contro i vaccini antiCovid è l’osteopata statunitense Joseph Mercola).

L’identificazione della scienza con il potere, tuttavia, denota un notevole livello di confusione e approssimazione su cosa sia realmente la scienza. E questa confusione è fondamentalmente un problema culturale sul quale bisognerebbe riflettere con attenzione, cercando possibili soluzioni.

La scienza, per sua natura, è quanto di più lontano possa esistere dal potere e sarebbe opportuno che ci si sforzasse affinché questa consapevolezza diventasse patrimonio di tutti.

La scienza moderna nasce proprio storicamente dal rifiuto di ogni principio di autorità e tale rifiuto caratterizza costantemente l’attività scientifica. Qualsiasi affermazione viene valutata per quello che è, indipendentemente da chi l’ha pronunciata. Nella comunità scientifica è normale che anche un giovane ricercatore possa contraddire le affermazioni di un autorevole premio Nobel, purché abbia valide argomentazioni per farlo.

Il metodo scientifico consiste innanzi tutto nel prendere atto dei fatti, umilmente e senza alcun pregiudizio ideologico. E anche se i fatti possono contrastare con convinzioni diffuse e radicate o con le nostre idee pregresse, sono queste ultime a dover essere messe in discussione, non i fatti. Se questo atteggiamento venisse applicato in tutti gli ambiti umani, sicuramente le cose migliorerebbero.

Naturalmente però anche gli scienziati sono esseri umani e con una certa frequenza possono cadere vittima di errori, barare, esercitare pressioni grazie alla loro posizione accademica, ecc. Però giustamente qualcuno ha detto che “la scienza funziona, nonostante gli scienziati”. La comunità scientifica si è infatti dotata di meccanismi auto-correttivi e di controllo che consentono, in tempi più o meno lunghi, di riparare gli errori, di scoprire le eventuali frodi, di correggere devianze, ecc. La scienza nasce proprio dalla necessità di superare l’inevitabile fallibilità dei singoli ricercatori, con l’obiettivo di raggiungere un accordo intersoggettivo.

Qualche scienziato afferma, tranchant, che “la scienza non è democratica”. Si tratta però di un’affermazione che va chiarita, altrimenti può fornire armi agli oppositori della scienza e consolidare la loro identificazione tra scienza e potere.

La scienza non è democratica nel senso che le sue affermazioni non si decidono a maggioranza (come dice Piero Angela, la velocità della luce non si stabilisce per alzata di mano). Tuttavia sotto molti altri aspetti la scienza è una delle attività umane maggiormente democratica.

Oltre al rifiuto di ogni principio di autorità, la scienza è caratterizzata infatti dalla libera circolazione delle idee, dalla disponibilità al confronto e all’accettazione delle critiche. Queste caratteristiche sono altrettanto fondamentali per una democrazia degna di questo nome. Ogni forma di autoritarismo, di censura e di arroccamento su idee preconcette sono egualmente deleterie sia per la scienza che per la democrazia.

La scienza si basa inoltre sulla condivisione del sapere. Questo non è affatto scontato. Sono esistiti in passato (ed esistono tuttora) sistemi di pensiero esoterici, ovvero riservati a pochi (ne è un esempio la magia in cui i cosiddetti “babbani”, per usare un termine tratto da Harry Potter, non possono accedere alla conoscenza). Il sapere scientifico è pubblico e accessibile a chiunque: richiede solamente studio e impegno (come del resto qualsiasi altra cosa).

Molti tra coloro che manifestano contro i vaccini e contro il Green Pass sottolineano le contraddizioni spesso emerse tra i vari esperti interpellati dai media, durante le varie fasi della pandemia. Questa disparità di vedute, talvolta anche profonda, alimenta la loro diffidenza nei confronti della scienza. Tuttavia basterebbe questo per demolire l’equazione scienza=potere.

La disparità di opinioni che talvolta è emersa tra i vari virologi, epidemiologi, immunologi ecc. dovrebbe far capire in modo evidente che la scienza si costruisce strada facendo sul campo, tra tentativi ed errori. Non c’è alcuna verità precostituita che si vuole imporre al popolo. Su argomenti nuovi e sconosciuti (quale era, e in parte è ancora, il SARS-CoV-2) è perfettamente legittimo che all’inizio gli scienziati manifestino posizioni differenti. Solo col tempo e con l’acquisizione di nuove evidenze si raggiunge una posizione condivisa all’interno della comunità scientifica (naturalmente mai definitiva e da qui deriva la continua evoluzione della scienza).

Questo accade normalmente in ogni ambito della ricerca. Solo che, di solito, il pubblico non assiste “in diretta” a tali discussioni, che sono ristrette agli ambiti scientifici (convegni e riviste specialistiche). Il fatto che questa volta simili discussioni siano state fatte pubblicamente ha spiazzato molta gente, semplicemente perché in pochi sanno come funzioni la normale dialettica scientifica. Politici compresi: ricordiamo tutti il ministro che chiedeva alla comunità scientifica “certezze inconfutabili”.

In definitiva quindi per contrastare la diffusione di movimenti no vax, no pass e atteggiamenti antiscientifici in generale, è necessario agire sul piano culturale. Occorre diffondere una maggiore cultura scientifica, ma non intesa come conoscenza dei singoli contenuti disciplinari (riservati agli specialisti). Occorre fare comprendere meglio cosa sia la scienza: sembra strano, ma pochi lo sanno.

Ancora una volta l’istruzione può svolgere un ruolo fondamentale in tal senso, cambiando il modo in cui le discipline scientifiche vengono tradizionalmente insegnate. Per citare ancora Piero Angela, la scuola italiana “insegna le scienze, ma non la scienza”. Al di là dei contenuti disciplinari, sia pur importanti, ci si deve concentrare sul metodo. La scienza infatti non è un insieme di contenuti preconfezionati, ma un metodo di approccio alla realtà. Una didattica che dia il giusto spazio all’evoluzione storica della scienza può sicuramente contribuire a far comprendere meglio le sue dinamiche, i suoi metodi, le sue caratteristiche e contribuire a formare cittadini con maggiore senso critico e meno disposti a seguire i vari agitatori di popolo che, a loro insaputa, li strumentalizzano.

 

Per approfondimenti:

  1. Corbellini, Scienza, quindi democrazia, Einaudi, Torino 2011.
  2. Fuso, Strafalcioni da Nobel, Carocci, Roma 2018.
  3. Ciardi, Breve storia delle pseudoscienze, Hoepli, Milano 2021.

(credit foto ANSA / PAOLO SALMOIRAGO)



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